Capitolo 26

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"Mani in alto. Ora." Pronunciò Cole in un tono basso ma minaccioso mentre puntava la beretta 92 contro l'uomo che pochi secondi prima stava spacciando nel suo quartiere . L'ometto sembrò sul punto di mettersi a correre a gambe levate, ma poi fece come gli venne ordinato alzando le braccia su, con la bustina di coca ancora fra le dita. Senza perdere la mira, Cole si avvicinó a lui con cautela e appena si trovò di fronte lo afferrò dalle spalle e lo fece voltare di forza per attaccare il suo viso contro il parabrezza.

"¡Por favor! ¡Tengo niños que alimentar!  " Esclamò l'uomo dimenandosi al contatto con la pistola contro la schiena. Cole ignorò le sue lamentele e, bloccandogli i polsi dietro alla schiena con una mano, controllò che non avesse armi o altre sostanze nascoste nelle tasche.
"¡Por favor!" Supplicò ancora l'uomo.
"¿Para quién trabajas? " Domandò Cole strappandogli la bustina di coca dalle mani.
"Venga tìo...¡déjame ir!"  Perdendo la pazienza, Cole gli fece piegare ancora di più il polso rafforzandone la stretta. In risposta Carlos urlò. "Te pregunté, ¿Para quién trabajas?" Ripeté e stavolta l'uomo si arrese.
"Marcel! Lavoro per Marcel!" rispose allora lui con un accento messicano. Un ghigno si espanse sulle labbra di Cole, che di certo non si aspettava di ricevere una risposta così tanto facilmente. Afferrò dunque la sua spalla e lo costrinse a rimettersi in piedi per poterlo guardare in viso.
"Come ti chiami?" Gli chiese.
"C-Carlos...." I suoi occhi terrorizzati diedero a Cole una soddisfazione che non sentiva da tempo. Aveva preso gusto ad intimidire la gente, questo non lo poteva negare.
"Bene Carlos. Sai chi sono?" Carlos scosse la testa. Il sorriso crebbe sul viso di Cole.
"Nessuno ti ucciderà oggi Carlos. Ma ho bisogno che tu salga in macchina, ora."
"¡Oh por Dios! Non sono importante, non l'ho mai visto Marcel, ¡te juro! "
"Non ti preoccupare, sei più utile di quanto credi. Adesso sali in macchina, e nessuno ti farà del male."
"Per favore, lasciami-" Stanco delle buone maniere, Cole afferrò l'ometto dal collo e lo trascinò dietro di sé prima di sbatterlo dentro la macchina. Carlos non si ribellò; rimase seduto nel sedile anteriore senza muoversi. Cole prese fuori il cellulare e compose il nome di Winston con una mano, tenendo la pistola puntata contro Carlos con l'altra, giusto per intimidirlo.
Winston rispose al secondo squillo.
"Cole?"
"Mandami due uomini alla St.Paul's Street. Ne ho uno di  Marcel." Parlò Cole velocemente senza distogliere lo sguardo da Carlos. Sentì Winston sospirare.
"Quante volte te lo devo dire Cole? Gli scagnozzi di gente come Marcel sono gli ultimi dei nostri problemi!" Brontolò Winston.
"Per una volta potresti fare quello che ti chiedo senza fare la mammina? Maledizione!" L'altro sbuffò.
"Saranno da te fra poco. Ma la prossima volta tieni un basso profilo, se qualcuno capisce chi sei finiamo nella merda tutti quanti. Non vogliamo che-" Cole riattaccò senza nemmeno lasciarlo finire.
*
Una decina di minuti più tardi un SUV nero arrivò e Cole potè consegnare Carlos ai due uomini in giacca e cravatta che lo avrebbero portato da Winston. Cole avrebbe partecipato volentieri all'interrogatorio , ma sapeva che il suo compito non era quello; e comunque era troppo stanco per sentire le lamentele di Winston o, peggio ancora, quelle di suo fratello.

Quando la Jeep sparì dal quartiere Cole salì sulla sua auto e tornò alla casa di suo fratello.
Una decina di minuti più tardi, ad un centinaio di metri dall'Elisir individuò la figura di Layla camminare lungo il marciapiede. Alla  sua vista Cole sentì un'inspiegabile stretta al cuore, probabilmente dovuta al fatto che non si erano più rivolti la parola dal giorno del suo compleanno, nemmeno quando lui andava a casa sua.
Il ricordo di quella sera trascorsa insieme a lei, dentro di lei, lo fece rabbrividire. Quella che Layla gli aveva fatto provare era l'emozione più profonda e travolgente che lui avesse mai sentito....e lui di emozioni forti ne aveva vissute tante: era quella la sua sindrome dopo tutto.
Se solo non avesse pronunciato quel nome....
Cole strinse con forza il volante rallentando progressivamente fino ad accostare accanto a lei. Notando la sua presenza, ella arrestò il passo rimanendo immobile per un istante prima di voltarsi nella sua direzione.
I suoi capelli erano raccolti in uno chignon disordinato e piccole ciocche ribelli incorniciavano il suo viso. I suoi occhi teneri mostravano la sua incertezza sul da farsi: l'avrebbe ignorato , o avrebbe parlato con lui come se niente fosse?
"Hei..." parlò Cole chinandosi leggermente in avanti per poterla meglio vedere.
"Ciao..." rispose lei giocando distrattamente con il bordo della maglietta.
"Sali, ti porto a casa."
"Non fa niente, posso camminare..."
"Layla..." Lei sospirò rassegnata, poi obbedì. Cole però non fece ripartire la macchina; appoggiò invece la testa al sedile e chiuse gli occhi per un secondo, cercando il coraggio di pronunciare le parole che scavavano nel suo petto.  "Mi manchi," ammise prima di serrare le mascelle, sorprendendo se stesso di essere riuscito a formulare quell'espressione mai pronunciata prima.

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