Capitolo 35

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"Buongiorno Layla," mi salutò Mr.Hayden appena entrai nel suo ufficio.
"Buongiorno Mr. Hayden," risposi cordialmente rivolgendogli un timido sorriso mentre posavo il decaffeinato senza zucchero sulla sua scrivania. Aveva insistito affinché mi indirizzassi a lui per nome, ma era più forte di me.
"Grazie Layla, non dovevi..." I suoi premurosi occhi verdi mi fissavano con la solita intensità, come se fossero in grado di vedere quel che si nascondeva dietro ai miei. Le sue labbra erano incurvate in un sorriso altrettanto tenero e l'indice che batteva nervosamente sulla scrivania-un tic che avevo notato sin dal mio primo giorno di lavoro- mi invitava ad iniziare una conversazione.
"La riunione inizia alle dieci. Dovremmo partire fra due ore...ho già sistemato tutti i file e i documenti che ti serviranno per la presentazione..."
Annuì, poi cambiò posizione e rilassò la schiena contro il materiale di pelle della sedia. Accavallò una gamba sull'altra, poi riportò lo sguardo sul computer. Pensando che fosse giunto il momento di lasciarlo in pace, mi voltai per uscire dal suo ufficio. Dovetti però fermarmi quando mi chiamò.
"Sì?" Mi girai di nuovo verso di lui.
"Dopo la riunione non scappare, ti porto a pranzare al mio ristorante preferito di Chicago," m'informò con lo sguardo ancora fisso sullo schermo.
"Oh..." Fu l'unica cosa che riuscii a dire, colta di sorpresa dal suo invito. "Uhm...certo, grazie..." Aggiunsi poi per non essere scortese.
Uscii dal suo ufficio e presi posto alla mia scrivania.
Ricontrollai di avere tutti i documenti necessari per la riunione. Risposi a qualche chiamata, inoltrai alcune mails importanti a Mr.Hayden, poi andai alla macchinetta per un'altra dose di caffè.
Lì trovai anche Sasha, la receptionist, con la quale ero già diventata ottima amica. Ci scambiammo una veloce chiacchierata, poi ognuna tornò al suo posto.
Durante il percorso m'imbattei in Miss.Hayden, la sorella del mio capo, la quale mi lanciò un'occhiata piena di arroganza e disprezzo, come sempre. La ignorai senza neanche più sforzarmi di sorridere in sua presenza. Non era il mio capo: non ero tenuta a leccarle il culo anche se mi aveva preso in antipatia. 
Mr.Hayden mi aveva spiegato che la sua acidità era rivolta a tutti, ma osservandola mi resi conto che, in realtà, l'unica persona che sembrava seriamente disprezzare ero io. Non avevo la minima idea del perché ma, come già stabilito, non ero un mio problema.
Quando tornai alla mia scrivania aspettai l'arrivo di chiamate o nuove mails, nel frattempo mi trovai a ripensare al giorno in cui avevo incontrato Mr. Hayden.

Agosto 13
Le mie ferie erano ormai finite da giorni e presto tornai ad abituarmi alla mia vecchia routine.
Era una mattina come tutte le altre. O meglio, pensavo sarebbe stata una mattina come tutte le altre...
Aprire l'Elisir; avviare le macchine; pulire le macchine; spazzare velocemente; preparare decine e decine di caffè per i soliti clienti; sperare segretamente che Cole varcasse la soglia della porta; altri caffè; altri clienti; accontentare il solito deficiente che ordina una cosa ma si aspetta un'altra; pulire i tavoli; altri clienti; altri deficienti sessisti; altri caffè; niente messaggi o chiamate da parte di Cole; irritazione; impazienza con i deficienti...No. quel giorno era particolarmente stressante. Tant'è che durante tutta la mia carriera di barista, mai avevo pensato a quanto realmente detestavo il mio lavoro. Forse era la rabbia che provavo verso Cole, il quale aveva ripreso la sua vecchia ostilità nei miei confronti nonostante la vacanza romantica che avevamo condiviso la settimana prima. Forse era dovuto al fatto che ne avevo abbastanza fino al collo di subire l'arroganza di certi individui. O forse, semplicemente, mi ero resa conto che non avevo alcun desiderio di spendere il resto della mia vita intrappolata in un lavoro monotono e mentalmente logorante.
E nell'esatto momento in cui venivo travolta da tale epifania, un uomo mai visto prima varcò la soglia della porta e mi fece una proposta che non potevo declinare.
Lo sconosciuto aveva l'aspetto di in uomo d'affari. Un uomo importante.
