Capitolo 103: Pugno di ferro

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Giuliano Feo interrogò per ore tre dei rivoltosi sopravvissuti. Aveva scelto proprio quelli perché gli parevano i più inclini a confessare.

Tuttavia nessuno di loro faceva altri nomi se non Biagio, Nino e Domenico Roffi. Sembrava che tutto quel trambusto fosse stato ordito da quei contadini, senza altro fine se non la folle idea di prendersi una città.

Per quanto quella versione fosse campata per aria, il Governatore a interim non sapeva che altro fare per estorcere notizie a quei prigionieri, così ordinò che fossero messi a morte per impiccagione, dopo aver concesso loro il tempo di confessarsi a un prete.

Gli altri ribelli furono messi in cella, nella speranza che il sapere appesi per il collo i loro compari li convincesse a dire le cose come stavano e a non raccontare più idiozie.

Uno di loro, infatti, si convinse in fretta a parlare. Disse al Governatore che a Bagnolo le truppe di rinforzo dei Roffi aspettavano il momento giusto per entrare in azione, malgrado il fallimento della prima metà del piano.

Erano quasi le sette di sera, quando finalmente Giuliano Feo si decise a mandare un corriere a Imola, per informare anche la Contessa Riario e il marito di quello che era accaduto quel giorno.


"Chi è a quest'ora?" chiese Caterina, quando una delle serve andò a chiamarla nelle sue stanze.

C'era già buio e tutti nel palazzo erano pronti ad andare a dormire. I bambini erano nelle loro stanze da tempo e così il Conte.

Quando qualcuno aveva bussato con forza all'ingresso e aveva insistito affinché venisse chiamata subito la Contessa, Caterina aveva capito immediatamente che si doveva trattare di una cosa gravissima.

"Mi manda il Governatore di Forlì – disse il ragazzo, stravolto, che doveva aver fatto la strada a una velocità folle – per riferirvi che dei contadini della campagna di Rubano hanno preso per qualche ora la Porta Cotogni e che volevano prendere la città tutta."

"Com'è adesso la situazione?" chiese Caterina, afferrando il giovane per le spalle, con urgenza.

"Sono stati catturati, ma il Governatore è partito subito con molti uomini al seguito, dopo aver fatto impiccare tre ribelli, per andare a Bagnolo, dove il resto dei traditori stava aspettando di ricevere l'ordine di attaccare." spiegò la staffetta: "Ma ancora non è convinto che sia finita la minaccia, né sa chi c'è davvero dietro."

Caterina stava pensando in fretta, mentre alle sue spalle aveva sentito la voce pastosa di Domenico Ricci, il vero Governatore di Forlì, arrivato a Imola pochi giorni addietro per discutere con lei di alcuni affari di Stato.

"Cosa succede...?" chiese questi, assonnato.

"Fate sellare subito il mio migliore cavallo." ordinò Caterina, correndo nelle sue stanze per vestirsi in modo adeguato: "E, Ricci, sarebbe meglio che voi veniste con me!"

Il Governatore strabuzzò gli occhi, ma non se lo fece ripetere.


Sotto la luce della luna, Caterina cavalcò come una furia, passando per i boschi, da sola.

Domenico Ricci, per quanto fosse un uomo d'esperienza e, alla fine, di spirito, non riuscì a starle dietro e così, dopo i primi chilometri, la perse di vista.

Non riusciva a spiegarsi come quella giovane donna, che aveva anche partorito da poche settimane, fosse così ardita e resistente da decidersi a correre a Forlì in piena notte e senza alcuna scorta. Forse era solo una mossa politica, per dimostrare la sua forza e la sua determinazione, oppure si trattava solo di un gesto impulsivo legato alla sua natura.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora