«No».
Riesco a sibilare, abbassando la testa e sfuggendo al contatto. Sono immediatamente pervaso da una sensazione di rilassatezza, come se il corpo mi stesse confermando di aver scelto bene. Chiara, senza allontanarsi, sospira e poggia piano la fronte contro la mia.
«C'entra Agata, giusto?»
Arrivati a questo punto, non posso negare. In fondo, credo l'avesse intuito subito, così lascio fluire via le parole, alleggerendomi di un peso enorme. È la prima volta che lo ammetto ad alta voce fuori dai sogni.
«Sono innamorato di lei».
Percepisco Occhioni Blu irrigidirsi e serrare i pugni, forzandoli contro la panchina. Inclina la testa verso la spalla e si abbandona a un sorriso nervoso, ondeggiando lievemente il collo e cercando di trattenere le lacrime. Vederla in questo stato mi lacera, soprattutto perché sono completamente responsabile.
Concederle almeno un bacio sarebbe stato meno crudele?
Intanto, il tram rosso e grigio raggiunge la banchina, annunciando l'imminente apertura delle porte automatiche con la ripetizione di un segnale acustico molto fastidioso. Vorrei consolare Chiara, ma ho paura di non esserne in grado e, di conseguenza, farla stare peggio. Timidamente, le sfioro un ginocchio per richiamare la sua attenzione.
«Dovremmo andare, sentito il "bling"?»
Perfino a me la frase risulta fuori luogo, infatti Chiara solleva il volto e mi lancia uno sguardo freddo; ha gli occhi arrossati, svuotati dal magnetismo che li caratterizzavano.
«Risparmiami l'ironia, almeno adesso, ti va?»
Fa ricadere la testa, non riesce a sostenere il contatto visivo.
«Hai ragione. Non serve che mi accompagni».
Magari avrei dovuto offrirmi di restare con lei fino a che non si fosse ripresa, ma la questione dei ricordi ha precedenza assoluta, di sicuro rispetto a una cotta mandata all'aria. Tra l'altro, mi conosce pochissimo, non è possibile che ci resti male. Con questa convinzione, faccio un passo indietro verso il tram, tenendo le braccia mezze stese in direzione della dama elegante, come si fa quando si cerca di mantenere in equilibrio una pila di oggetti dopo averla lasciata in preda alla gravità.
«Allora, ecco io, vado...»
Mi giro, ma ormai dovrei sapere che darle le spalle non è un'idea saggia, infatti mi spintona di lato ed entra prima di me nel vagone affollato. Non cerca di farsi strada fra le persone e mi lascia spazio accanto al bordo della porta, a cui si sorregge; la seguo un po' interdetto, posizionandomi fra il vetro di chiusura e un uomo in completo formale. Fianco a fianco, restiamo in piedi a fissare la panchina scomoda mentre sparisce dal finestrino.
«Mi stavi davvero lasciando lì?»
«Pensavo che fosse la soluzione migliore, per entrambi».
«Può darsi, ma non commettere l'errore di pensare che gli altri ragionino come te. L'hai detto tu».
Cerchiamo di tenere la voce bassa e per nostra fortuna siamo schiacciati contro l'uscita, lontani dalla marmaglia sudata e borbottante. Trovo strano che nella ressa di autobus e mezzi simili, il posto migliore dove trovarsi sia davanti alle porte: un lato di appoggio garantito, costante ricambio d'aria e possibilità di abbandonare la vettura una volta raggiunto il limite di sopportazione verso gli altri esseri umani.
«Oh certo, vai in pausa anche adesso. Anzi, non parlare affatto».
Afferma, seccata. Per mostrarle che ho compreso il messaggio, unisco pollice e indice, passandomeli sulle labbra come la chiusura di una zip. Chiara mi manda a quel paese, tira su col naso e porta la grossa treccia davanti al petto, coprendo qualche lettera stampata sulla sua canottiera bianca.
«Sei un cretino, ma sappi che non mi arrendo per così poco. Non mi faccio surclassare da una ragazza inventata».
«Lei non è inventata».
«Ale, è solo nella tua testa».
«No, stammi a sentire».
Le afferro le spalle e la costringo a guardarmi negli occhi.
«Agata non è un giocattolo, è una persona, infuriata con me per giunta. Due giorni fa ho scoperto dettagli sulla sua vita che mi ero rifiutato di considerare e che l'hanno resa ancora più reale di quanto non mi apparisse già. Negando la sua esistenza dai dello stupido a me, e non lo accetto. Oltretutto, oggi scopro che con tutta probabilità buona parte della mia memoria non vale niente, sono sull'orlo di un attacco di panico da venti minuti e non riesco a capire perché continui a seguirmi nonostante ti abbia appena rifiutata!»
Come mio solito, esagero, e sembra particolarmente turbata dall'ultima considerazione. Il vagone rallenta fino a fermarsi alla stazione di Santa Maria Novella, le porte tremano e si spalancano incerte, dubbiose sul lasciarci scendere. Un centinaio di bufali accaldati ci catapulta fuori, interrompendo un discorso potenzialmente importante.
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Agata [Completa]
General Fiction[Vincitore Wattys 2017] Alessandro, cinico diciannovenne, incontra una ragazza curiosa che lo spinge a dubitare del suo talento più nascosto: poter controllare i sogni. Sono sicuro che anche tu, che stai leggendo, hai sperimentato un sogno lucido al...