Ne era testimone l'evidentemente costoso smoking grigio opaco indossato sopra ad una camicia nera con l'ultimo bottone aperto, abbinato a delle Oxford altrettanto nere.
Ma, abiti a parte, già dall'aspetto ben curato si poteva dire che quell'uomo era non era del nostro quartiere: i lunghi capelli biondi erano pettinati formalmente indietro, ma un ciuffo si ribellava all'ordine e s'inclinava leggermente a sinistra; il viso era liscio, senza traccia di barba, i lineamenti severi: mascelle quadrate, naso dritto, labbra piene dai contorni definiti e sopracciglia folte e nere-un forte contrasto con il chiarore dei capelli. Gli occhi però sfuggivano ad ogni severità del volto: erano verdi e inspiegabilmente teneri sotto alle spesse e lunghe ciglia nere.
Ma a parte gli occhi, tutto intimidiva: dal corpo robusto e forte al passo sicuro e dinamico.
"Buongiorno," disse  posizionandosi di fronte a me. La sua voce era roca e profonda, ma priva di ogni segno di autorità o arroganza.
Ciò mi rilassò.
"Buongiorno. Cosa desidera?" Distolsi lo sguardo dalla sua figura e lo spostai sul piano d'appoggio della macchina del caffè per sollevare la tazza e passarla al cliente seduto accanto a lui.
"Lo zucchero?" Brontolò l'altro e io lo guardai domandandomi se Patrick mi avrebbe licenziata se gli avessi buttato il caffè bollente in faccia.
Sospirai, ritenendo che non valesse la pena perdere il mio lavoro per quel coglione. Invece gli indicai il contenitore di bustine di zucchero che giaceva accanto alla sua mano.
"Ci arrivi? O te ne prendo una io?" Risposi acida senza riuscire a contenermi. Il cliente bofonchiò qualcosa sotto i baffi, ma non lo sentii e lasciai perdere. Prese il suo caffè e andò a sedersi al tavolo sei.
"Cristo Dio..." Sospirai esasperata, spostando lo sguardo sullo sconosciuto.
"Mi dispiace per la scena...è difficile accontentare tutti i clienti..." Il biondo mi rivolse un sorriso che rivelò la sua dentatura perfetta, poi sollevò i gomiti per appoggiarli sul banco.
"Ti capisco. Lavoro con gente ancora peggiore..." Commentò voltandosi  verso il cliente lamentoso.
Ridacchiai. "Peggio di uno che non riesce ad allungare la mano per prendere la bustina di zucchero?"
"Proprio così."
"Con che razza di gente lavori?" Scoppiai a ridere e il suo sorriso si fece più ampio.
"Gente che pretende una promozione solo perché è riuscita ad arrivare al lavoro per un mese intero di solo mezz'ora anziché un'ora in ritardo..." Spiegò e risi ancora di più.
"Li hai licenziati, spero..." Commentai alla fine.
"Non posso licenziarli. Sono i miei fratelli."
"Oh...mi dispiace, non immaginavo..." dissi improvvisamente imbarazzata per tutta la confidenza presa.
"Hai fratelli?" Domandò. Nel frattempo presi l'ordine di una donna quarantenne che scrutinava lo sconosciuto spudoratamente. Mi venne da ridere, ancora.
"Sì. Un fratello maggiore. È un rompipalle, ma senza non so che farei," risposi estraendo una brioche per la donna, che ora mi giudicava con lo sguardo, probabilmente perché avrebbe voluto anche lei conversare con lui.
"Beh i fratelli maggiori non sono niente in confronto a quello minori. Quelli sì che ti mettono i bastoni fra le ruote..."
"Beh in compenso ho un figlio di cinque anni. Ma non posso veramente dire che rompe, è il bambino più tranquillo del mondo."
Il biondo alzò un sopracciglio, interessato alla mia affermazione. Non sembrava scioccato, come accadeva spesso, era solo interessato.
"Beh, sappi che ti invidio..." mormorò passandosi le dita fra i capelli. Solo allora notai la fede dorata scintillare al dito. E così fece la signora accanto a lui, che finalmente distolse l'attenzione.
"Vorresti dei figli?" Domandai, incuriosita dalla sua affermazione.
"Ho dei figli. Due gemelli di sette anni e una bimba di quattro ...ma al contrario di tuo figlio i miei sono dei mostri..." La sua risposta suscitò un sorriso sincero sulle mie labbra mentre riconoscevo l'amore incondizionato proprio di un genitore scintillare nei suoi occhi.
Passai il caffè alla signora e presi fuori il cellulare per mostrare allo sconosciuto una foto di Jamie.
