Capitolo 43

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Canzone per il capitolo: È una storia sai - La Bella e la Bestia.

È una realtà
Che spaventa un po'
Una poesia
Piena di perché
E di verità.

SOPHIA'S POV.

Passare la notte in un letto d'ospedale non può di certo definirsi un'esperienza unica ed indimenticabile, la stanza asettica d'un bianco quasi accecante non è di certo paragonabile ad una lussuosa suite a cinque stelle

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Passare la notte in un letto d'ospedale non può di certo definirsi un'esperienza unica ed indimenticabile, la stanza asettica d'un bianco quasi accecante non è di certo paragonabile ad una lussuosa suite a cinque stelle. D'altronde però, l'infermiera che si è preoccupata di portarmi da mangiare o cambiare regolarmente la fiala attaccata alla flebo era una simpatica donna sulla cinquantina tutta paffuta e sorridente.
"Dovresti mangiare di più, sei così sciupata!" Deve averlo ripetuto, almeno, cinque volte mentre si affrettava ad illustrarmi le specialità, si fa per dire, proposte dalla mensa dell'ospedale. Ma il meglio di se l'aveva tirato fuori non appena aveva dovuto costringere Harry ad abbandonare la stanza: oltre a richiamarlo più volte, aveva iniziato a trascinarlo tirandolo per il colletto della sua maglia, anche se non realmente arrabbiata. Credo gli sia stato simpatico, non solo per il sorriso gentile che le piegava le labbra nonostante lo stesse cacciando via, ma anche perché una volta rimaste sole non aveva perso tempo nell'affermare un qualcosa di cui, neanche io, potevo essere sicura al cento per cento. "Dio mio... quel giovanotto deve amarla davvero tanto, signorina. Se non mi fosse costato il posto di lavoro lo avrei lasciato incollato a lei, ben volentieri! Siete così carini... ed innamorati!" Trillava tutta entusiasta, "Ah! Mi è quasi sembrato di rivivere l'età del mio primo amore!" Vomitevole, avrebbe detto Larry a quel punto, se fosse stato presente. Romantico, avrebbe invece ribattuto Adeline. Vero? Continuo invece a chiedermi io, anche adesso che il letto su cui sono sdraiata è quello della mia stanza e non più quello dell'ospedale.

Io lo so, adesso, che Harry lo amo. Che il sentimento nei suoi confronti non può che essere definito che con questo nome: amore, perché è troppo forte e non mi lascia andare neanche volendo. È come se quando non ci fosse, mi mancasse l'aria, come se il solo saperlo mio mi facesse scoppiare il cuore di gioia, come se la paura che ho di non poterlo più amare mi spezzasse in due al solo pensiero. Ed in effetti io sarei rotta se lui no ci fosse, adesso che ho avuto la possibilità di conoscere cosa vuol dire averlo, amarlo...

Ma lui? Questa domanda mi affolla i pensieri e riempie il mio sonno di incubi da un po' ormai. Vorrei tanto aver la certezza che per lui sia lo stesso, che io lo stia aggiustando come lui ha fatto con me. Perché magari lui mi ama, come io amo lui... ma non ne sono sicura, non del tutto almeno. E non perché non lo ha detto, non l'ho fatto neanch'io, nessun ti amo ha lasciato le mie labbra nemmeno quando sembrava indispensabile lasciar andare quelle due minuscole paroline per poter tornare a respirare. Mi sono trattenuta a causa dell'infinitá di paure che mi attanagliano la vita, da troppi anni ormai; ma lui invece, probabilmente non lo fa perché non è quello che sente.

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