Capitolo 2.7: La ragazza del caffè

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Un ragazzo vestito di bianco raggiunse il loro tavolo.

"Eccolo", esclamò Martha.

"Signora Shepherd", la salutò lo chef chinandosi per baciarle la mano.

"Ti prego, Dario. Chiamami Martha." "Ti presento mio marito George e questo è l'ospite di cui ti avevo parlato, Thomas Getty. Sarà lui a giudicare la tua cucina."

Dario sorrise e nel stringere la mano al suo giudice, arrossì fino alla punta dei capelli.

"Dario è originario della Sicilia ma gestiva un ristorante nel centro di Milano", spiegò Martha.

"Hai lasciato la nebbia per il vento", commentò Thomas.

Le guance del cuoco si infiammarono. "Tu di dove sei?"

"Ho vissuto tra la Toscana e la laguna veneziana per quindici anni, però il mio cuore ha la forma di una gondola."

"Avreste potuto incontrarvi", osservò Martha. "Tra Venezia e la Sicilia la distanza è breve."

"Mille chilometri non sono una distanza breve", la informò il marito prima di rivolgersi allo chef. "Sono sicuro che la storia della sua infanzia tra i carretti e le arance mi emozionerebbe fino alle lacrime ma c'è qualche speranza che lei torni a fare il lavoro per il quale dovremo pagarla? La bambina va a letto presto."

Dario si congedò salutando Martha e sorridendo di nuovo a Thomas.

Un sommelier si avvicinò al tavolo con una bottiglia di vino che stappò con un gesto teatrale.

"Ha scelto un'annata superlativa", si complimentò con George versandogli nel calice un centimetro di un corposo nettare bordeaux.

"Lo so", gli rispose lui facendo ruotare il bicchiere che annusò con perizia. "Puzza di calzino vecchio."

L'uomo si scusò, raccolse la bottiglia e se ne andò. Poco dopo anche George si allontanò per telefonare, aveva già iniziato a farlo al tavolo ma il maître gli aveva indicato un cartello affisso al muro che vietava l'uso di cellulari in sala.

L'assenza del marito permise a Martha di parlare al suo ospite in totale libertà.

"Quando io e George ci siamo sposati tuo padre ci regalò un viaggio in Italia per farsi perdonare per non aver potuto presenziare al nostro matrimonio." "Siamo stati a Roma, Firenze, Milano e una settimana a Napoli perché sua madre era originaria di quella città e lui le era molto affezionato. Tu da quanti anni non vedi l'Italia?"

"Undici."

"Come sei arrivato fin quaggiù?"

"Io sono nato a Chicago." "I miei genitori divorziarono quando avevo tre anni e mia madre mi portò con sé in Italia. Mio padre ebbe da ridire così giunsero ad un compromesso che prevedeva che trascorressi l'inverno con lei e l'estate con lui." "Mi sono stabilito definitivamente a vent'anni."

"Per via del lavoro?"

"Perché mi sono innamorato."

Thomas sganciò quella bomba nel silenzio generale, sembrava che persino gli altri tavoli avessero cessato di produrre suoni.

Martha drizzò ancor di più le orecchie e anche Alex, che come la zia era venuta a conoscenza di quella storia solo quella sera, fissò il padre stupita. Lui le mandò un bacio con le labbra.

"Quanto è durata tra di voi?" gli domandò Martha.

"Tre anni".

"Tre anni per un uomo sono una storia importante".

"E' stata il primo grande amore della mia vita."

"Quanti altri grandi amori hai avuto?"

"Uno solo. Mia figlia."

Martha faticò a nascondere la sorpresa. "La pensi ancora?"

"E' suo ogni secondo che non dedico ad Alex."

(segue)

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