Capitolo 128: In trionfo

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"Come sarebbe a dire che i soldati sanno già che la Contessa li vuole incontrare?" chiese Giovanni Bentivoglio tra i denti, appena il suo scudiero gli ebbe riferito ogni cosa.

Il ragazzino fece spallucce e disse solo: "Le voci girano in fretta."

"E...?" domandò in un sussurro Bentivoglio, guardando di sfuggita gli altri, che si stavano ancora intrattenendo con Caterina Sforza vicino a Porta Cotogni.

"E direi che l'aspettano con ansia." fece lo scudiero, non riuscendo a trovare un espressione migliore per descrivere la strana agitazione che aveva cominciato a serpeggiare tra i soldati.

"Speriamo in bene..." sospirò Giovanni Bentivoglio, facendo un cenno al resto dei comandanti: "Allora, vogliamo avviarci?"

Gli altri diedero di sprone ai cavalli e Caterina insistette con la propria scorta affinché la accompagnasse solo fino all'ingresso della città.

"Di qui in poi – disse, una volta varcata la Porta – posso cavarmela anche da sola."

Il tragitto tra la Porta Cotogni e l'accampamento delle truppe sforzesche non fu molto lungo, ma ci fu comunque modo di scambiare due parole.

Caterina chiese notizie di Milano, mentre i generali le chiesero spiegazioni circa i rinforzi arrivatile da Roma qualche giorno addietro, visto che, per quanto se ne sapeva, il Vaticano era schierato a favore di Savelli.

"Dunque voi siete Giampietro Carminati di Brambilla." stava dicendo Caterina, mentre conducevano i cavalli a passo rilassato.

"Ma mi chiamano tutti Bergamino." specificò Giampietro, annuendo divertito.

"Da quello che ho sentito su di voi, siete un soldato molto valido e leale." continuò Caterina, che per quell'uomo aveva provato un'immediata simpatia, malgrado il suo aspetto abbastanza rozzo.

"Per quello che posso." confermò il Bergamino con un sorrisetto.

"Mi servirebbe un uomo come voi, nella mia città. Ho intenzione di nominare un nuovo Governatore a Forlì. Pensateci sopra." buttò lì Caterina, appena prima di arrivare all'accampamento delle truppe sforzesche.

Il Bergamino fece un breve fischio e piegò gli angoli della bocca verso il basso, stupito da una proposta così improvvisa, ma in egual misura molto onorato per tanta fiducia.


Quando la signora di Forlì entrò nell'accampamento delle truppe sforzesche accompagnata dai comandanti, venne accolta da un'improvvisa manifestazione di entusiasmo.

Gli uomini che l'avevano conosciuta da bambina o che l'avevano incontrata durante il suo ultimo viaggio a Milano, non avevano faticato a convincere i commilitoni del fatto che quella donna era un vero e proprio portafortuna per i militari.

Anche i più scettici si erano lasciati catturare dalla frenesia di massa e così, quando Caterina passò in mezzo a loro per raggiungere il cuore pulsante dell'accampamento, tutti quanti gridarono il motto delle truppe milanesi, ovvero "Duca! Duca!" e presero a battere lance e spade contro gli scudi o in terra per rendere omaggio alla Contessa.

Caterina, che aveva sperato di avere un certo ascendente su di loro, rimase ugualmente stupefatta da un simile calore. Giovanni Bentivoglio restò anche più stupito di lei, anche se temeva lo stesso che le notizie che la Contessa portava con sé avrebbero fatto cambiare l'umore di tutti molto rapidamente.

Ci volle parecchio tempo prima che le grida e il fracasso si placassero. Tanto che, alla fine, il silenzio venne richiesto espressamente da Caterina che, dal punto rialzato in cui era stata portata, fece segno ai soldati di interrompere la loro esternazione di gioia.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora