Prologo 0.10 : Il tarlo della signora Shepherd

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"Quanto pensi sia legato George a sua nipote? Va a trovarla spesso, si sarà affezionato a lei." "Non voglio immaginare che cosa accadrebbe se tuo marito la perdesse." "Le disgrazie sono capaci di spazzare via legami ben più consolidati di una traballante relazione tra amanti, il vostro matrimonio è naufragato subito dopo la morte di Evan e durava da oltre tre anni." La donna si avvicinò al letto. Nonostante l'inquietudine delle dita, la nipote non sembrava più vigile di quanto non lo fosse stata quando erano arrivate. "Guardala, Martha. Una vita fragile e già così segnata dalla ferocia umana, la tua sarebbe un'azione caritatevole."

"La polizia lo classificherebbe come omicidio."

"Negli ospedali i pazienti muoiono di continuo." "Nessuno meglio di te saprebbe organizzarle un funerale degno di una regina e il giorno dopo tuo marito tornerebbe a dormire nel vostro letto. Non sarebbe stato questo il desiderio di Evan?"

"Io la odio." "Avrebbe dovuto essere lei a morire. Chi l'avrebbe mai rimpianta?"

"Nessuno."

La vittoria assunse la consistenza di una lacrima. La madre ordinò alla figlia di sbrigarsi e uscì dalla stanza per fare da palo.

"Mi rincresce davvero tanto, Thomas", pensò Martha immaginandosi quello che gli avrebbe detto quando l'avesse incontrato. "Ero seduta accanto a lei pregando affinché si rimettesse e all'improvviso ha smesso di respirare. Ho chiamato i soccorsi ma sono arrivati troppo tardi."

La signora Shepherd prese un cuscino e lo posò sulla faccia della figlia. Nei film la morte per soffocamento sopraggiungeva a conclusione di qualche veloce spasmo, per sicurezza decise che sarebbe rimasta in quella posizione anche tutto il pomeriggio. Nulla le avrebbe impedito di completare il lavoro che quell'auto aveva iniziato.

Quasi nulla.

Il cellulare cominciò a suonare dall'interno della borsa abbandonata sulla poltrona. Martha trascurò il secondo squillo, contò il terzo e aspettò il quarto. Il quinto solleticò la sua curiosità facendola fiondare sulla poltrona che raggiunse portando con sé il cuscino. Diede una rapida occhiata al display e non frappose indugi.

"Sono due giorni che la sto cercando", rispose ad alta voce. Le piaceva usare un timbro autoritario con gli inferiori. "Lei sa chi sono io? Mio marito è il proprietario di questa città." La ricezione disturbata del segnale le fece perdere le staffe. "Non voglio le sue scuse. Ho una lavanderia da ristrutturare, quelle piastrelle mi servono ora!"

Risvegliata dalle grida della signora, la ragazzina addormentata aprì gli occhi.

(fine prologo)

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