Capitolo 17

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SOPHIA'S POV.

Ripensando alla notte appena trascorsa, le sensazioni che mi invadono il corpo sono molte. Non so per quale motivo abbia ceduto, raccontando ad Harry di mia madre, spogliandomi di un peso che, solitamente, trattengo a fatica sulle spalle, come se, in qualche modo, rimanere chiusa nella mia bolla possa tenermi al sicuro. Al sicuro dalle persone che, troppo spesso, hanno deciso di voltarmi le spalle; prima fra tutti la donna che mi ha messo al mondo.

Eppure, per un attimo, Harry è stato in grado di tirarmi fuori da tutto il casino che mi porto dentro, ascoltando con attenzione ogni mia singola parola e trovando il modo di confortarmi con quelli che sono stati piccoli gesti attenti, probabilmente per lui futili, ma che per me hanno significato molto: la sua vicinanza, il modo in cui mi stretto al suo corpo caldo, nonostante fossimo all'aperto, le sue braccia sulla mia schiena, il fatto che si sia preso cura di me, quando mi ha riportato in camera. Non avrei mai creduto che fosse possibile stare così bene con lui, con quell'ammasso di ricci, fossette e irritanti sorrisi  che hanno il potere di mandare in tilt il mio sistema nervoso e, non solo, anche il mio cervello.

Vogliamo parlare di come i battiti del tuo cuore siano notevolmente accelerati in modo poco naturale, quando l'idiota si è presentato in mutande? O quando stava per baciarti? Di nuovo...

Lo ammetto, stavo per cedere, e probabilmente lo avrei fatto, annullando la distanza tra le nostre labbra e rivivendo per la seconda volta ciò che non ricordo, ma qualcosa mi ha bloccato, salvandomi in calcio d'angolo, evitando di aggiungere alla lista delle cose di cui pentirsi un nuovo cedimento ai modi di fare di Harry. Un pensiero fisso, petulante, rimane costante nella mia mente ed anche se il riccio è seriamente riuscito a sorprendermi ultimamente, risultando una persona ai limiti del piacevole e quasi simpatica, oltre che un buon ascoltatore per i miei deliri notturni, il nostro accordo, la nostra stretta di mano e quell' Affare fatto, fanno in modo che la parte razionale di me prevalga su quella che vorrebbe darsi alla pazza gioia e saltargli addosso non appena apre bocca o il suo sguardo mi sfiora, anche solo, di sfuggita. In fondo nessuno può cambiare così tanto in, così, poco tempo, no? Nessuno può cambiare e basta! E, senza dubbio, lui è bravo a recitare la sua parte.

Mi rigiro tra le coperte, stando attenta a non svegliare mio fratello che dorme in un piccolo angolo del materasso, avvinghiato al cuscino e con la bocca aperta. Osservo l'orologio sulla parete opposta, illuminato da un lieve filo di luce che riesce a farsi largo tra le tapparelle della persiana ancora chiusa, accorgendomi solo dopo aver strizzato, per bene, gli occhi di quanto sia tardi. Che cavolo, non sono mai arrivata in ritardo!

Scatto seduta, stirando i muscoli ancora intorpiditi dal sonno in modo esagerato e sbuffando sonoramente prima di azionare il cervello e darmi una mossa. Come faccio ogni mattina, conto fino a dieci prima di attivarmi e scattare verso il bagno, sistemandomi, per poi correre  verso la scuola. Otto... Nove...

"Dieci" la voce impastata dal sonno di Adeline è un completo sussurro, e per un attimo ho creduto che me la fossi immaginata, ma voltando lo sguardo verso il letto di fronte al mio e vedendola diretta a guardarmi, ancora sdraiata su un fianco, con la testa poggiata sulla mano, mi rendo conto che ha parlato sul serio. La guardo incuriosita, con la faccia da tonta che mi ritrovo di prima mattina.

"Come hai..." lei sorride.

"Conti sempre fino a dieci, dopo lo sbuffo mattutino" blatera, richiudendosi tra le coperte, portandole fin sopra la testa.

"Lo sbuffo mattutino?" aggrotto le sopracciglia, guardando la figura raggomitolata dentro al piumone, come se fosse un qualche elemento soprannaturale di dubbia provenienza.

"Quel piccolo getto d'aria che proviene dalla tua bocca ogni mattina, appena ti svegli, quando sei nervosa o quando dormi male... O poco" spiega sospirando, spostando bruscamente le coperte dal viso.

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