Quella sera, Caterina incontrò Piero e Bianca, i figli che sua madre Lucrezia aveva avuto dal marito.
Benché non si fossero mai conosciuti prima, tra loro nacque immediatamente una simpatia reciproca che li portò a parlarsi fin da subito con franchezza e affetto.
Chiara, invece, inizialmente restò un po' in disparte, fino a che non fu Caterina a prendere l'iniziativa e a ricordarle i tempi passati, quando entrambe vivevano al palazzo di Porta Giovia insieme a tutt'e due le loro madri.
Dopo aver rotto il ghiaccio, deciso che il giorno seguente Caterina avrebbe riposato un po', per riprendersi dal viaggio e che nei giorni a venire avrebbero organizzato una battuta di caccia e qualche cavalcata nelle campagne.
Una volta ritiratasi nella stanza che le era stata assegnata, Caterina si preparò per la notte, aiutata dalla serva scelta da Gian Piero Landriani.
Quella donna le parlava con ammirazione e le diceva quante volte aveva sentito la padrona fare il suo nome. La lodò per la sua bellezza e le chiese anche come fosse Roma e le altre città che aveva visto.
Caterina rispose a tutte le domande con frasi brevi, ma cercando di essere gentile. Le piaceva sentir parlare con l'accento che l'aveva cullata da piccola, quindi non cercò di mettere a tacere la donna, anzi, dopo un po' fu lei a fare qualche domanda.
Le chiese com'era Ludovico come signore della città, ma la serva rispose in modo incredibilmente diplomatico e distaccato. Le domandò cosa ne pensassero i milanesi di quello che stava succedendo nel resto della penisola e la donna rispose solo che i milanesi si facevano gli affari loro, curandosi poco di quello che accadeva oltre i confini della città.
Dopo che la serva l'ebbe lasciata sola, Caterina andò subito a letto. Si massaggiò un po' il ventre. Il lungo viaggio a cavallo l'aveva un po' spossata, ma si sentiva bene. Era contenta del fatto che la pancia ancora non si vedeva. Era appena un po' gonfia, ma nessuno l'avrebbe notata, sotto i vestiti.
"Caterina, sei sveglia?" la voce di Lucrezia arrivava ovattata da oltre la porta.
"Sì." rispose subito lei, mettendosi a sedere sul bordo del letto.
"Posso entrare?" chiese Lucrezia, un po' circospetta.
"Certo." rispose subito Caterina, sospirando.
Era il momento che tanto aveva atteso e che tanto aveva temuto.
Dall'istante stesso in cui aveva rivisto sua madre aveva capito che parte della sua voglia di tornare a Milano era legata al voler restare un po' sola con lei, per parlarle di quello che le stava accadendo e di quello che la tormentava. Anche se non era facile affrontare certi discorsi.
Lucrezia entrò nella stanza silenziosamente e si richiuse subito la porta alle spalle. Guardò un attimo la figlia, illuminata dalla luce di alcune candele e del caminetto, che era acceso per scaldare quella sera ancora fredda di aprile.
"Finalmente da sole..." sussurrò la donna, le mani strette l'una nell'altra.
Per tutto il giorno, da quando aveva rivisto sua figlia, Lucrezia non aveva fatto altro che aspettare il momento giusto per restare sola con lei e poterle parlare liberamente.
Si erano scambiate lettere, nel corso degli anni, ma sempre meno e sempre meno dettagliate.
Entrambe temevano di scrivere troppo, di essere controllate da chissà chi. C'erano così tante cose che Lucrezia desiderava sapere sulla vita di Caterina...
"Ma forse sei stanca..." disse Lucrezia, sentendosi improvvisamente agitata all'idea di quello che sua figlia le avrebbe confidato: "Se preferisci ti lascio riposare e parleremo un po' domani. In fondo abbiamo tempo..."
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)
Historical FictionCaterina Sforza nacque a Milano nel 1463. Figlia di Galeazzo Maria Sforza e Lucrezia Landriani, passò la prima parte della sua infanzia tra i giochi spensierati e lo studio al palazzo di Porta Giovia di Milano. Dall'età di nove anni, però, la sua v...