1.2 • Dialogo interiore

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Nel bel mezzo del mio rimuginare mi compare davanti una sorella selvatica. In genere non c'è da preoccuparsi, dopotutto è di livello inferiore al mio, però stavolta mi ha colto proprio nella posizione da dialogo interiore: busto sul divano e gambe poggiate sulla sedia del PC; sprofondare lentamente ma inesorabilmente in mezzo ai due appigli è un minuscolo prezzo da pagare in nome della comodità. In più, siamo a luglio, e mostrarmi con le sole mutande nere indosso non rende la situazione meno imbarazzante, soprattutto perché lei sembra pronta a uscire. 

La sorellina qui presente è tre anni più piccola di me, quindi appartiene alla classe 1999. Lei e i suoi coetanei mi appaiono come creature tenebrose, oscure e dai mille segreti, esattamente come credo di essere percepito io da qualsiasi persona che abbia passato sul nostro pianeta una quantità superiore di tempo rispetto al mio. Da bravo quasi diciannovenne sono già disorientato a prescindere, non ho bisogno di essere confuso anche dalle abitudini insensate di Lucrezia. Per esempio, lei veste pantaloni strappati sulle cosce anziché sul ginocchio. Che orrore, il mondo non è pronto ad accettare cambiamenti così radicali. Fortunatamente è mutata la società, non il sottoscritto, che non possiede proprio nulla di volutamente lacerato, borchiato, macchiato o piacevole al tatto. No, io e la moda andiamo d'accordo soltanto quando discutiamo di abbinamenti di colore; infatti, quando ancora mettevo piede fuori di casa, era l'unica preoccupazione capace di farmi arrivare in ritardo a un appuntamento. Però sono sempre stato un buon osservatore e certi particolari nel vestire non mi sono mai sfuggiti, o almeno, non se sfoggiati da umani di sesso femminile.

A tal proposito, oggi Lucrezia sfodera una canottiera rosa e una... minigonna di jeans? Non sarà troppo audace? Se a sedici anni avessi visto una ragazza con quella indosso l'avrei trovata provocante, ora mi serve ben altro. Tipo una minigonna più corta. 

Diavolo, Lulu sfrutta l'abbigliamento per distrarmi dalla sua intrusione! Non creda di averla vinta così facilmente, non le concederò nemmeno l'onore di alzarmi. Resto infatti paralizzato esattamente dove mi trovo, anche perché persino un minimo tremore potrebbe determinare un bel tonfo sul parquet. Approfitto della posizione precaria, ma cerebralmente stimolante, per riavvolgere in testa gli ultimi avvenimenti, convincendomi alla fine che Lucrezia mi abbia chiesto cosa stessi facendo, dopotutto è la sua domanda tipica, e rispondo di conseguenza. «Medito, donna! Tu piuttosto, come sempre non bussi.»

Bravissimo, sicuramente trattandola male il tuo ruolo autoritario di fratello maggiore non verrà messo in discussione e dovrà piegarsi al tuo volere! 

Tuttavia Lucrezia non si prostra, anzi, tira su la testa inspirando, chiude gli occhi, e con un tono da maestrina stufa di ripetere per l'ennesima volta la lezione, dice : «Invece, come sempre, ho bussato e tu, come sempre, non hai risposto».

Ottimo, il tono aggressivo ha fallito. Non l'ho proprio sentita, davvero; il mio pensare fa un sacco di confusione, non mi stupisce che le orecchie fossero concentrate su altro. È meglio cambiare tattica abbandonando il vigore da sergente Hartman e rimanendo nei confini del "sono scocciato". Mi levo gli occhiali e, con tutta la calma dell'universo, comincio a dar loro una pulita, sfruttando la federa azzurra del divano. «Lasciamo perdere i tuoi modi scortesi... comunque, ti serve qualcosa?»

«Mi serve che ti vesta».


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