Capitolo 55

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Dylan

Sei mesi lontano da casa. Sono serviti a qualcosa? Forse si, o forse no. All'inizio credevo di impazzire. La vedevo e la sentivo ovunque.

Ho provato un'infinità di volte a chiamarla, ma non sono mai riuscito nell'intento. Mi sentivo in colpa per averla abbandonata e ora la situazione non è poi cambiata più di tanto.

Sei mesi lontano da lei. Sei mesi per abituarmi alla nuova vita che mi aspettava una volta rientrato a Seattle. Dovevo solo convincermi del fatto di non poterla mai relmente...vivere.

Il cellulare vibra sopra il divano. Leggo il nome e non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo. Questa ragazza mi manderà al manicomio.

'Alis. Cosa c'è adesso?'
'Indovina dove sono?' Chiede euforica.
'Dal parrucchiere?' Tiro ad indovinare. Dio che razza di scocciatura.
'No! Sbagliato. Apri la porta.'
'Apri la por...oh no! No, no, no, no.'
' invece, caprone. APRI!!!'

Con il telefono ancora vicino all'orecchio mi precipito alla porta di casa, aprendola. "SORPRESA!!!" Grida Alis saltandomi in braccio.

"Alis, vacci piano, non pesi più quindici chili. Cosa ci fai qui?"
"Matrimonio. Ultimi preparativi. Tu che ti sei offerto volontario nel darmi una mano..." scivola giù dalle mie braccia e mi getta contro uno sguardo assassino.

"Ti ricordi, non è vero, Dylan? Hai promesso di aiutarmi con la scelta della torta e dei fiori."
"Alis, scherzavo. Pensavo lo avessi capito. Sono appena rientrato, devo ancora disfare le valige e domani riapre lo studio."

"Che palle Dylan!" La sua furia si scatena. "Non ci vediamo da quasi un anno e se no fosse per me che ti chiamo almeno una volta a settimana nemmeno ti ricordi che esisto."

"Scusa tanto se io lavoro Alis, e non ho il tempo necessario per godermi la vita girando il mondo." Inizia a gironzolare per casa, come da sua buona abitudine.

"L'umorismo non è mai stato il tuo forte Dylan." Sì sofferma vicino al camino, prende fra le mani la cornice d'argento e mi guarda a bocca aperta. "Sei...ti sei fidanzato, Dylan?"

Rispondo con un secco: "No!"
"No? E lei chi è?" All'improvviso mi corre incontro e afferra la mia mano sinistra. "La fede? Non porti più la fede Dylan! Mi vuoi spiegare? Diamine, sono tua sorella non un'estranea." Puntualizza a dovere.

''È complicato Alis. Lascia perdere. Mamma e papà sanno che sei qui?'' Cerco di deviare l'argomento a tutti i costi, ma lei non demorde.

''È...oh, non credo alle mie orecchie. Ti ha ridotto proprio male fratellone. Non sei mai stato in grado di farti da psicanalista Dylan e questa ne è la prova lampante.''

''Smettila Alis. Sei venuta qui per curiosare nella mia vita o perché volevi un aiuto per il matrimonio?''

''Oh, bè, la pasticceria chiude alle 8. Abbiamo ancora tempo, sono appena le tre. Raccontami un po' di lei: come si chiama, quanti anni ha, dove l'hai conosciuta...''

Riprendere a guardare la foto e mi assesta un'altra domanda. ''Qui per esempio, dov'eravate?'' Mi accomodo sul divano...sarà una lunga chiacchiera.

''Dunque, ricapitolando: ti sei innamorato di una tua paziente, sei uno stupido. Siete andati a letto assieme per sbaglio, cazzata. Lei è fidanzata e ha una bambina con un altro uomo con cui si sposerà (sempre se non lo sia già), dopo tutto quello che ho sentito non mi meraviglio. Sempre lei, a quanto pare non riesce a starti lontano, possesiva la tipa. Quando state insieme vi guardate come se voleste mangiarvi a vicenda, e non fare quella faccia perché la foto parla da sola Dylan. Tu, sei più cotto di un arrosto con le patate, qualcosa non mi torna. Ah, giusto, dimenticavo: spendi 7 milioni all'asta per comprare un'isola in Polinesia e poi gliela regali. A suon di analizzare i cervelli altrui stai perdendo i bulloni, del TUO di cervello, per strada, te lo dico io.''

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