2.8 • Cocci rotti

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Mollo gli altri in mezzo ai viali alberati che portano a Campo di Marte, la stazione secondaria di Firenze, e ripercorro la strada all'indietro con una bella corsa. A pochi metri da casa c'è un negozio che frequenta anche Lucrezia, e ho visto una sciarpa che potrebbe piacerle. Non conosco così bene i suoi gusti, ma se la farà andare bene, ho gli allenamenti tutta la settimana e non posso andare in giro a fare shopping.

Anche se ripensandoci sarebbe un'ottima scusa per chiedere alla bionda di uscire. Giulia, Che bel nome! Mi resta solo da scoprire se vista da davanti vale la pena, ed è fatta. L'unica volta in cui mi è capitato di scorgerla di fronte era troppo distante per la mia miopia, ma ho come l'impressione di aver visto il bagliore di un paio di occhi chiari.

Con la testa completamente da un'altra parte, mi distraggo dalla fatica della corsa e in pochi minuti raggiungo l'attività commerciale prescelta. Mi approprio legalmente della sciarpa blu formato pacco regalo e giro l'angolo: già che ci sono passo anche dal forno davanti casa per comprare la merenda pomeridiana. C'è un po' di fila, ma la proprietaria, Michela, mi conosce da sempre, e mi passa di nascosto la schiacciata concordata. Ringrazio, attraverso la strada e sono giunto alla meta. Tiro fuori il mazzo di chiavi e mi appoggio al portone, che però si spalanca a contatto con le mie spalle. Trattasi di un evento relativamente consueto, se non abituale, a causa della mia vicina ultrasettantenne, regina della distrazione, imperatrice della dimenticanza. Brutta bestia l'Alzheimer. Entro, chiudo il portone e controllo se c'è posta. Nulla per fortuna, anche perché non ho modo di aprire la cassetta metallica. Ho un mazzo di chiavi quasi vuoto, piuttosto potrei tenerle ancorate in un anellino da mettere al collo. 

Comincio a salire la ripida rampa di scale che mi separa dal cancello secondario, azione faticosa oltre ogni immaginazione, visto il peso dello zaino. Lo sapevo: anche questo è socchiuso. Devo mettere dei cartelli di pericolo. Non per lei, per gli altri, non è sicuro lasciare la vecchietta a piede libero. Sbuco nel brevissimo corridoio collegato sia all'appartamento della sbadata che al mio, ed accendo la luce.

«Non finirà bene per te!»

«Fermo!»

Un fracasso di piatti rotti e una voce sconosciuta, sovrapposta a quella di Giacomo, rimbombano nell'ingresso. La porta di casa, accostata, lascia intravedere del movimento. Che diavolo sta succedendo? Stanno litigando, pestandosi? Se rompono il mio bicchiere di Spiderman la pagano cara! Rimetto le chiavi in tasca e mi catapulto verso l'origine del tumulto.

«Si può sapere cosa avete da...»

La scena che mi trovo davanti è semplicemente irreale. Ci sono cocci ovunque e il tavolo della cucina è rovesciato. Giacomo è alla mia sinistra, a terra e sanguina da un braccio. Non vedo né mamma né Lucrezia, ma ci sono altri due uomini nella stanza, entrambi col volto coperto. Il primo è steso accanto a Giacomo, forse svenuto, e ha un braccio piegato nel senso sbagliato. L'altro è in piedi davanti a me, a tre metri di distanza, con il nostro coltellaccio preferito in mano.

«... urlare».    

Nell'arco di qualche decimo di secondo ci rendiamo conto di essere nemici giurati sul campo di battaglia. Non so perché sia in casa mia, ma non è una bella situazione: lui è armato e io no. Devo riuscire ugualmente a proteggere la mia famiglia, e Giacomo non sarà d'aiuto conciato in quel modo. Percepisco una sensazione di calore seguita da brividi lungo tutto il corpo, e il mio stomaco si contorce come prima di un incontro.

Sono sempre stato il più piccolo e il più gracile nella mia palestra. I maestri possono dire quello che vogliono, ma in assenza di una capacità tecnica molto solida, la massa conta eccome: il peso piuma perde facilmente. Nonostante ciò, la mia prima gara nazionale l'ho vinta. Gli avversari mi avevano sottovalutato, in quanto orgogliose cinture marroni messe contro una verde con dieci chili in meno. Giudicando solo da questi elementi, in teoria avrebbero dovuto liberarsi di me con poco sforzo, invece ho prevalso, contro ogni aspettativa. Avevo imparato i loro movimenti mentre combattevano in altri round, sfruttando poi le loro debolezze una volta giunti faccia a faccia. Tattica poco nobile, ma non ho violato nessuna regola. 

Adesso è quasi la stessa situazione: sembra che sia svantaggiato, perché lui è sicuramente un adulto, io solo un ragazzino. Lui ha un'arma da taglio molto affilata lunga venticinque centimetri, io uno zaino pieno di libri sulle spalle. Valutando oggettivamente, sono già morto, anche perché sembra non si sia fatto problemi a pugnalare Giacomo. C'è solo un modo per ribaltare la situazione, ed è togliergli quel coltello: sono sicuro che riuscirei ad atterrarlo se fosse disarmato, ed è probabilmente anche l'unica speranza che ho di uscirne con le mie gambe. 

Agata [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora