Capitolo 44

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"Signorina Bell, congratulazioni. Lei è alla sesta settimana di gravidanza."
Fissai sconvolta la cinquantenne dai corti capelli rossi che mi guardava con un ampio sorriso dietro agli occhiali rettangolari che penzolavano sulla punta del suo naso.
Potevo percepire il mondo crollarmi addosso mentre cercavo di capire se era un sogno o la realtà.
Mi coprii il viso con le mani e cercai profondi respiri, lottando per mantenere la calma.
"Non capisco..." Riuscii a blaterare. "Com'è possibile? Ho sempre preso la pillola in tempo..." Spiegai unendo le mani sotto al mento per controllare il tremore.
"Capisco..." Rispose la dottoressa prima di inserire il mio nome nel computer e leggere le informazioni sui miei dati sanitari. "Vedo che ha preso la stessa pillola anticoncezionale per diversi anni e non ha mai incontrato situazioni simili..." Commentò senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
"Sì. La prendo da molto tempo e ha sempre funzionato...." Confermai.
La dottoressa spostò gli occhi azzurri su di me, poi si tolse gli occhiali e gli appoggiò sulla cattedra prima di esaminare il mio volto a occhi nudi.
"Si ricorda se ha assunto dei farmaci in quel periodo? Come antibiotici o psicofarmaci?"
"Uhm...sì. Da marzo ho cominciato a prendere degli antidepressivi..."
"Si ricorda il nome dei farmaci che prende?"
"Sì...Sereupin, Xanax e Iperico..." La dottoressa sospirò e si passò nervosamente le mani fra i capelli.
"Signorina Bell. Mi dispiace informarla che i farmaci a base di Iperico costituiscono un forte ostacolo per il corretto funzionamento dei contraccettivi orali e presentano un alto rischio di gravidanza per il soggetto in questione...come è capitato a lei..."
Deglutii digerendo le sue parole come fossero un filo spinato.
Ero convinta che il mio secondogenito sarebbe arrivato al momento giusto e che, al contrario di Jamie, sarebbe stato accolto da una famiglia tradizionale e unita.
Provavo una pena immensa all'idea di aver tolto anche a lui questa possibilità.
"Capisco..." Mormorai alla fine, riuscendo a rimanere composta nonostante fossi sotto la minaccia di un altro attacco di panico.
"Signorina Bell, non mi sembra molto entusiasta dalla notizia...ma sono in dovere di informarla comunque che, nel caso decida di tenere il feto, dovrà rinunciare all'uso di farmaci contenenti Iperico....ed è preferibile se riduce al minimo le dosi di psicofarmaci che assume, in quanto potrebbero causare il rischio di malformazioni cardiache nel feto..."
Annuii abbassando lo sguardo sulle mani ora poggiate sulle gambe, ancora sconvolta dal risultato.
"Dottoressa..." Balbettai quando mi venne in mente un particolare. "Ha detto che sono alla sesta settimana di gravidanza...essendo all'oscuro di ciò ho continuato a prendere la pillola fino ad oggi...non succederà niente al bambino?" Chiesi genuinamente preoccupata e ormai completamente ignara di cosa fosse bene e cosa fosse male.
"No. Fortunatamente quello non presenta alcun pericolo per il bambino," rispose accennando ad un sorriso prima di rimettersi gli occhiali.
La ringraziai, poi mi alzai in piedi e le tesi la mano. Lei la strinse e il sorriso sulle sue labbra si allargò.
"Sarà una brava mamma anche questa volta signorina Bell. Sono sicura che se la caverà," mi rassicurò alzandosi in piedi per accompagnarmi alla porta.
La salutai e la ringraziai un'ultima volta prima di uscire, ma lei sfiorò il mio braccio e mi disse, "nel caso non lo sapesse, lei ha il diritto di sporgere denuncia contro il suo psichiatra per non averla informata sulle interazioni fra i due farmaci..."
Rimasi in silenzio per qualche secondo, vergognandomi di ammettere che in realtà mi era già passato per la testa di fare una cosa simile.
Avevo però scartato quell'opzione, perché sporgere denuncia avrebbe esplicitato il fatto che anche questa era una gravidanza indesiderata, e l'ultima cosa che volevo era lasciare la prova al bambino che la sua mamma era infelice di concepirlo.
Per cui scossi la testa e risposi, "non ce n'è bisogno. È destino, immagino..."
La dottoressa mi sorrise ancora, poi mi salutò.

Uscii dall'edificio e quasi risi nel vedere che fuori il tempo era cambiato.
Il sole che splendeva poco prima era scomparso dietro a grandi blocchi di nuvole grigie, che si susseguivano una dopo l'altra creando l'effetto di un cielo macabro.
Un forte tuono colpì all'improvviso e presto piccole gocce di pioggia cominciarono a cadere al suolo.
Mi affrettai a raggiungere la Volkswagen presa in prestito da mio fratello e mi rifugiai in essa prima che la pioggia colpisse più forte.
Poggiai le mani sul voltante e affondai il viso fra gli avambracci, scoppiando nell'atteso pianto che minacciava di arrivare dalla sera prima.
Piansi perché avevo l'impressione di aver perso tutto ciò che avevo costruito negli scorsi anni. Piansi perché ero tornata al punto di partenza, di nuovo innamorata di un uomo che non poteva dare a me o al mio bambino ciò di cui avevamo bisogno. Piansi perché la parte pessimista di me poteva già prevedere come sarebbero andate le cose. Piansi perché Cole mi avrebbe odiata. Piansi perché ero triste e delusa di ricevere una notizia che avrebbe dovuto portare gioia.
Piansi perché non ero pronta ad affrontare quest'avventura da sola e allo stesso tempo avrei preferito farlo da sola piuttosto che costringere Cole ad essere partecipe.
Infine, piansi perché una minuscola parte di me era emozionata dall'idea di avere una minuscola parte di Cole in me. E non avrei potuto fare a meno di amare incondizionatamente qualunque parte di lui.

La pioggia iniziò a cadere con furia sul tetto e contro il vetro dell'auto, accompagnata da forti lampi che precedettero tuoni assordanti.
Presi un ampio respiro e strinsi con forza il volante lasciando cadere la testa contro il sedile.
Avrei potuto tornare a casa e fingere che nulla fosse successo. Il mio ventre non si sarebbe ancora mostrato per qualche altra settimana; avevo il tempo di elaborare come e quando annunciare la mia gravidanza al mondo.
O almeno questa sarebbe stata la scelta giusta da prendere.
Al contrario, il lato impulsivo di me mi spinse a mettere in moto la macchina e iniziare a guidare verso la Walkrich Road.
* * *

La via era deserta come l'ultima volta che l'avevo visitata.
Due file parallele erano attraversate da ville immense erette in diversi stili, dimensioni e colori.
Parcheggiai davanti alla villa più grande, un edificio bianco e moderno che si reggeva su due piani e che torreggiava sulle altre case come un castello imperioso.
Scesi dall'auto prima di cambiare idea e corsi sotto al portico per sfuggire alla pioggia, bagnandomi comunque durante i cinque secondi di corsa. 
Suonai al campanello e sfregai le braccia con le mie mani per proteggermi dal freddo.
Aspettai per un paio di minuti e proprio quando pensai che la casa fosse vuota la porta venne aperta.
Dietro ad essa spuntò Cole a petto nudo, coperto solo da un paio di pantaloni da tuta grigi che abbracciavano il suo ventre mettendo in mostra la V scolpita.
Alzai gli occhi su di lui e non appena incontrai il suo sguardo freddo capii di aver commesso un grande errore nel presentarmi a casa sua senza informarlo.
"Uhm...ciao..."balbettai in imbarazzo, guardando alle spalle per contare i passi che mi separavano dalla Volkswagen.
Era troppo tardi per cambiare idea?
Cole rimase impietrito davanti a me, con una mano retta sulla porta socchiusa.
Mi inviterà ad entrare?
"Ho bisogno di parlarti...ma se non hai tempo posso-" fui brutalmente interrotta quando una voce femminile gridò da dentro, "Mi amor, ¿quién es?"
Raggelai sul posto e per un secondo credetti di essermi immaginata quella voce.
Quando però vidi la vergogna espandersi sul viso di Cole, capii che non era stata opera della mia fantasia.
Mandai giù il groppo in gola e scossi la testa con disapprovazione. Rimasi in piedi, incapace di muovermi o di parlare mentre il dolore penetrava il mio petto con violenza.
Cole aprì bocca e per un momento sperai ci fosse una spiegazione alternativa a quella che appariva evidente ad entrambi. Dopo però i suoi lineamenti tornarono duri e distaccati e ancora prima che parlasse compresi quel che sarebbe successo.
"Hanno sbagliato indirizzo. Arrivo,"  gridò in risposta alla ragazza pochi secondi prima di varcare la soglia della porta e socchiudere questa alle spalle.
"Te ne devi andare," affermò in tono deciso dandomi fuoco con un'occhiata gelida.
Un altro lampo colpì nel cielo, facendomi rabbrividire.
Esteriormente ero impietrita, ma dentro stavo morendo una lenta e  inesorabile morte.
Unii tutte le mie forze e invece di girare i tacchi ed andarmene feci un passo in avanti e lasciai uscire dalla mia bocca le uniche parole che sapevo l'avrebbero avvelenato, "vorrei fosse stato tuo fratello ad avermi salvata quella notte. Anzi, se potessi scegliere fra subire gli abusi di quel mostro o starti vicino non esiterei a scegliere la prima."
Cole mantenne la stessa espressione rigida, ma catturai la sfumature di dolore che balenò sui suoi occhi.
"Torna pure dalla tua puttana. Non ho più niente da dirti."
Lo fulminai con lo sguardo e mi voltai per andarmene. Fui però trattenuta dalla sua mano, che si posò sulla mia spalla e mi costrinse a voltarmi da lui.
"Ti sbagli. Adriana è la ragazza che amo. Sei stata tu la mia puttana, non ricordi?"
Prima di rendermene conto, mi scagliai su di lui e con tutta la forza che avevo gli tirai uno schiaffo. Lui però fu più svelto e bloccò il mio avambraccio e mi costrinse ad abbassare la mano.
"Ti ho già detto una volta di non giocare con il fuoco. Non ti sei bruciata abbastanza?" Sibilò fra i denti fissandomi come se volesse letteralmente darmi fuoco.
Mi liberai dalla sua stretta e indietreggiai. I miei occhi diventarono annebbiati dalle lacrime, ma il mio orgoglio mi impedì di dare sfogo alle mie emozioni di fronte a lui.
Così prima di dargli tale soddisfazione gli diedi le spalle e mi allontanai.
Tornai in auto fradicia e mi passai la mano sulla fronte per asciugarla dall'acqua. Misi in moto, ma prima di partire diedi un'ultima occhiata alla casa. Cole era ancora sotto il portico, ma la sua attenzione era ora rivolta alla ragazza che circondava la sua vita con il braccio.
Cole si chinò su di lei e la baciò.
Inserii la marcia e premetti sul gas, poi sparii da quella via maledetta.

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