Capitolo 6

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Le settimane passarono in fretta e gli ultimi giorni caldi di settembre lasciarono via via spazio alle fresche giornate d'autunno. Con l'aumentare del gelo aumentarono anche le visite dei Donovan a casa nostra , che diventò una sorta di quartiere generale dove progettare gli affari e le missioni illegali.
Mio fratello, che nel frattempo aveva fatto di tutto per fare pace con me, riuscì infine a farmi accettare le sue scuse e i suoi progetti che,come aveva sottolineato lui, non potevano escludere i Donovan. Mi aveva spiegato dettagliatamente in cosa consisteva il suo incarico, ma poiché aveva usato un linguaggio tecnico troppo complesso per il mio comprendonio, capii solo alcune delle cose che mi disse: ad esempio,  lui doveva rintracciare e registrare le diverse transazioni effettuate; gli spettava la gestione di un Device a tecnologia avanzata che gli permetteva di rintracciare la posizione della polizia in relazione a quella dei furgoni che trasportavano merci, in modo da organizzare il loro tragitto senza mai farlo mai coincidere con pattuglie. A Rick invece era affidata la gestione degli affari tramite la deep web, una sorta di bazar dell'illegale che garantiva l'anonimato a chiunque volesse buttarsi nel mondo del contrabbando di armi, sostanze stupefacenti o prostitute.

Il fatto che conoscevo meglio quello che Tom faceva non significa che ora magicamente approvavo le sue scelte. E di certo non volevo sapere più del dovuto. Infatti, facemmo un accordo secondo il quale gli affari si facevano quando c'erano solo loro quattro in casa: quando io e Jamie eravamo nei paraggi, dovevano andare altrove.

Per quanto riguarda i Belov , Dom mantenne la parola e permise a Dylan di lasciare Chicago con la sua famiglia. I Belov non esitarono a fare le valige e ad andarsene una volta per tutte in Florida, dove li avrebbero ospitati provvisoriamente dei lontani parenti di Katie. Nonostante fossi incredibilmente affezionata a quella famiglia non potei che essere felice per loro : dopo anni e anni di sofferenza erano finalmente riusciti a liberarsi di Chicago. Malgrado ciò, ahimè, l'addio fra me e Katie fu un lungo rito di pianto accompagnato da dichiarazioni d'affetto mai fatte prima. Non avevo mai pensato che un giorno la mia migliore amica, la mia sorella maggiore si sarebbe allontanata da me. Fino a quando ne avevo memoria, lei c'era sempre stata per me. La sua famiglia era la mia; la mia era la sua. Dirle addio fu una delle cose più difficili che dovetti fare in vita mia. Sapevo che una volta andata, il legame non sarebbe mai più stato lo stesso fra di noi. E, in effetti, così fu. Inizialmente ci telefonavamo tutti i giorni, ma a causa di incombenze e impegni di vario tipo sia da parte mia sia da parte sua, le chiamate si diradarono. Man mano che gli anni andavano avanti, iniziammo a chiamarci solo durante le feste; in quelle occasione allora cercavamo di riassumere in quaranta minuti alla cornetta eventi che ricoprivano mesi...stagioni. Ma non perdemmo mai contatto del tutto. Anche se passava più tempo, troppo tempo, prima o poi tornavamo sempre l'una dall'altra.

