Capitolo 42: La caduta dell'eroe

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"Mio marito il Conte...?" chiese Caterina, in un soffio, mentre si toglieva una ciocca di capelli dalla fronte.

Era molto accaldata e l'esercitazione con la spada lunga che stava facendo era forse troppo pesante per quell'ora torrida. Agosto stava volgendo al termine, ma settembra pareva altrettanto afoso.

Il paggio che era andato a chiamarla annuì, un po' impacciato, e ripeté, con la cantilena dei bambini che ripetono una filastrocca appena imparata a memoria: "Il Santo Padre vi desidera nel vestibolo affinché possiate porgere il vostro saluto al vostro augusto marito, il Conte Girolamo Riario."

Caterina lasciò la spada spuntata e senza filo al maestro d'armi, cercò di darsi un contegno e si fece aiutare a levarsi di dosso l'imbottitura che la costringevano a indossare ogni qual volta che si addestrava in quel cortile.

Seguì il paggio fino alla stanza dove l'attendeva il papa.

Sisto IV la stava aspettando con una certa impazienza, circondato da alcuni porporati, tra i quali spiccava Rodrigo Borja, un po' defilato, ma, per via della sua figura slanciata e atletica, impossibile da non notare.

"Venite, venite...!" la incitò il papa, non appena la vide: "Mio nipote ci aspetta. È con Roberto Malatesta. A quanto pare il generale che ci ha portati alla vittoria di Campomorto è stato contagiato e ha contratto la malaria..."

Caterina, che sentiva ancora le gocce di sudore scenderle dalla schiena e le gote arrossate per il caldo e lo sforzo, accelerò fino a portarsi in pari con Sisto IV, che la prese subito sottobraccio, con la scusa di usarla come sostegno, quando in realtà le voleva parlare senza che nessun altro sentisse.

Facendo sì che la giovane si piegasse appena verso di lui, le sussurrò nell'orecchio: "Quell'asino di Girolamo ha trovato una scusa per tornarsene qui, ma dobbiamo convincerlo a ripartire al più presto."


Girolamo attendeva con apprensione appena fuori dalla camera in cui era stato sistemato Roberto Malatesta.

Per tutto il viaggio il comandante aveva alternato momenti di grande confusione e malessere a momenti di estrema lucidità e consapevolezza. Erano stati questi ultimi a preoccupare davvero Girolamo.

Appena in Vaticano era riuscito a trovare il primo medico di suo zio e aveva avuto modo di parlargli come si doveva, quindi ora era più tranquillo di quando era arrivato, ma pur sempre guardingo.

Finalmente sentì dei passi e quando si sporse verso il corridoio, vide un drappello che trovò alquanto curioso.

Davanti a tutti stavano suo zio il papa, sottobraccio a Caterina, bellissima e in affanno, e subito dietro di loro una serie di tonache porpora che parlottavano senza sosta.

"Nipote mio adorato." fu il saluto di Sisto IV, mentre si staccava dall'appiglio fornitogli da Caterina: "Presto, voglio vedere Roberto Malatesta, l'uomo che ci ha così degnamente serviti!"

Girolamo restò con la bocca mezza aperta, ma non fece notare quanto il saluto di suo zio fosse stato freddo. Cercò, invano, di suggerire al Santo Padre di lasciare fuori dalla stanza Caterina, dicendo che una giovane e delicata dama avrebbe sofferto troppo della visione di un morente.

Il papa lo pregò di non perdersi in simili sciocchezze, così Girolamo condusse immediatamente il Santo Padre dal malato, facendogli strada e spiegando come fossero cominciati i sintomi.

Sisto IV ascoltò tutto in silenzio, annuendo lentamente e intercalando con qualche grave 'capisco'. Quando furono al capezzale di Malatesta, che da almeno mezz'ora stava attraversando uno dei momenti di obnubilamento peggiore, il papa si mise a elogiarlo pubblicamente e a sciorinare tutte le preghiere del caso.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora