Capitolo 59: Passare Ponte Mollo

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Erano quasi arrivati nel cuore della città che tanto li odiava. Il Tevere ormai era a portata di mano e di fronte e loro il Ponte Mollo si stagliava come un monito.

L'aria era afosa e carica di umidità, come raramente accadeva a Roma in quella stagione. Mancava del tutto il venticello leggero che di solito spazzava via la calura e per un fugace istante a Caterina parve di essere tornata sulle rive del Po.

Caterina, ancora al fondo della colonna di soldati, non sapeva cosa avrebbe fatto suo marito.

Se voleva davvero consegnarsi, doveva attraversare il ponte e raggiungere i palazzi vaticani.

Tuttavia, forse la sua paura lo avrebbe fatto fermare prima, con il pretesto di rispettare le imposizioni del Sacro Collegio, che non lo volevano armato in Vaticano...


"Fermiamoci qui!" ordinò Girolamo, tirando fuori la voce, dopo essersela scaldata con tre o quattro colpetti di tosse.

Pian piano, tutti i fanti e i cavalieri si fermarono.

"Che succede?" chiese Paolo Orsini, dopo aver risalito la colonna di armati ferma davanti a Ponte Mollo.

Girolamo era pallido e lanciava occhiate incerte verso il centro della città. Teneva le redini del cavallo strette con entrambe le mani e il suo viso era imperlato di sudore.

"Allora, che succede?" chiese di nuovo Paolo Orsini, con maggior insistenza.

Il Conte Riario deglutì rumorosamente e alzò appena le spalle, con una certa fatica, per via del peso dell'armatura: "Dobbiamo fermarci qui e attendere qualche emissario del Sacro Collegio che ci dia formalmente il permesso..." cominciò, confusamente.

Paolo Orsini si passò la lingua sulle labbra. Avrebbe dato un braccio per avere un po' di acqua fresca... Faceva troppo caldo e di certo starsene lì fermi sotto al sole non avrebbe migliorato la cosa.

Si guardò nervosamente alle spalle, temendo di vedere qualcosa che non voleva vedere. Temeva la reazione della Contessa nel momento in cui avesse scoperto i piani del marito. Ormai, però, aveva promesso: l'avrebbe aiutata come meglio poteva, dunque tutto quello che gli restava da fare era cercare di convincere Girolamo Riario a non fermarsi.

"Mio signore – prese a dire, con finta reverenza – sarebbe più prudente raggiungere armati le residenze vaticane... Non con tutto l'esercito, ovviamente. Solo con la vostra scorta personale. Non verrà certo visto come un segno di scarso rispetto, casomai penseranno che siete abbastanza assennato da non voler cadere vittima del popolino..."

Aveva giocato la carta a cui il Conte Riario era più sensibile, eppure quell'uomo non sembrava convinto.

Mentre Paolo Orsini tentava di argomentare di nuovo la sua causa, si sentirono i colpi di zoccoli sul terreno e in pochi istanti Caterina fu accanto a loro.

"Cosa sta succedendo?" chiese, rivolgendosi a Paolo Orsini.

Questi stava per rispondere, quando Girolamo parlò prima di lui: "Dobbiamo fermarci – disse, con tono apparentemente calmo e ragionato – per non arrecare offesa al Sacro Collegio..."

Caterina guardò a lungo il volto del marito. Nei suoi occhi non lesse nulla, se non il caos più totale.

Quell'uomo non aveva la più vaga idea di quello che si doveva fare e nemmeno sapeva di chi doveva fidarsi.

"Portate l'esercito a Castel Sant'Angelo." fece Caterina, sperando di poter sfruttare la confusione del marito a suo favore: "Seguite me. Fidatevi di me. Prendiamo insieme Castel Sant'Angelo."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora