Capitolo 10

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Accarezzai i capelli morbidi di Jamie, che aveva la testa appoggiata sulla mia spalla, mentre ascoltavo le barzellette e le storielle che gli uomini iniziarono a raccontarsi. Tom raccontò di quel Natale in cui papà mi aveva regalato la bambola che desideravo da una vita e che Tom mi aveva nascosto per scherzo , dimenticandosi in seguito del luogo in cui l'avesse messa. La bambola fu ritrovata un paio di mesi dopo dentro al frigorifero ed era talmente congelata da sembrare ghiaccio.
Mentre gli altri si misero a ridere , in me tornò vivo il ricordo delle braccia del mio caro papà attorno alla me di sei anni, mentre mi prometteva di ricomprarmi una nuova bambola al più presto possibile.
Sorrisi rammentando mio padre, un uomo onesto, premuroso e pieno d'affetto.
Nonostante avesse perso la moglie durante la mia nascita papà non aveva mai esitato ad amarmi e fece sempre del suo meglio per il benessere mio e di Tom.
Sebbene avessi sempre desiderato conoscere mia madre, ero comunque nata abituata  all'idea della sua assenza, per cui non dovetti mai affrontare direttamente la sua morte.
Perdere il mio papà invece fu una tragedia devastante.
Avevo appena quindici anni quando venni a conoscenza del suo tumore e non ebbi che un anno scarso in più da spendere con lui prima della fine dei suoi giorni.  Dopo la sua morte, io-che ero ancora minorenne- fui data in affidamento all'unica parente rimasta, ovvero la sorella della mamma. Tuttavia questa-che aveva seri problemi di alcolismo- rimase con noi per i primi mesi, poi se ne andò lasciandoci soli. Fu quello il periodo in cui Tom aveva iniziato ad applicare le sue abilità tecnologiche per collaborare prima con i piccoli gangster del quartiere poi, grazie alla diffusione della sua reputazione da genio del computer,  con le grandi gangs di Chicago.
Quello era stato anche il periodo in cui avevo conosciuto Jessie, il ragazzo misterioso che aveva iniziato a frequentare l'Elisir-nel quale al tempo lavoravo solo ai weekend- e che in un sabato sera come tutti gli altri aveva deciso di rivolgermi una parola diversa dal suo solito"un Jack Daniels".
Ancora prima della  nostra prima vera conversazione, l'adolescente in me si era presa una cotta a prima vista per il ragazzo biondo dagli occhi verdi e il fisico da urlo che veniva al locale con i suoi amici il venerdì e/o il sabato sera e che però alla fine se ne stava sempre per conto suo, ignorando persino le ragazze che si interessavano a lui. Notando il suo disinteresse verso le altre, fui spinta a credere che fosse già impegnato, il che mi frenò dal prendere l'iniziativa di parlargli. Dall'altro lato ,però, l'idea che fosse intoccabile mi attraeva a lui ancora di più: diventai così cotta di lui che ormai non vedevo più l'ora che fosse il weekend solo per poterlo vedere, e per far sì che lui potesse vedere le gonne corte, le canottiere scollate e il trucco con i quali speravo di attirare la sua attenzione.
Non avrei mai pensato che  un paio di  mesi dopo quelle gonne e quelle scollature mi sarebbero state proibite da quello stesso ragazzo, la cui gelosia sfrenata aveva sempre fatto da sfondo alla nostra relazione.
Al tempo però la sua gelosia non mi dispiaceva. Anzi ,invece di farmi sentire soffocata come avrebbe fatto durante la mia età adulta, mi faceva sentire desiderata e amata. Quella sedicenne che ero continuava a concepire l'estremismo di Jessie come qualcosa di romantico, senza mai chiedersi se forse il suo "romanticismo" a volte non si spingesse troppo in là.
All'aumentare della sua fiducia in me diminuiva la sua gelosia per gli altri. Con la mia gravidanza in seguito smise di interessarsi dei maschi che mi rivolgevano parola: a quel punto ormai nessuno avrebbe potuto sottrarmi a lui.
Come se io avessi mai potuto anche solo pensare a qualcun altro quando avevo già lui.
Come se il mio cuore avesse mai potuto battere per un altro....

"Layla, guarda...Jamie si è addormentato," la voce sussurrante di Dom interruppe i miei pensieri. Scossi la testa e tirai su col naso, accorgendomi solo allora di piangere. Fortunatamente, le risate dei ragazzi soffocarono il rumore dei miei deboli singhiozzi.

L'unica persona che si era accorta dei miei gemiti di sofferenza era l'unica che avrei voluto evitare: il dannato Cole, che continuava a fissarmi con la solita espressione impassibile.
Imbarazzata, mi alzai dalla sedie con la testa china sul collo di Jamie, in modo che nessun'altro potesse testimoniare il momento di debolezza.
Portai Jamie in camera e lo appoggiai sul letto. Abbassai la tapparella e la stanza si rabbuiò improvvisamente, solo un filtro di luce sbucava dalla finestra e si rifletteva sui capelli dorati di Jamie. Mi sedetti accanto a lui e sospirai asciugandomi le lacrime. Un sorriso triste incurvò le mie labbra mentre osservavo la sagoma di mio figlio.

Oh Jessie...se solo vedessi quanto ti assomiglia...se solo sapessi il tormento in cui vivo nel vederti in lui ogni giorno...

Altre lacrime incontrollate scesero e fui costretta ad allontanarmi da Jamie per non svegliarlo.
Strinsi i pugni lungo i fianchi sentendomi più impotente che mai. Non sapevo nemmeno la ragione di quella improvvisa agonia: era stato il ricordo del mio dolce papà, strappatomi troppo presto? Era la mancanza di Jessie? O forse era l'idea di non poter dare a Jamie l'unico regalo che aveva da sempre desiderato: un papà... ?

L'improvviso rumore della maniglia della porta mi costrinse ad asciugarmi velocemente il viso con le mani, anche se ci avrebbe pensato il buio a nascondere le mie lacrime.
Quando riconobbi la sagoma robusta di Dominic farsi avanti verso di me, mi gettai al suo petto allacciando le braccia al collo per dare inizio al mio sfogo.
Sussultò rimanendo rigido per un istante mentre piangevo con il viso affondato nel suo collo, ma infine strinse il mio corpo al suo in un abbraccio solido, bisognoso , quasi disperato. Insolito.

Presi un secondo tra un singhiozzo e l'altro per respirare e solo allora ebbi occasione di sentire a fondo la sua fragranza.
Capii finalmente che le braccia che mi stavano stringendo non erano quelle di Dom.

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