Anche quella sera Vincenzo Codronchi si era recato nella rocca di Ravaldino, per giocare a scacchi col suo caro amico Melchiorre Zaccheo.
In realtà non provava per lui alcun attaccamento e anzi era tra quelli che più lo dileggiavano, davanti ad altri, ed era stato lui il primo a mettere in giro la voce che Zaccheo altro non fosse che un bestemmiatore e un ubriacone, troppo ricco per il suo piccolo cervello.
Nemmeno Codronchi, però, sapeva essere troppo acuto e nelle lunghe sere che passava alla scacchiera con il suo quasi amico, non si era accorto di quello che il castellano di Ravaldino stava architettando.
Zaccheo non era tipo da tenere bene un segreto, ma quella volta stava facendo del suo meglio.
Nonostante ciò, ogni tanto gli scappava qualche mezza frase e qualche mezza insinuazione, soprattutto in presenza di Codronchi.
"Non se ne può più, ma proprio più...!" si lamentò Codronchi, tanto per dire qualcosa.
"Vero, vero... Questa città sta diventando invivibile, non c'è che dire." concordò Zaccheo, vuotando d'un fiato il suo calice di vino.
"Se si va avanti ancora così, quasi quasi me ne torno a Imola anche io...!" scherzò Codronchi, ridacchiando più del dovuto per via del vino, che quella sera abbondava.
"Ma tanto qui presto cambia tutto, caro mio..." disse Zaccheo, mangiando un alfiere di Codronchi.
"E come potrebbe? Qui non cambia mai nulla...!" ribatté l'altro, pensando a come controbilanciare la perdita.
"Eh, lo so io, lo so io...!" disse a quel punto Zaccheo, quasi perdendo la pazienza.
Codronchi alzò le sopracciglia e si chiese che mai potessero significare quel tono e quella faccia scura.
Tommaso Feo finì di ascoltare il resoconto del suo informatore con lo sguardo grave e le labbra strette. Dunque aveva avuto ragione a dubitare di Zaccheo. Che gran carogna...!
"Grazie mille, amico mio." disse Tommaso, allungando una piccola somma alla spia: "Resta con gli occhi aperti, ma se dovesse accadere di nuovo mentre sono via, riferisci subito ogni cosa a mio fratello Giacomo, capito?"
Il ragazzino annuì e mise subito al sicuro il danaro appena ricevuto.
Tommaso gli diede un buffetto sul collo: "Vai, ora, su. Meno ci vedono insieme, meglio è per entrambi."
Al che la giovanissima spia cominciò a correre, tutto contento perché anche quel giorno era riuscito a guadagnarsi il pane.
Tommaso non indugiò oltre e andò a preparare il cavallo. Doveva agire immediatamente, mentre Zaccheo si stava ancora organizzando. Se avesse aspettato, allora sì che la situazione sarebbe stata disperata!
"Signora...! Signora!" chiamò uno dei servi.
Caterina, che vagava per una delle strade secondarie di Imola, si voltò di scatto, riconoscendo la voce del servitore.
"C'è un uomo a palazzo che chiede con urgenza del Conte... Gli abbiamo detto che il Conte è fuori per una battuta di caccia, perciò ha chiesto di parlare con voi." disse il servo, raggiungendola.
Caterina si accigliò e, cominciando a dirigersi verso il palazzo, chiese: "Chi è e da dove viene quest'uomo di cui parlate?"
"Dice di chiamarsi Feo e di venire direttamente da Forlì, mia signora. Mi sembrava molto di premura, come se avesse davvero notizie importanti da riferire..." rispose subito il servitore.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)
Historical FictionCaterina Sforza nacque a Milano nel 1463. Figlia di Galeazzo Maria Sforza e Lucrezia Landriani, passò la prima parte della sua infanzia tra i giochi spensierati e lo studio al palazzo di Porta Giovia di Milano. Dall'età di nove anni, però, la sua v...