La casa dei Belov rimase vuota dopo il loro trasferimento. Passarono settimane e il proprietario, un uomo grezzo e avido, ancora non era passato ad appendere il cartellone per rimetterla in affitto. Trovai curiosa la faccenda. Pensai che, forse, per qualche motivo aveva deciso di non affittarla più; o che , forse, aveva già trovato qualcuno a cui affittarla. Scoprii poco dopo che la casa era stata venduta. E il nuovo proprietario era Dominic Donovan. L'ira che mi invase quando venni a conoscenza della novità era indescrivibile. Come si era permesso di comprare la casa in cui avevano vissuto i miei amici che, per colpa sua, sì per colpa sua, se me erano dovuto andare? Era una presa in giro? Che cosa voleva dimostrare comprando la casa di fronte alla mia? Voleva dire che ci teneva d'occhio? Repressi la mia furia e non dissi mai niente a nessuno al riguardo. Non feci commenti e mi mantenni neutra durante la fase di trasloco di Dominic nella nuova casa. Mi fu più facile astenermi dal dar di matto quando scoprii che Cole sarebbe rimasto nella vecchia residenza e che nella casa di fronte ci avrebbe vissuto solo Dominic. Tanto è vero che, con il tempo, non solo mi abituai ad avere Dom come vicino di casa ma, man man che ci parlavo e che lo conoscevo meglio, lo presi persino in simpatia al punto da diventare sua amica.
Ricordo quel periodo come un attimo fuggente e confuso. C'era l'eccitazione di avere attorno un corteggiatore niente male con cui potevo ridere, scherzare e parlare di tutto. Fra me e Dom nacque un'amicizia che in breve tempo diventò forte e solida. Ma non ci furono mai fraintesi fra di noi: volevamo di più. Ce lo so leggeva negli occhi, nei gesti, nei modi di parlare e di flirtare l'uno con l'altra. Era solo questione di tempo prima che uno dei due facesse la prima mossa. Alla suspense sentimentale fece da sfondo la gelosia e la mania di controllo di mio fratello, che aveva iniziato a preoccuparsi dell'imminente scoppio di  scintilla fra di noi. Nonostante Tom reputasse Dominic  una buona persona, non fu in grado di ignorare i molteplici nemici che aveva: Tom era convinto che se qualcuno di loro avesse individuato "l'interesse" di Dom, come lo aveva definito lui, nei miei confronti, allora io sarei diventata automaticamente un bersaglio. E poiché mio fratello sapeva che finché si trattava solo di me non avrei reagito,  per convincermi della sua teoria la portò agli estremi includendo nel quadro anche mio figlio.  Riuscii dunque ad influenzarmi con la sua paranoia, spingendomi dunque a frenare sul nascere la mia relazione con Dominic.
Su così che iniziai ad allontanarmi da lui. Il tentativo si applicò in varie forme. Prima provai a far sì che fosse lui a voler stare alla larga da me, facendo di tutto per rendere la mia presenza sgradevole non solo a lui ma a tutti quanti. Brontolavo e sgridavo in continuazione i ragazzi, anche quando non ce n'era bisogno. Interrompevo la trasmissione delle partite di football per guardare dei programmi che neanche mi piacevano. E se loro si lamentavano usavo toni scortesi invitandoli ad andare da un'altra parte. Ma questo non trattenne Dom dall'avvicinarsi a me. Anzi, se mai gli diede un incentivo per ronzarmi attorno: interpretò il mio malumore come la manifestazione di stress e stanchezza, per questo si diede da fare per aiutarmi a rilassare.  Ad esempio, prese l'abitudine di venirmi a prendere dal lavoro la sera; di tanto in tanto si presentava con delle pizze o dei burritos per entrambi. Quando vidi che brontolare non funzionava, presi un approccio più diretto: diventai fredda nei suoi confronti, iniziai a rispondergli male e a ignorarlo maggior parte del tempo. Rifiutai i suoi passaggi in macchina, gli dissi che non avevamo niente in comune e che era meglio per entrambi stare lontani l'uno dall'altra. Ma Dominic non si arrese. Lui aveva la capacità di farsi perdonare sempre, anche quando si trattava di colpe che non aveva commesso. "Sei così dura con te stessa Layla," mi aveva detto. "Non devi vivere tutta la tua vita facendo sacrifici. Ti è permesso essere felice, sai?"
"Cosa ti fa pensare che non sia già felice?" Gli domandai, genuinamente incuriosita dall'assolutezza con cui aveva parlato. Allora lui alzò la mano al livello del mio viso e con indice e medio indico i miei occhi e mormorò , "non sono occhi felici questi." E mi guardò. Mi fissò come se la mia mente fosse un libro aperto che lui leggeva con la lente d'ingrandimento, senza risparmiarsi i dettagli.  E mi piacque la trasparenza con cui mi vedeva. Mi piacque il fatto che non vedeva solo Layla la mamma, ma anche Layla la ventiduenne che bramava ancora la passione giovanile e le farfalle nello stomaco. Tutte cose che mi furono strappate via troppo presto; esperienze che non avevo mai vissuto a pieno. Non gli risposi quella notte. Mi ritirai indietro e tornai a casa mia. Ma la mattina seguente non riuscii a perseverare nella sceneggiata. Misi da parte le paranoie mie e di Tommy e tornai a restringere i rapporti con Dom.
L'affetto che iniziai a provare per lui crebbe in modo sfrenato. Passavamo tutto il nostro tempo libero insieme o al telefono. Anche gli altri iniziarono a notare la nostra vicinanza: sorsero i primi commenti piccanti, maggior parte dei quali venivano da Rick, che indussero mio fratello a fare sempre più domande sulla natura del nostro rapporto.
Mi trovai dunque in ballo fra l'eccitante attesa che Dom facesse il primo passo e lo sfacciato tentativo  di garantire a Tom che fra me e il suo amico non ci sarebbe stato nulla.

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