Trascorremmo poi i successivi quindici minuti a commentare le immagini e i video dei nostri piccoli e a ridere come se non ci fossimo appena conosciuti.
"Aspetta, mi sono completamente scordata...cosa ti posso preparare?"
"Un decaffeinato senza zucchero andrebbe benissimo."
"Arriva subito."
Appena tornai con il suo caffè, tornammo a chiacchierare sulle nostre vite fino a quando non citai accidentalmente il fatto che mi ero appena resa conto di quanto detestavo il mio lavoro.
"Stai cercando un nuovo lavoro?" Mi domandò. Mi guardai intorno, nel caso Patrick fosse arrivato prima del solito. Sarebbe stato terribile se dopo tutti gli anni fosse venuto a sapere del mio eventuale licenziamento in quel modo.
Non era ancora arrivato però.
"Beh sicuramente non posso permettermi di mollare questo lavoro senza averne trovato un altro prima. Quindi....direi di sì....inizierò a cercare un lavoro..." Spiegai. Lui studiò la mia espressione per qualche secondo, poi sorseggiò l'ultimo goccio di caffè.
"In realtà...il mio segretario si è trasferito a New York per conseguire un master. Se ti può interessare puoi passare a fare un colloquio..." Lo fissai per un momento per capire se stesse scherzando. Quando però estrasse una carta da visita dalla tasca interiore della giacca e me la allungò mi resi conto che era più serio che mai. Presi la carta e la feci girare nervosamente fra le dita. Lessi il nome della compagnia che dominava il centro della stampa:
Hayden Tech. Enterprises
Sotto vi erano l'indirizzo dell'azienda, le informazioni di contatto e una firma che riportava il nome: Jonathan E. Hayden
"È la compagnia che gestisco. Ci troviamo a circa venti minuti da qui."
Trattieni il respiro, non sapendo come rispondere senza sembrare scortese o ingrata.    
"È un'offerta veramente generosa," rilessi il nome,"Mr.Hayden....ma temo di non potere accettare...ecco, vedi? A parte un corso di economia di base svolto al liceo non ho mai avuto l'occasione di approfondire la mia conoscenza in questo campo...temo di non essere all'altezza del ruolo..." spiegai e sentii le guance bruciare dall'imbarazzo. Certo, avrei potuto facilmente mentire e accettare il colloquio, ma non sarebbe stato onesto da parte mia far perdere tempo prezioso a lui sapendo già che non sarei stata in grado di ricoprire l'incarico.
La mia risposta lo fece sorridere per qualche ragione, ma non lo fermò dall'insistere.
"Che tipo di corso hai frequentato?"
"Era di statistica, economia e management....ma-"
"E quanto è durato?"
"L'ho frequentato per tutti e quattro gli anni..." Esaminò la mia risposta, poi chiese.
"Ti interessava allora?"
"Beh...era interessante, sì. Ma la ragione per cui l'ho frequentato anche se non era obbligatorio è perché sapevo che sarebbe stata l'unica occasione di imparare qualcosina al riguardo..."
"Hai fatto anche informatica?"
"Sì..." Trascurai il fatto che l'informatica l'avevo imparata più grazie a mio fratello che alla scuola.
"Sai usare un computer dotato di sistema operativo Microsoft?"
"Certo..."
"Nel caso facessi una prova e cambiassi idea, saresti disposta a firmare un contratto a tempo indeterminato ?"
"Ehm...io....beh...credo di sì...?"
Il sorriso si allargò sul suo viso e le dita ricominciarono a battere ritmicamente sul bancone.
"Perfetto allora. Ti aspetto al mio ufficio per un colloquio. Chiama al numero sulla carta da visita oppure mandaci una mail per dirci quando puoi passare. In ogni caso Sasha ti darà la conferma..."
"Ma...Mr.Hayden....davvero, non voglio sprecare il tuo tempo, non credo di-"
"Hai tutte le qualità necessarie per il posto. Presentati con il tuo curriculum e vedrai che te la caverai alla grande." Il suo ottimismo mi metteva ancora più ansia. Conoscevo Mr.Hayden da pochi minuti, ma mi sarebbe dispiaciuto terribilmente deludere le sue aspettative, nonostante l'avessi avvertito.
Dall'altro canto però, la prospettiva di iniziare un lavoro che non avevo mai fatto prima m'intrigava troppo per permettere al mio Super-Io di declinare l'offerta.
Fu così che mi trovai a promettere a Mr. Jonathan Hayden che la settimana seguente mi sarei presentata per un colloquio.

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