Capitolo 69: Chi si vendicherà avrà la vendetta del Signore

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Un velo impalpabile di neve copriva i tetti di Firenze, in quella mattina di gennaio.

Lorenzo Medici stava sbrigando la corrispondenza nel suo studiolo, senza entusiasmo.

Era infreddolito e avrebbe preferito passare quelle ore in modo più piacevole. Per esempio, il suo amico Angelo Poliziano stava lavorando in quei giorni a un componimento che chiamava 'Ambra'.

Ecco, andare da lui a sentire come suonavano quei primi versi gli sarebbe piaciuto molto di più, che non dover leggere lamentele, conti e sedicenti consigli di ossequiosi collaboratori.

Dopo aver accantonato l'ennesima inutile lettera in cui gli si chiedeva l'ennesimo impossibile favore, Lorenzo prese tra le mani una missiva che pareva diversa da tutte le altre.

Non appena l'aprì, riconobbe la grafia che aveva scritto rapida sulla carta ruvida.

Si sistemò sulla sedia, il fiato sospeso.

Era da almeno due mesi che non riceveva notizie... Come mai il suo uomo si era deciso a scrivergli? Forse che il momento era arrivato?

Deglutendo e spostandosi i capelli dalla fronte, prese a leggere, i muscoli contratti e gli occhi attenti.

'Mio signore, prima d'ogni cosa vi auguro un felice anno e mi permetto di farvi gli auguri per le feste appena trascorse.'

 Lorenzo maledisse quell'uomo per la sua cerimoniosità. Aveva sprecato quasi due righe per nulla. Riprese a leggere.

'Sono riuscito a fare quello che mi avete consigliato e ora mi sento sempre più vicino ai nostri scopi, tuttavia devo far presente un problema. I trucchi nei conti non sono bastevoli, per il momento, ché basterebbe troppo poco per risanarli. Devo alterarli ulteriormente, ma non posso farlo in fretta. Quella donna ci rovinerà, se mi sta ancora con il fiato sul collo. Lui non sospetta nulla, anzi, possiamo fargli fare quello che vogliamo. Informo quindi che i tempi non sono maturi, ma che sono ottimista. Sempre vostro fedelissimo amico, M.M."

Lorenzo chiuse il biglietto, tenendolo tra indice e medio, e si mise a guardare lontano, oltre il vetro opaco della finestra.

'Quella donna' aveva scritto il suo uomo. Non era difficile sapere a chi si riferiva.

Con un gesto veloce, ma pensieroso, Lorenzo strappò il messaggio in molti pezzetti e poi, uno per uno, li buttò nel fuoco del camino.

Mentre vedeva le lingue di fiamma lambire le parole vergate dal suo 'fedelissimo amico', si chiese quanto ancora avrebbe dovuto attendere, per sentirsi in pace.


"Non essere sciocco!" esclamò Caterina Sforza, appena Girolamo ebbe finito di parlare: "Non ne capisci niente, come sempre! Sei sempre stato un tale ignorante...! Già non hai voluto presenziare alla messa di Natale, né a quella di Santo Stefano... Se continuerai a nasconderti, penseranno che non esisti."

Girolamo guardava nervosamente in direzione dei presenti, in particolare di alcuni membri del Consiglio degli Anziani e di Ludovico Orsi, Matteo Menghi e Vincenzo Codronchi.

Ormai era chiaro a tutti che dopo i fatti di Roma, da quando il Conte Riario aveva lasciato sola Caterina a Castel Sant'Angelo, rifiutandosi di portare indietro l'esercito e prendersi una facile vittoria, la donna non aveva più alcuna intenzione di badare alle apparenze. Ormai la giovane rendeva ben evidente a tutti la sua ostilità nei confronti del marito, dileggiandolo e rimproverandolo finanche davanti ai loro ospiti, senza che lui facesse nulla per difendersi o per rimetterla al suo posto.

Anche se sapeva che prima o poi il conto per quell'insolenza sarebbe arrivato e che sarebbe stato molto caro, Caterina aveva deciso di proseguire per la sua strada, senza temere le conseguenze.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora