Capitolo 3

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Canzone per il capitolo: IDGAF - Dua Lipa.

You talk all that sweet talk, but I ain't comin' back
Cut you off
I don't need your love

SOPHIA'S POV.

«Allooora...» Larry si sta fissando le scarpe mentre pronuncia quella parola, leggermente allungata, come fosse un sussurro ed allo stesso tempo incapace di sussurrare sul serio.

Lo fisso per qualche secondo incerta sul se dargli corda o meno, ma poi decido di ignoralo e continuare a camminare per raggiungere l'aula della prossima lezione. So già dove andrà a parare ed io non avrei assolutamente idea di come affrontare il discorso ed introdurre la richiesta assurda di colui, che fino a poco prima lo aveva maltrattato, ha appena proposto.

Ma dovrei conoscere Larry e sapere che non mollerebbe la presa così facilmente. «Che voleva?», infatti continua, dopo qualche minuto di pausa.

Alzo gli occhi al cielo, rassegnata, e mi blocco all'istante per voltarmi e guardarlo dritto in faccia. «Niente che valga la pena raccontare», mi limito a dire, facendo spallucce.

«Come no! Era Harry Styles quello o sbaglio?», si intromette Leen, retorica, fino ad ora rimasta in silenzio. A volte è così taciturna che mi dimentico perfino della sua presenza.

Non ho voglia di parlare di questo e so che una parte di me tenta di nascondere quella breve conversazione solo perché il riccio prepotente mi ha intimato di farlo; "acqua in bocca", le parole del ragazzo, risuonavano forti e chiare nella mia mente. Alzo gli occhi al cielo, per l'ennesima volta in pochi minuti, al pensiero d'essermi lasciata impartire quell'ordine da uno che poco prima avevo avuto il coraggio di schiaffeggiare.

«Ti pregooo!» Larry ha una faccia da cucciolo, gli occhi sognanti e l'espressione leggermente triste come se volesse intenerirmi. Sa che non resisterò a lungo, basta che sporga ancora le labbra in quel modo e mi avrà convinta a sputare il rospo.

«Possiamo parlarne più tardi?» tento allora, imitando con scarso risultato l'espressione del mio amico. «Odio arrivare in ritardo», continuo, sperando che la mia tattica funzioni e distolga, almeno per qualche ora, l'attenzione dei due da quel discorso fin troppo complicato.

«Va bene», rispondono in coro, rassegnati; butto un sospiro di sollievo, rilassando il corpo che fino ad allora, non mi ero nemmeno accorta, fosse in tensione. Così, dopo qualche minuto di uno strano ed imbarazzante silenzio decido che è il momento di salutarli e dirigermi finalmente in aula, per la lezione di spagnolo.

***

Guardo l'orologio con una punta di nervosismo e so che nel profondo è per l' imminente incontro con l'insopportabile ragazzo riccioluto che tanto odio. Sbuffo, pensando che sono solo le 3:45 del pomeriggio e che mi tocca aspettare ancora un po' per alleviare il peso al petto che mi perseguita ormai da qualche ora. Sempre che non arrivi in ritardo! Penso, buttando un'occhiataccia alla lancetta dell'orologio che segna il passaggio di un solo minuto, quando a me, invece, sembra che sia passata un'eternità.

D'improvviso vengo colta di sorpresa dalla vibrazione del mio cellulare e mi maledico mentalmente per non averlo impostato sul silenzioso, cosí come faccio di solito. Lo tiro fuori dalla tasca posteriore dei jeans per poterlo spegnere, ma riconosco il numero della scuola di mio fratello. Perché mi chiamano? Che sia successo qualcosa ad Henry? L'ansia di poco prima viene sostituita da una nuova preoccupazione e senza pensare alle conseguenze e all'eventuale punizione che sicuramente otterrò, scatto in piedi raccogliendo velocemente la mia roba e correndo via per poter rispondere.

«Signorina Martin, ma dove...», sono le uniche parole che riesco a sentire. Al diavolo professor Wilson!

Ormai sono in corridoio e, con le mani tremanti ed in preda al panico, armeggio col cellulare per poter rispondere. «Pronto?»

We've got a DEAL // H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora