2.1 • Gelosia

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Dalla porta principale entra una ragazza infreddolita, si toglie i guanti, appende la sciarpa e accenna un saluto agitando piano la mano.

«Come mai fuori nevica a rovescio? Non avrai rotto le stagioni, spero».

Le sorrido e cerco di seguire con lo sguardo i fiocchi che guizzano veloci oltre la finestra. Molti restano impigliati sotto le chiome frondose degli alberi, gli altri proseguono verso il limite dell'atmosfera.

«Una variazione semplice, dall'effetto incredibile. Sembrano far tornare indietro il tempo».

Lei lancia fuori solo un'occhiata distratta, torce il busto per spazzarsi via la brina accumulata sui fianchi e rimane ferma, di fronte alla porta. Avrei dovuto ricordare che preferisce l'estate.

«Ho capito, passiamo ad un clima più tropicale. Sei mai stata alle Seychelles?»

«Certo che no, Ale, e il problema non è il tempo».

Effettivamente era una domanda stupida. Si leva il giubbotto e lo affida al nostro appendiabiti fluttuante, concludendo il gesto con un sospiro profondo. Tiro un paio di piccole pacche al divano, invitandola a continuare la conversazione seduta accanto a me, ma scuote la testa e abbassa gli occhi.

«Mentre venivo qui ho visto molte "Chiara" passeggiare per la città. C'è forse qualcosa che devi dirmi?»

Appoggio la nuca sulla parte alta dello schienale e mi maledico. Lo sapevo, non avrei dovuto guardare Inception l'anno scorso, mi ha messo in testa l'idea delle proiezioni, anche se preferisco chiamarle "riflessi", e hanno cominciato ad apparire spontaneamente ovunque. 

Sono rappresentazioni di persone dal mondo reale che, attraverso i ricordi, popolano il mondo del sogno e variano notte per notte in base ai miei incontri diurni. In altre parole, ha capito che ho visto da poco Occhioni Blu, quindi devo correre ai ripari. Con il solito sbuffo di fatica che accompagna il mio alzarmi dai divani, anzi, da qualsiasi supporto di riposo, torno in piedi e mi avvicino all'unica persona vera in questo mondo immaginario, pronto a rassicurarla.

«Pigiama party delle ragazze giù da Lucrezia, nulla di cui preoccuparsi».

Tento un abbraccio ma mi schiva con destrezza. Probabilmente non l'ho convinta.

«Sì eh? Molto strano, non c'erano riflessi di Cecilia».

Ha sempre la risposta pronta, però stavolta credo di poter contrastare la sua obiezione.

«Nessuna scimmia che vagava libera per Firenze?»

La gelosona indirizza lo sguardo verso la sua diagonale sinistra, per aiutarsi a ricordare il percorso appena compiuto, ammettendo subito di averne incontrata davvero qualcuna. Le confermo che in questo caso rappresentavano la mia nemesi e, quando le racconto la battuta sull'Uomo della Giungla, scoppiamo entrambi a ridere.

Finalmente Agata si fa stringere. È ancora intirizzita dal freddo, povera piccola. Ascolto il suo battito rallentare per sincronizzarsi al mio e le accarezzo i capelli, che brillano di quel colore caratteristico delle rosse naturali, in realtà più accostabile all'arancione scuro. Li porta sempre legati a coda di cavallo, lasciando però libero il ciuffo davanti, biondissimo, eppure naturale.

Allenta l'abbraccio e mi sorride facendo risaltare le labbra rosee e un meraviglioso nasino all'insù, che quasi pareggia la presenza non esattamente piacevole del mio imponente naso dritto. Ha gli occhi verde scuro ed è difficile descrivere la sensazione di totale immersione e pace che scatenano in me prima di un bacio. In quei momenti smetto di chiedermi da dove sia arrivata, lasciandomi cullare dal suo calore. Ne sono ogni notte più sicuro, Agata non è una mia creazione e non è un riflesso. 

Gli oggetti a cui do forma, ad esempio la villa, si comportano come fluidi: col tempo cambiano colore e materiale. Allo stesso modo, un riflesso è un semplice involucro, che può sparire e ospitare persone differenti da un attimo all'altro. Il volto di Agata invece non cambia mai e mi accompagna in ogni sogno. Credo sia così speciale proprio perché non ha un corrispondente nella veglia.

Sento il bisogno di ripeterle quanto tengo a lei.

«Comunque sul serio, non sono interessato a Chiara. Sai che amo solo te».

Capisce al volo la mia determinazione e arrossisce, mentre si passa le dita della mano destra sulla fronte scostandosi il ciuffo dorato, il suo unico tic. A quanto pare, questo gesto scatena la sua strabiliante vena attoriale. Sbandiera un'espressione infastidita, comincia a girarmi intorno col mio tipico andamento curvo e con un'imitazione vocale da oscar, recita:

«Cerchi di lusingarmi? Il mio intelletto notevolmente superiore da cinico depresso non si fa cogliere in fallo con delle semplici frasi melense».

Rido di gusto e mi complimento.

«Se ti arricciassi i capelli, non ci saprebbero distinguere».

Agata [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora