La corte, tornata a Forlì, si era già messa all'opera per riprendere in mano gli affari dello Stato e riordinarli. Anche se da Imola Caterina aveva fatto del suo meglio, essere sul posto rendeva le cose più facili.
Girolamo stava apparentemente riprendendo un po' di fiducia in se stesso, tanto che aveva ripreso a presenziare assieme alla moglie in Consiglio e alle questue della popolazione.
Caterina era abbastanza soddisfatta della nuova condizione di suo marito, tuttavia capiva bene che non bastava averlo rimesso in pista, per farlo digerire ai forlivesi.
Ci voleva qualche idea vincente, qualcosa che riavvicinasse definitivamente la città al suo signore, perché senza l'appoggio dei cittadini, loro non sarebbero mai stati al sicuro.
Se Caterina avesse avuto più fede, avrebbe detto che ci voleva un 'miracolo', ma non credeva più ai miracoli da quando aveva annusato l'aria malsana che si respirava in Vaticano.
La sera di domenica 18 novembre, più o meno alle dieci, brandendo una pesante croce di ferro, un giovane uomo, magrissimo e dal passo pesante, entrò in città in abiti per metà talari e per metà secolari.
Fin da subito catturò l'attenzione dei forlivesi che lo incontravano e quando cominciò a parlare, attirò a sé una quantità incredibile di gente e portò tutti verso il cimitero di San Mercuriale.
Malgrado il freddo e il buio, continuavano ad arrivare persone, tutte curiose di scoprire chi fosse quello strano pellegrino e cosa avesse da dire.
Quando finalmente parlò, disse, tra nuvole di vapore: "Io sono Giovanni Novello, nato a Siena ventiquattro anni fa."
Si mosse in tondo, per guardare tutti i presenti, che lo avevano circondato, e nel fare ciò i suoi piedi scalzi lasciarono impronte di sangue in terra.
La sua pelle era pallida, ma le gote erano arrossate dall'aria gelida della sera. I suoi capelli erano biondissimi, tanto da sembrare bianchi e nei suoi occhi ardeva un fuoco sacro che a molti fece subito pensare di essere di fronte a un santo.
"Fino all'età di diciassette anni – riprese il pellegrino – ho condotto la vita del soldato. Usavo le armi dell'uomo per togliere la vita all'uomo e non vedevo la Verità."
Tutti i forlivesi, alcuni muniti di torcia, cercavano di indagare il più possibile di quel profilo deciso eppure ascetico, mentre il giovane uomo proseguiva: "A diciassette anni ho capito che la via che avevo scelto non era la via della salvezza. Da sette ormai vivo così come mi vedete ora: da penitente! E sono qui giunto a voi per portarvi la Parola! Per aprirvi il mondo del Signore!"
I forlivesi tutti, pure i non credenti, a quella promessa esultarono come se avessero loro offerto un baule pieno d'oro.
"E cosa sta facendo?" chiese Caterina, dubbiosa, quando Giuliano Feo arrivò a palazzo a riferire quello che stava accadendo al cimitero di San Mercuriale.
"Sta predicando..." spiegò l'uomo.
Caterina ci pensò un momento, poi chiese: "E cosa predica, di preciso?"
Giuliano alzò le sopracciglia e rispose: "Le solite cose, più o meno... La penitenza, la conversione, quello che dicono tutti questi esaltati."
Allora Caterina andò alla finestra, per vedere di nuovo la folla che si era stagliata nei pressi di San Mercuriale.
Anche Cesare e Bianca le stavano accanto e guardavano fuori. Perfino Girolamo si era degnato di andare a vedere coi suoi occhi e fissava sbigottito quel dispiegamento di gente a qualche finestra di distanza da loro.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)
Historical FictionCaterina Sforza nacque a Milano nel 1463. Figlia di Galeazzo Maria Sforza e Lucrezia Landriani, passò la prima parte della sua infanzia tra i giochi spensierati e lo studio al palazzo di Porta Giovia di Milano. Dall'età di nove anni, però, la sua v...