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AMANDA

Seguo il mio ragazzo senza emettere un suono, con lo sguardo basso e senza fare tanto caso a dove effettivamente stia andando.
Capisco che stiamo andando in una zona riparata e leggermente distante da dove sono gli altri, per il semplice fatto che dobbiamo parlare, o meglio, che io devo finalmente parlare e che quindi necessitiamo di silenzio e quanta più tranquillità possibile.
Una volta trovata una vasca libera, ci togliamo gli accappatoi e le ciabatte, per poi riporli negli spazi appositi ed entrare finalmente in acqua.

Per i primi secondi mi concentro semplicemente sulla sensazione fantastica che provo grazie al contrasto causato dall'aria fredda con l'acqua bollente, ma quando poi mi volto, finendo con lo sguardo proprio contro quello di Nash, capisco che ormai non posso più rimandare.
Devo togliermi questo peso, anche se non ho la più pallida idea di dove iniziare.
Vigliacca come sono, mi prendo ancora qualche secondo per contemplare la bellissima figura del mio ragazzo, appoggiato contro il muretto della vasca, abilmente decorato da mosaici colorati e molto particolari, ma non per questo meno belli di quelli tradizionali.
In questo momento ha buona parte del corpo immersa in acqua e già ciò basterebbe a mandarmi in adorazione completa, perché nonostante non sia un fanatico dello sport come altri del gruppo, ha un fisico asciutto e ben scolpito.

Ma la parte che mi frega ogni vendetta volta non sono i suoi addominali, ma i suoi occhi. Sono gli occhi della quale mi sono innamorata la prima volta che l'ho visto, ma che poi mi hanno dato il colpo di grazia una volta che ho imparato a conoscerlo meglio.
Occhi così azzurri non li avevo mai visti prima di allora e ancora adesso, dopo così tanti mesi passati insieme, costituiscono ancora uno spettacolo magico ogni volta che lui posa il suo sguardo su di me.
Come adesso, che mi sta guardando immobile e senza fiatare.
Lo conosco e so che sta morendo dalla voglia di riempirmi di domande, domande più che lecite, ma che invece non mi sta ancora facendo per il semplice fatto che vuole lasciarmi i miei tempi.
Ma anche perché l'ho ferito e di questo mi sento estremamente in colpa.

Faccio un paio di respiri profondi, tentando così di calmarmi e al contempo di smettere di tremare.

<< Nash, so che ti devo delle spiegazioni e che in parte, non so ancora quanto ma presumo a sufficienza, tu sia ferito dal mio silenzio e da alcuni miei comportamenti. Sono stata acida, molto peggio di mia sorella, distante e strana e di questo me ne dispiaccio più di quanto io sia in grado di spiegare. Sai bene che tra i due, sei tu quello più bravo con le parole, per cui ti chiedo solo di avere ancora un pochino di pazienza e di ascoltarmi dall'inizio alla fine. Una volta che avrò finito, potrai dirmi tutto ciò che pensi, che senti e che provi. Va bene?>>.

Lui si limita a fissarmi per qualche secondo, per poi annuire vigorosamente.

<< Grazie. Allora... Non c'è un modo semplice per iniziare questo discorso, perché in realtà il mio umore e di conseguenza relativo comportamento, hanno origine molto prima di questa vacanza, anche se le uscite "peggiori" le ho avute da quando siamo qui. Non so bene quando ho iniziato a sentirmi strana, se subito dopo la partenza di mia sorella e l'inizio dei vostri nuovi progetti, oppure dopo qualche tempo. So solo che a un certo punto, forse dopo qualche mese, vedendo che tutti voi, tutte le persone che io reputo le più importanti della mia vita, avevate trovato la vostra strada, facendo cose che vi appassionavano, ho iniziato a sentirmi strana. Non fraintendermi, ero e sono ancora adesso estremamente fiera e felice per voi, ma allo stesso tempo mi sentivo triste, come se al contrario di voi, fossi rimasta indietro. Ho iniziato a pensare a che cosa mi sarebbe piaciuto fare una volta finito il liceo, qualcosa che mi appassionasse tanto quanto voi apparivate ogni volta che vi vedevo. E non riuscivo mai a trovare una risposta piena, che mi convincesse pienamente. Non so come descrivere quella sensazione amore, so solo che mi sentivo come se lentamente, giorno dopo giorno, si creasse un buco sempre più profondo dentro di me, che in un certo senso mi risucchiava la mia solita vitalità e voglia di fare. Un pomeriggio, mentre mi trovavo a scuola, ho finito per assistere a una delle prove per la recita della scuola e per una serie di coincidenze strane, la protagonista dello spettacolo ha dato forfait. E indovina? Ho preso coraggio e mi sono proposta come sostituta fino a che non avessero trovato un'altra ragazza definitiva. Ma non è successo, perché hanno scelto me. E giorno dopo giorno, ho iniziato ad appassionarmi sempre di più a quello che era sempre stato un passatempo, ma niente di più. Non pensavo di avere talento, né tanto meno di essere apprezzata davvero da così tante persone. Recitare mi aiuta a esprimere tante parti di me che non sapevo di avere e mi regala dei brividi che non sapevo neanche di poter provare. Un po' come quando sto con te, solo che li provo quando sto sul palco. E fin qui ti chiederai quale sia il mistero, dato che a parte il fatto del periodo no, sapevi tutto. Il punto è... Che qualche settimana prima che la scuola chiudesse per le vacanze di Natale, la mia professoressa di teatro mi ha chiamato da parte e mi ha dato una lettera. Una lettera molto importante, perché sulla parte davanti recava la scritta della Juliard. Quella di New York. Io all'inizio non avevo capito e avevo pensato subito a un errore, ma quando poi aveva aperto bocca e aveva iniziato a spiegare, avevo capito che di un errore proprio non si trattava. Lei aveva proposto il mio nome a uno dei suoi contatti in quella scuola per un provino, ottenendo una risposta affermativa. Senza che io ne fossi minimamente a conoscenza, quel signore era venuto a vedermi allo spettacolo di Natale, finendo per apprezzarmi parecchio e dando quindi parere positivo per la prima fase dell'ammissione. Quello che sto cercando di dire, e' che al saggio finale, verrà anche un altro osservatore della JULIARD per la sezione della recitazione e se piacerò anche a lui, sarò dentro. Mi prenderanno e io andrò a studiare li, potendo coronare il mio sogno di diventare attrice. Il problema è che se così fosse, io me ne dovrei andare da Los Angeles e da te. È per questo che sono stata strana negli ultimi tempi, perché dopo quello che è successo tra mia sorella e Cameron, avevo una paura fottuta di dirti che cosa mi stava succedendo. Non volevo e non voglio assolutamente perderti, perché ti amo come mai pensavo fosse possibile, ma avevo un terrore allucinante, perché non sapevo come trovare le parole giuste. Non che ne esistano in questo casi.>>

All I want is you ( SEQUEL DI I HATE YOU, CAMERON DALLAS) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora