Capitolo 19

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Cole

Era in piedi appoggiato alla colonna che separava l'ingresso della casa dal grande salone, in cui ormai non si era più seduto nessuno a parte lui da quando Dom si era trasferito.  Occasionalmente se ne stava lì sdraiato su uno dei due divani, preferibilmente quello al centro, a godersi il gusto della solitudine, a riflettere sulla monotonia della sua vita.

Cole era cambiato, avrebbero detto suo fratello che nel corso della loro vita aveva sempre cercato di salvarlo.
Cole però non era cambiato, perché dire che era cambiato implicherebbe l'esistenza di una fase iniziale in cui le sue emozioni e il suo essere erano diversi. Una fase che per lui non c'era mai stata.
Era sempre stato una persona complicata lui. Gli era sufficiente pensare alla normalità di suo fratello per rendersi conto della propria stranezza....
A quattro anni , Cole già invidiava a Dom la spontaneità con cui questo esprimeva il suo affetto per i genitori, o con cui faceva amicizia con gli altri bambini. Gli invidiava la facilità con cui comunicava alla madre o al padre le cose più banali, come il bisogno di sfamarsi, il desiderio di giocare fuori al parco o di avere un determinato giocattolo. Erano tutte cose che Cole non era in grado di fare.
Se avesse avuto fame, Cole avrebbe semplicemente atteso il pasto successivo; se avesse voluto andare al parco, dove si limitava sempre ad osservare il movimento ripetitivo dell'altalena su cui dondolava Dom,  , avrebbe aspettato che fosse quest'ultimo a chiederlo ; per quanto riguarda i giochi, avrebbe usato quelli che il fratello non voleva più.

Cole appoggiò la testa contro il duro marmo e un sospiro lieve uscì dal suo petto mentre ripensava al primo e unico litigio che aveva mai avuto con il fratello....

Aveva sei anni e Dom ne aveva otto. I due piccoli fratelli avevano appena terminato di fare i compiti con la madre e si erano rifugiati nella loro stanza per giocare.
Dom correva lungo il perimetro della camera facendo scorrere sulla parete le ruote della moto in miniatura che il padre gli aveva regalato per il suo ultimo compleanno. Ogni volta che scontrava un letto ci saltava sopra imitando il rumore del motore senza mai interrompere il percorso.
La sera precedente Dom aveva regalato a Cole due delle sue vecchie macchinine: una bianca e l'altra grigia. Cole non vedeva l'ora di inserire le nuove auto in sequenza con quelle che possedeva già, curioso di scoprire come sarebbero apparse tutte insieme.
Ora Cole sedeva tranquillo sul suo letto , con le gambe incrociate, il dorso leggermente piegato in avanti e le mani unite sotto al mento mentre osservava le dieci macchinine che giacevano sul letto sotto ai suoi occhi. Cole si ricordava a memoria l'ordine in cui aveva posto le macchinine vecchie: quella rossa apriva la fila ed era seguita rispettivamente dall'arancione, la gialla, la verde, quella verde più scura, la blu, la viola poi la nera, che chiudeva la fila. Decise di iniziare allineando i primi otto modellini secondo questa sequenza. Le pose orizzontalmente una accanto all'altra, poi riportò le mani sotto il mento osservando le altre due, l'una grigia e l'altra bianca, per capire dove avrebbe potuto inserirle. Notò che il grigio era una via di mezzo fra bianca e nero: un mezzo sorriso incurvò le sue labbra mentre aggiungeva accanto alla macchina nera quella grigia e accanto a questa quella bianca. Era incredibilmente soddisfatto del fatto che non avrebbe dovuto eseguire modifiche nella vecchia sequenza.

Il suo sguardo era perso nell'ordine dei colori quando improvvisamente venne interrotto dal fratello che urlò con entusiasmo,"Cole guarda! Puoi mettere la mia moto qui!" Senza chiedergli il permesso, Dom allungò la mano verso le sue macchine e staccò quella verde scura da quella blu per mettervi in mezzo la moto azzurra.
Cole guardò sbalordito l'ordine dei modellini di auto, la cui armonia era ora spezzata dalle dimensioni sproporzionate della moto. In mancanza di tale ordine, Cole si sentì mancare il fiato; alzò lo sguardo sul fratello e quando vide l'espressione soddisfatta del suo viso divenne rosso dalla rabbia: un urlo isterico uscì dalla sua bocca mentre le braccia si gettavano sul fratello , scaraventando entrambi i loro corpi a terra. Dom urlò dallo spavento e chiamò la madre mentre il fratello continuava a colpirlo ferocemente con le mani , continuando ad urlare a squarcia gola.
Sentirono il rumore di passi di corsa su per le scale e pochi secondi più tardi i loro genitori spalancarono la porta della stanza.
"Dominic!" Gridò la madre correndo istintivamente in soccorso del primogenito.
Afferrò il corpo di Cole e lo prese su di forza per staccarlo dall'altro. Il padre aiutò Dom a rimettersi in piedi e strinse le sue braccia attorno a lui mentre rivolgeva al più piccolo uno sguardo che non gli aveva mai rivolto: era uno sguardo pieno di orrore.
La madre, preoccupata per il figlio più piccolo, lo abbracciò e si mise a piangere supplicandolo di stare tranquillo. Cole, sentendo il pianto della madre, tornò al mondo reale e si accorse solo allora di ciò che aveva appena fatto.
Guardò il fratello, il padre poi la madre. Lo guardavano tutti come se fosse un mostro: i loro occhi lo intimidivano.
"Mamma.....io...." Cercò di spiegarsi voltandosi verso il letto per indicare le sue macchinine.
Scivolò via dalle braccia della madre e prese la sua mano per condurla verso il letto.
"La moto non può stare con le macchine...." farfugliò allontanando la moto dalle macchine prima di allungarla al fratello. Questo lo guardò confuso, poi lanciò uno sguardo al padre, che lo incoraggiò a prendere l'oggetto. Dom allora riprese la sua moto, poi tornò quasi di corsa a nascondersi vicino al padre.

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