Capitolo 84: A palazzo Landriani

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Caterina Sforza e la sua scorta non passarono per la strada principale, ma per i boschi, evitando così di pagare il pedaggio ai Manfredi, che, quando seppero della partenza per Milano della Contessa, si chiesero, non senza adirarsi, come avesse fatto a passare per le loro terre senza essere notata.

Il viaggio si rivelò complesso, per via del tempo scostante, ma per Caterina sarebbe stata una cavalcata difficile anche con il più mite dei climi.

Per quanto cercasse di convincersi che a Milano avrebbe ritrovato almeno un briciolo della pace di cui aveva bisogno, il tormento dei suoi pensieri non la lasciava nemmeno un istante. Erano più i momenti in cui si trovava sull'orlo delle lacrime che non quelli in cui si rallegrava per essere sempre più vicina alla sua terra natìa.

Fecero pochissime soste e molto brevi, più che altro per far riposare i cavalli, cercando di non essere troppo notati. Caterina, infatti, aveva cominciato a pensare che qualcuno avrebbe potuto ricondurla dal marito, se l'avesse scoperta. Forse era solo un'idea assurda: ormai ne era conscia, non riusciva a ragionare lucidamente.

Si imposero anche alcune deviazioni, lasciando la strada più diretta varie volte, preferendo strade secondarie, più lunghe, ma più discrete.

Il suo umore cambiò nel momento in cui cominciò a riconoscere in lontananza, dopo tanti giorni di viaggio, il profilo della città che l'aveva vista nascere.

"Andate e chiedete la strada più breve per la casa di Gian Piero Landriani." disse a uno dei soldati che la scortavano, quando furono poco distanti dalle porte di Milano.

L'uomo annuì e spronò il cavallo con forza, staccandosi dal piccolo gruppo per andare a informarsi sulla strada da prendere.

Caterina ricordava che la casa di Landriani era vicina al palazzo di Porta Giovia, ma per quello che ne sapeva poteva essersi trasferito altrove. Dopo tutto, mancava da Milano da una decina d'anni.

Mentre ricordava il giorno in cui se n'era andata, partendo alla volta di Imola, non poté evitare di ricordare come le ultime immagini che aveva della sua città erano proprio dell'aprile milanese...

Annusò l'aria, cercando di riportare alla mente qualcosa, mentre la città si avvicinava e i suoi colori si facevano più nitidi. No, non riusciva a evocare molto. Forse era cambiata troppo.

Lei o la città? Chi poteva dirlo...


Gian Piero Landriani si era affacciato alla finestra, per lasciare entrare l'aria pungente, ma profumata di quel giorno d'inizio primavera.

Era un uomo pacato, di buon senso, e trovava piacevole guardare il lento passare della gente sotto casa sua. Apprezzava la tranquilla routine dei milanesi, sempre intenti a lavorare per migliorare la propria condizione, sempre attenti a viver bene, più che all'apparire. Sì, se c'era una cosa che amava della sua città era proprio quella. Se in altri Ducati italiani alla gente importava di più avere un titolo che altro, lì a Milano la forma perdeva d'interesse e a contare era la qualità della vita.

Perfino al palazzo di Porta Giovia, dove prima passava la gran parte del suo tempo, le stalle e il pollaio erano vicini alle sale del potere, eppure si respirava un'aria di sicurezza e casa.

Quello che a occhi stranieri sarebbe parso come troppo rustico, all'occhio milanese appariva come pratico e comodo.

Mentre era immerso in questi suoi pensieri, Gian Piero si accorse che in strada erano arrivati alcuni uomini a cavallo. Aguzzò la vista, non più buona come un tempo, e gli parve che in mezzo vi fosse anche una donna.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora