La passione ha il tuo nome. Capitolo 69

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Emily.

La stanza schiarita dal sole è insopportabile per il mio mal di testa. Sono rimasta sul pavimento tutta la notte e non me ne sono accorta. Le ore passano lente se non hai come spenderle. Facendo uno sforzo, mi sollevo e tiro le tende oscurando tutto. Lui non c'è: adesso salgo sul tetto e mi butto di sotto. I miei piedi, però mentre salgo la scala, faticano ad ogni passo come se avessi del piombo alle caviglie e un mormorio mi suggerisce che comunque sarebbe stata inutile quella sfacchinata. Il mondo è pieno di mostri, qualcuno pagato da lui avrebbe potuto salvarmi. Mi raggomitolo sullo scalino, devo pensare a un modo infallibile, solo che la testa mi duole troppo. Siccome ho la gola arsa per la sete, mi trascino in cucina e mi verso un bicchiere d'acqua: ecco un altro rimedio! Penso, scavando nei mobili della cucina, rovesciando tutto, poi passo in quello del bagno: trovate! Medicine di primo soccorso. I Vampiri oltre a ricostruire la mia casa, mi avevano anche riempito i mobili di ogni cosa. Nella loro precisione, avevano fatto un errore stupido. Le afferro tutte e ritorno in cucina, svuoto tutti i flaconcini e frantumo le pillole pestandole con un altro bicchiere, poi raccolgo la polvere e la verso nell'acqua. È fatta, devo solo buttarla giù e nessuno lo avrebbe saputo. Appena porto il bicchiere alle labbra, torna quel ronzio nella testa e il mio braccio si allunga buttando via quel veleno casalingo. Sono una codarda! Disperata e a strascichi mi accascio nella poltrona, mi sento così spossata che fatico persino a respirare. C'è qualcosa nel mio cervello, come un insetto che manovra i fili impedendomi di ottenere quello che voglio: si chiama vigliaccheria di mettere la parola fine. Ci sono tanti modi per morire, alcuni dolorosi ma il peggiore è vivere o sopravvivere a una vita che non voglio, perché io sono per metà già morta senza di lei. Possibile che se mi muovo il mio cuore non facesse fracasso per com'è frantumato dal dolore, invece sento solo l'insetto laborioso. Il tempo, penso. È solo questione di tempo e poi si fermerà. Allora mi abbandono a me stessa attendendola.

Chi bussa la porta? Quel suono insistente mi desta dal mio torpore, innervosita e a fatica mi reco a vedere chi fosse. <<Ciao farfallina, è una settimana che ti chiamo, ma siccome non rispondevi, sono venuto a vedere se hai bisogno di qualcosa!>> sono veramente passati tutti quei giorni dal funerale di Adriana? Chi se ne frega! Il tempo per me non ha più senso e non ho bisogno della sua compassione. Chiudendo la porta <<non mi serve niente>> dico, ma Matteo la blocca con il piede e riaprendola <<tu invece hai bisogno di me>> ed entra in casa. Guardandomi con occhio valutativo, come se fossi un modello confezionato da lui, muove la testa con aria critica vedendomi che indosso ancora l'abito nero del funerale, poi mi cinge le spalle con un braccio, <<ma come ti sei ridotta? Hai i nidi di paglia al posto dei capelli. Adesso ci pensa Matty a te. Su forza andiamo a darci una sistematina>>. Non avendo la forza mentale di oppormi, lo lascio fare e lui sostenendomi, perché sono debole, mi porta in bagno. Riempie la vasca e quando ritiene che ci fosse abbastanza acqua, mi toglie i vestiti. Lo assecondo, perché Matteo in certe cose è più donna di me, e lascio pure che mi aiutasse a entrare nella vasca, anche se non me ne frega niente di essere pulita, mentre mi racconta gli ultimi pettegolezzi per i quali non provo interesse specialmente del trasferimento che Diana aveva chiesto all'azienda di telefonia per la quale lavorava, e che aveva ottenuto in Sardegna. La sua voce e tutto il resto, mi annoia e m'immergo lasciando solo il naso e la bocca fuori dall'acqua che fa da isolante tra il mio udito e la sua voce. Qualche tempo fa, lessi un libro, dove si diceva che se si desidera intensamente qualcosa e se ci si concentri su quell'obiettivo, alla fine arriva. La legge dell'attrazione. Sì, diceva proprio così ed io devo solo attendere. Matteo, dopo avermi lavata, mi asciuga anche, e dopo avermi infilato una tuta, mi riporta nel salone facendomi sedere sul divano. Poi mi prepara una tisana rilassante, invitandomi a berla. Lo accontento ancora e quando la sorseggio, mentre lui apre le tende e le finestre per far entrare l'aria, quel liquido, mi brucia la gola e ci rinuncio. Arriva anche Luca a farmi visita e dopo avermi lanciato uno sguardo di critica, si siede sul bordo del tavolino e rimane a fissarmi, Matteo, si mette al mio fianco, mi guarda negli occhi e dice <<devi reagire baby, non puoi lasciarti andare così. La vita è piena di guai e disgrazie, ma bisogna combattere a denti stretti, come abbiamo sempre fatto>>. Luca, a quel punto, dice la sua <<io ho toccato il fondo più volte, ho sprecato anni a rubare per drogarmi, ma quando sono uscito dal carcere, sulla mia strada ho incontrato te e se ben ricordi sei stata proprio tu a convincermi a disintossicarmi e a prestarmi i soldi per farlo e ancora altri per la mia attività. È stato un percorso doloroso, ma ho pregato Dio e ci sono riuscito, adesso tocca a te>>. Sorrido amaramente, perché era stato quel mostro di Eric con il suo potere a guarirlo definitivamente, dall'alcol e dalla droga e non Dio che avevo implorato durante il sequestro. Ora è sparito dalla mia vita con Adriana. Era stata lei la vera credente trasmettendomi, sin da piccola, una fede condizionata. Avevo accettato e abbracciato la fede in Dio, allo stesso modo di Adriana, solo perché condividessi tutto con lei, <<pregare? Perché Dio dov'era quando Adriana è stata uccisa? Dio ha tenuto in considerazione la sua fede? No! Non l'ha fatto, le ha girato le spalle. Lui non si è mai interessato a lei>> Luca mi scuote per le braccia <<lascia stare Dio, quella non è opera sua. Adriana è morta e tu sei qui, rispettala apprezzando la vita come faceva lei. Ti aiutiamo noi a venirne fuori a costo di prenderti a calci nel sedere>>. Loro, proprio non capiscono. Il mio è un dolore perpetuo e stanca di discutere mi libero dalle sue mani fastidiose e poggio la testa sulla spalla di Matteo, che a quel mio apparente gesto di resa, mi abbraccia dicendomi <<adesso riposati, da domani si ricomincerà!>>.

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