Capitolo 5.11 : I giganti dai piedi d'argilla

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"La sua famiglia era disperata perché il loro ultimo erede alla veneranda età di quattro anni non mostrava nessun interesse per i fucili. La volta in cui preferì un libro illustrato ad una pistola sprangarono la biblioteca e riempirono la cesta dei giocattoli di armi." "George era un bambino abituato ad averla sempre vinta così quando un pomeriggio gli rubai la palla, lui raccolse un fucile e mi diede la caccia." "Non è neanche possibile che mi avesse scambiato per un cervo, le corna mi sono spuntate a vent'anni."

"Ti ha colpito?"

"La mia coscia destra continua a gridare vendetta." Thomas sentì su di sé gli occhi accusatori della figlia. "Mi credi capace di una rappresaglia?"

"Sì."

"Ho solo provato a mordergli il naso. Due volte." "Ancora non sapevo come sarebbe finita tra di noi altrimenti mi sarei impegnato."

"La nonna non c'era più ma sareste potuti comunque restare amici."

"La zia zitella non mi vedeva di buon occhio. Voleva che suo nipote frequentasse i cugini, sebbene papà avrebbe giocato più volentieri con me perché avevamo la stessa età." "George ha trascorso l'infanzia ad ascoltare ragazzini e adulti che mi prendevano in giro, e a forza di sentire abbaiare i cani ha iniziato ad imitarli. Allo scoccare dell'adolescenza per noi non c'era già più niente da fare."

"Non dirmi le cose brutte, raccontami degli animali sul soffitto."

"Quando arrivavo da loro la prima cosa che mi chiedeva era se avessi portato la tartaruga. La sera la mettevo sul comodino tra i nostri letti, spegnevamo la luce e guardavamo le ombre proiettate sul muro della camera." "Qualche anno dopo lui e i suoi cugini mi fecero un dispetto così presi la tartaruga e la feci a pezzi sotto ai suoi occhi. Mi guardò come se gli avessi strappato il cuore e mi sentii un verme, provai ad aggiustarla con il nastro adesivo ma non funzionava più."

"Le vostre storie finiscono sempre male", constatò Alex desolata. "Potresti imparare a volergli bene."

"Io voglio bene a tuo padre, anche se mi sta usando solo per sfidare la sua famiglia. Purtroppo però con il signor Shepherd non riesco proprio a legare." "Tu non hai mai conosciuto il signor Shepherd, è un pallone gonfiato che soffre di manie di grandezza e che tratta l'umanità come fosse spazzatura. Se ci incrociamo per la strada ed è insieme a dei colleghi fa finta di non conoscermi, e dopo aver girato l'angolo mi chiama per scusarsi perchè non mi ha visto."

"Se ti chiama significa che ti ha visto."

"Il problema è che non ha alternative, se mi salutasse dovrebbe spiegare chi sono." Thomas sganciò la cintura di sicurezza e si affacciò tra i sedili anteriori. "Ehi, Jordan. L'acceleratore è il pedale che trovi sulla destra."

"Il signor Shepherd mi ha ordinato di lasciarmi sorpassare dai bradipi quando lei è a bordo."

"Il tuo capo ti ha detto chi siamo?"

"Due persone alle quali tiene molto." "Se non riallaccerà subito la cintura di sicurezza dovrò fermarmi."

Thomas tornò a sedersi e guardò la figlia. "Non lo sa."

"Non ha detto che non lo sa, ha detto che papà ci vuole bene e parlava al plurale." "Ha chiesto al signore di correre piano e ti ha messo un cuscino dietro la schiena. Questo è amore."

"O paura che la mia spalla si blocchi." L'auto accostò davanti a casa e Thomas si sporse di nuovo verso l'autista. "Hai un limite di velocità da rispettare anche quando il cane è a bordo?"

"Preferirei non esprimermi a riguardo."

Il sorriso imbarazzato di Jordan riflesso nello specchietto retrovisore, si schierò per il sì.

(fine capitolo 5)

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