"Si è trattata di una festa veramente meravigliosa – disse Isabella Este, avvicinandosi ad Anna Maria Sforza, che sedeva nel palco d'onore – solo mi spiace non aver potuto parlare di persona con il maestro Leonardo..."
Anna Maria, che aspettava con ansia di vedere arrivare i primi due uomini che sarebbero stati impegnati nella giostra fissata per quel 27 gennaio, sorrise alla cognata e disse: "Il maestro Leonardo raramente concede colloquio a chi non conosce..."
Isabella Este sospirò e, dopo aver fatto un cenno di saluto alla nuova parente, capendo che non avrebbe concluso nulla, parlando con lei, si andò a sedere al suo posto, non lontana dalla cugina Isabella d'Aragona.
Quest'ultima era gonfia e sembrava anche un po' sofferente. Aveva voluto presenziare a quella giostra, perché, aveva detto, tutti dovevano ricordarsi che era lei la Duchessa di Milano e non Beatrice.
"Dovreste riguardavi di più, cara cugina..." sussurrò l'Este, guardando il pancione dell'Aragona.
Questa, scostandosi una ciocca di capelli rossi sfuggiti alla reticella, soffiò, sollevando una nuvoletta di vapore: "Mio marito accompagnerà il vostro sulla lizza, non potevo mancare."
Al che Isabella Este non oppose più resistenze e si mise come tutti in attesa dell'inizio della gara.
Il primo a scendere in campo fu il signore di Mantova, come annunciato, che si fece precedere da diciannove cavalieri vestiti in velluto verde. I primi dodici, poi, portavano catene d'oro e lance dorate, a dimostrazione di tutta la magnificenza del loro signore.
Dopo questo breve corteo, comparve il Marchese Francesco Gonzaga, accompagnato dal Duca di Milano, Gian Galeazzo, dal reggente Ludovico, e dal giovane Alfonso d'Aragona.
Anche il signore di Mantova vestiva di verde e davanti alla sua prestanza e al suo sorriso che grondava sicurezza, Isabella Este, suo moglie, non riuscì a reprimere un moto di soddisfazione.
Pure l'altro giostrante ebbe una scorta di tutto rispetto, anche se non paragonabile a quella del Gonzaga.
Annibale Bentivoglio, signore di Bologna, vestiva di verde esattamente come il suo sfidante, ma i suoi ornamenti preferivano il color argento a quello dell'oro.
Sfilarono poi tutti gli altri partecipanti, in tono sempre minore, e la cerimonia di apertura si chiuse con Ludovico che recitava una lode in favore di Beatrice.
Con quell'astuta mossa, il Moro stava trasformando una giostra in onore della nipote Anna Maria in una giostra in onore della moglie Beatrice.
Caterina fece ripetere una volta di più al cancelliere Giovanni Cardella quello che avrebbe dovuto dire in Consiglio.
L'uomo cantilenò tutta la pappardella imparata a memoria e, benché ancora non fosse sicura dell'eloquio del cancelliere, la Contessa decise che era tempo di lasciarlo andare al palazzo.
Il Consiglio era stato riunito al gran completo, quel giorno. A presiederlo c'era Giovanni delle Selle, che presenziava per Santa Croce assieme ad Alberigo Denti e Maestro Diaterco.
Per San Mercuriale erano accorsi Giorgio d'Aste, Francesco Aspini e Francesco Pontiroli. Per San Pietro c'erano Francesco Numai, Bartolomeo Codiferro e Bonamente Torelli. E infine, per San Biagio, erano presenti Ettore Ercolani, Giorgio Castellini e Bernardino Maldenti.
Tutti loro, il segretario Palmeggiani compreso, si aspettavano di vedere entrare nel salone la Contessa, come sempre, perciò rimasero un po' perplessi nel trovarsi davanti il cancelliere Cardella.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)
Historical FictionCaterina Sforza nacque a Milano nel 1463. Figlia di Galeazzo Maria Sforza e Lucrezia Landriani, passò la prima parte della sua infanzia tra i giochi spensierati e lo studio al palazzo di Porta Giovia di Milano. Dall'età di nove anni, però, la sua v...