5.1 • Confronto

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Quel bastardo mi ha colto di sorpresa, così tanto da scatenare l'istinto di rivestire me e la mia compagna con i primi abiti che ho immaginato. Non voglio che la veda nuda, anzi, non dovrebbe nemmeno toccarla.

Ha detto "Tempo scaduto".

Sono sicuro che la frase ad effetto di Enn non si riferisca alla vita di Agata, non può essere così stupido da credere di potermela portare via quando sono presente. No, intendeva che in questo sogno mi restano pochi minuti di lucidità, e dubito fortemente che mi permetterà di tornare cosciente nella prossima fase rem. Devo sfruttare ogni secondo che rimane. Scosto i brandelli di lenzuolo che mi coprono le gambe e domando in modo retorico:

«Ma dove diavolo credi di essere?»

Il mastodontico riflesso che contiene il mio inconscio viene spinto con una violenza non indifferente fino al muro opposto al letto matrimoniale, ormai distrutto. La rapidità dell'attacco permette ad Agata di sfuggire alla presa di Enn e correre dietro di me, in cerca di protezione.

«Aspetta un attimo, ascoltami».

Mormora lui, dolorante, ancora incollato alla parete per via della pressione esercitata dalla mia mano, tesa in avanti. Non voglio lasciare spazio a contrattacchi di sorta, perciò indietreggio, nella speranza di uscire dal raggio d'azione entro cui la mia presenza gli conferisce potere. Agata resta in silenzio, ma le mani che ha appoggiato sulle mie spalle stanno tremando.

«Tutto a posto, ci sono qua io».

Sussurro, tentando di rassicurarla. È incredibile come non sia riuscita a godersi nemmeno un'ora di pace da quando sono tornato, sono il peggior fidanzato del mondo.

Alzo di nuovo il tono.

«Vuoi fare una chiacchierata, Enn? Va bene, mettiti comodo».

La villa crolla intorno a noi, sostituita da un'enorme sala semicircolare adibita alle interrogazioni. La zona tondeggiante è metà di una cupola vetrosa, che riflette l'interno della stanza distorcendo le nostre figure. La parete dritta lungo il diametro, dove resta il bastardo, è composta da mattoni spessi e rossastri. Catene nere di ogni genere e peso volano verso Enn, conficcandosi tramite grossi perni nel muro dietro di lui e legandolo in un gelido abbraccio immobilizzante, lasciando libero solo il volto.

«Avanti, parla».

«Ale, io voglio solo il tuo bene. Lei è pericolosa, dobbiamo liberarcene».

Pessimo inizio.

«Stronzate!»

L'intera struttura viene scossa dall'eco della mia voce rabbiosa. I lampadari da telefilm poliziesco anni '80 che pendono dal soffitto sfrigolano e alternano rapidamente una luce molto intensa a una debole, mentre si formano crepe profonde nel pavimento grigio di piastrelle.

«Questo è il mio mondo, Enn. È vero, non lo capisco a pieno, ma comando io, e non ti permetto di mentirmi in modo tanto spudorato. Hai sempre cercato di spaventarmi e ora te ne esci dicendo di essere preoccupato per me? Dopo che ti ho chiesto per mesi di non farti trovare sul terrazzo di Giulia e te ne sei fregato? Scusami, non ti credo, e preferisco cancellarti piuttosto che lasciarti sfiorare ancora Agata».

Il mio interlocutore abbassa il volto e lo scuote, ridacchiando. i suoi movimenti sono ancora limitati dalla stretta camicia di forza composta da anelli e lucchetti d'acciaio.

«Ma ti senti? Sei peggio dei bambini viziati quando i genitori minacciano di sequestrare il loro giocattolo preferito».

Accenna ad Agata, ancora coperta dalla mia schiena, facendo uno scatto in alto con la testa e stringendo gli occhi bianchi.

«Ce l'hai con me per i miei modi bruschi, re dei sogni? Se ti dicessi che anche trasferirmi da Giulia aveva uno scopo preciso? Sei il primo a trattare male gli altri agendo secondo la tua logica fredda e distaccata e accusi me della stessa colpa, ipocrita. Sono curioso, pensi davvero di aver aiutato Chiara negandole quel bacio?»

Agata stringe la presa e mi volta, lanciandomi uno sguardo sia interrogativo che esclamativo.

«Quale bacio?»

«Nessun bacio, mi sono scansato».

«Oh, ma avrebbe voluto eccome» incalza Enn, legato a dieci metri da noi ma perfettamente udibile. «Chiara gli piace, per questo non riesce a toccarla. Ci hai fatto caso, Ale? Non hai avuto problemi a scontrarti con Cecilia per un'insulsa merendina, invece è bastata una carezza di Occhioni Blu per scatenare un attacco di panico. Ah, giusto, la tua fidanzata non sa che chiami Chiara in quel modo, vero?»

Enn ghigna soddisfatto, Agata allontana le mani da me e corruga la fronte, passando in rassegna con preoccupazione il mio viso e quello del riflesso.

«Dice la verità?»

«No! Lo stai anche ad ascoltare?»

«È molto più convincente di te, ora! Perché chiamarla "Occhioni Blu"?»

Enn non mi lascia rispondere, precedendomi.

«Semplice, perché quegli occhi lo incantano più dei tuoi, signorina».

La situazione sta diventando insostenibile. Agata non deve sapere tutti questi dettagli su Chiara ed Enn sta seminando tempesta, va placata la rossa e zittito l'energumeno.

«Basta!»

Due pezzi di scotch grigio si incollano alle bocche delle furie intorno a me, concedendomi di esprimere con maggiore calma i miei pensieri. Mi rivolgo prima alla mia ragazza.

«Ti lascio parlare fra un secondo, promesso. Non vedi che Enn sta cercando di metterci uno contro l'altro? È il mio inconscio, racchiude i miei istinti peggiori, di chi ti fidi di più? Dannazione, abbiamo appena fatto l'amore, hai forse sentito qualcosa di diverso in me? Per caso c'era meno passione nel mio modo di stringerti?»

Agata fissa il suolo e poi riporta le iridi verso di me, mimando piano il gesto di negazione con la testa.

Grazie al cielo.

Distruggo la benda appiccicosa con cui le avevo tolto il diritto di replicare e mi volto verso Enn, avanzando un passo alla volta.

Agata [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora