Capitolo 34

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Skyler

"Lo sai che non mi dispiaci affatto con questo nuovo look?" Io e Sarah stiamo camminando da oltre un quarto d'ora, ma non ho ancora ben chiaro quale sia la nostra meta. "Credo che tornerò presto al mio colore naturale. Ogni volta che mi guardo allo specchio mi sembra di vedere Samara Morgan di The Ring." (Beh, più o meno. Non prendetemi proprio alla lettera.)

"In effetti non hai una bella cera ultimamente. Però oggi che ti sei truccata e hai indossato finalmente qualcosa di diverso dai soliti jeans e maglioni, stai decisamente meglio." Dice fiera...di sé. "Mi hai praticamente costretto, Sarah." Dico digrignando tra i denti. "Ora vuoi dirmi gentilmente dove stiamo andando?"

Ho male hai piedi. Maledetta me che l'ho ascoltata lasciandomi convincere a indossare un tacco 12.
"Arrivate!" Esclama all'improvviso con un sorriso grande quanto il suo viso. Guardo la vetrina alla mia destra e spalanco gli occhi, incredula.
"Tu...tu ti"

"Mi sposo!" Grida, facendo prendere paura ad una coppia di ragazzi che in quel momento ci passano affianco. "Congratulazioni!" Dice uno dei due. L'altro mi guarda di sfuggita ammiccando un sorriso, poi insieme  riprendono a camminare.

"Skyler? Bè, non dice niente?"
"Sì, scusa. È che mi hai colto alla sprovvista. Congratulazioni Sarah." L'abbraccio, e in quel momento mi rendo conto che sono passati più di cinque anni dall'ultima volta che l'ho fatto. Lei ricambia il gesto  stringendomi ancora più forte, Sarah e io siamo tornate quelle di un tempo: sorelle.

*****

Solo le 8 e ho appena finito il mio doppio turno al Wallas perché Olivia è rintanata a casa sotto le coperte con la febbre alta.  Prima sono riuscita a mangiare un muffin al cioccolato bianco e ho bevuto un tè caldo. Non avrei retto fino a sera altrimenti.  Dovrei rientrare a casa, in effetti sono parecchio stanca e tra poco sono certa inizierà anche a piovere.

Invece mi ritrovo a camminare per Union Street. Non ho una meta precisa, ormai conosco queste strade a memoria e la paura di perdermi non mi preoccupa affatto.
Sarah si sposa. Non riesco ancora a crederci. Fra sette mesi diventerà la signora Evans e andrà a vivere con David a Londra. Gli hanno offerto di lavorare in un prestigioso studio di architetti e lui non se l'è sentita di rifiutare.

"È la sua grande occasione Skyler e io lo seguirei in capo al mondo."
Ti invidio Sarah. Avrei voluto risponderle così. Nella mia vita non ho mai invidiato nulla a nessuno: ne i soldi, ne un paio di scarpe, ne una borsa. Niente. Io mi piacevo così com'ero: estremamente semplice con un pizzico di follia.

Ora mi ritrovo ad invidiare la felicità altrui, quella che spetterebbe ad ognuno di noi. Lei si addormenterà e si sveglierà avvolta tra le sue braccia, lei avrà un milioni di motivi per dire ne è valsa la pena, lei avrà voglia di ridere e piangere di gioia e sempre lei potrà amare ed essere amata senza alcuna turbamento.

Cammino alla ricerca della felicità, la mia felicità, che un tempo regnava dentro di me ed ora è smarrita chi sa dove. Vorrei il tuo aiuto Brian, ora più che mai. Sento di precipitare ancora nel vuoto e ho il sospetto che questa volta non ci sia alcuna via di scampo.

"Buonasera Skyler." Mi fermo e un brivido inizia a correre sulla mia pelle. Quella voce, roca e spregevole appartiene solo ad una persona. È appena uscito da un ristorante e punta dritto verso di me. L'istinto mi dice di correre, ma sono troppo debole per farlo e quindi non mi resta che una sola cosa da fare: affrontarlo. "Matt."

Nick

"Chi non muore si rivede, Parker."
Luke ha sempre la solita faccia da stronzo. Ha rasato i capelli e fatto il pircing al sopracciglio destro, ma il restante è tutto fin troppo familiare.
"Cosa bevi?" Mi chiede prendendo posto sullo sgabello rosso al mio fianco.

"Il solito." Dico senza degnarlo di uno sguardo. "Due Hendrick's tesoro, e uno fallo bello carico. Il mio amico ha bisogno di bere." La ragazza, che veste solo di paio di mini shorts rossi e un reggiseno nero, sembra pendere dalle sue labbra.

Lui ordina, loro eseguono: TUTTO. Ho già vissuto questa scena centinaia di volte. Un tempo lo facevo anch'io e mi piaceva. Era la mia dose di adrenalina allo stato puro. Ogni sera una donna diversa: mora, bionda, rossa, non aveva importanza. Io dettavo le regole. Io decidevo quando, dove e come. Io ero il dominatore, loro le sottomesse.

"Come mai da queste parti Parker? Problemi col paparino?" Mi sbeffeggia. Luke non si pone problemi a deridere gli altri, a umiliarli come fossero bestie assassine. Il suo passatempo è farsi dei nemici. Il perché? Semplice. Ama il pericolo, il rischio, la vendetta, il sangue.

"Avevo voglia di bere Luke. Ci sono problemi?" Lo sfido. Non mi fai piu paura Luke. La barista mi versa una doppia dose di gin cercando di attirare la mia attenzione. "Ehi, bellezza. Io stacco tra due ore. Se vuoi sono libera." Sussurra, e nel mentre si morde il labbro inferiore.
"Non vado più a puttane." Le rispondo, lasciandola a bocca aperta.

"Torna al tuo lavoro Penelope. Qui non sei gradita." Dice Luke riferendosi al sottoscritto. Lei alza i tacchi e butta l'amo su un ragazzo seduto poco distante da noi che al contrario di me sembra apprezzare la sua merce.
"Cosa sei venuto a fare nel mio locale Parker?"

"Te l'ho già detto. Sono venuto a bere. Qual è il tuo problema Luke?" Lo guardo fisso negli occhi, proprio come piace a lui. -Il nemico lo si sconfigge prima guardandolo negli occhi Nick, ricordatelo.-
"Sei nel mio territorio Parker. Qui detto io le regole, e la prima è: entri, bevi, cerchi, paghi. Guardati attorno Nick. Qui gli uomini vengono prima di tutto per il loro piacere, poi forse, si ricordano del resto. Un tempo lo facevamo anche noi, ricordi? Tu andavi matto per le bionde io per le rosse, anche se alla fine una valeva l'altra, no? Quanto ti piaceva Nick?"

"Quel ragazzo non esiste più." Ride, e la sua risata è così velenosa da sembrare letale. "Nick, sei sempre stato un buonaccione. Dimmi cosa ti serve e vedrò cosa posso fare." Butto giù le ultime due dita di gin tutto d'un fiato. È forte, ma era ciò di cui avevo bisogno.

"Sei ancora in contatto con Carlos?"
Annuisce. "Bene. Potrei aver bisogno di lui per un lavoro a Seattle. Pagherò qualsiasi cifra, purché il lavoro sia fatto come si deve." Tiro fuori una busta dalla tasca interna della giacca e la poso sul bancone. "Questi sono ventimila dollari di anticipo. Hai il mio numero, fammi contattare per discutere dei dettagli."

Sto per alzarmi, ma lui mi trattiene per un braccio. "Sei sicuro si volere lui?" Non sono sicuro di niente, ma ho il diritto di riprendermi la mia vita.
"Sicuro. La mia vendetta si chiama Carlos."

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