23 luglio 2015, 5:49
Mi sento vuoto, perso, come se tutto d'un tratto mi avessero strappato ciò a cui tengo di più al mondo. Nessun sogno lucido in un'intera notte, nemmeno uno breve, solo ricordi. Mi mordo le labbra e affondo un pugno nel materasso, che risponde con un debole suono metallico, seguito da una buona reazione elastica. L'esperienza mi insegna che potrei tentare di riaddormentarmi e avere maggiori chance di guadagnare lucidità, ma non con questo stato d'animo, finirei col perdere tempo, senza risultati.
Credo che ne approfitterò per andare a correre e stancarmi, dopotutto la sedentarietà non aiuta di certo il sonno e se continuo con lo stile di vita attuale, il mio divano verrà considerato una protesi sostitutiva delle gambe.
Decido di posticipare la colazione al mio rientro, sia per non svegliare Lucrezia, sia per potermi premiare con un cornetto ripieno del bar sotto casa: la ciambella del sogno di prima mi ha lasciato una voglia difficile da contrastare. Un momento però, "Sogno"? No, era il ricordo di un sogno, in questi casi servirebbe un nuovo termine in italiano, che semplifichi la vita agli onironauti. A tal proposito, nella fretta di uscire non ho aggiornato il diario. Mi sono appena chiuso il portone alle spalle e sarei ancora in tempo per tornare di sopra, ma conoscendomi troverei una scusa per restare al computer.
Tiro fuori il cellulare dalle tasche strette dei pantaloncini da corsa e annoto velocemente i ricordi normali e gli altri due anomali, battezzati temporaneamente rs, in attesa che la Crusca approvi qualcosa di meno abbreviato. Penserò a trasferirli sulla chiavetta più tardi.
Firenze intorno alle sei di mattina mostra il suo lato migliore, quello vuoto. I primi minuti di corsa sarebbero gli unici pericolosi, in quanto per raggiungere l'Arno è necessario superare i viali trafficati che circondano il centro. Attualmente, l'impresa è oltremodo semplificata, essendo l'unico essere umano nei paraggi, infatti le auto sono tutte immobili nei loro parcheggi non difesi dagli ultravioletti, pronte a surriscaldarsi nel giro di un'ora.
Purtroppo, per colpa delle strade deserte, tendo a sopravvalutare la mia forma fisica e parto di scatto come un novellino, nonostante l'itinerario previsto consista nei consueti dieci chilometri complessivi, percorsi per metà lungo la sponda nord del fiume, e poi al ritorno sul lato opposto. Le gambe reggono piuttosto bene inizialmente, invece la milza invoca subito pietà, seguita a ruota da cuore e polmoni. Quella che sembrava una buona idea per scrollarsi di dosso lo stress e godersi un po' di fresco mattutino, si rivela già nei primi minuti una potenziale tortura.
Vanto un fisico niente male, che però si mantiene solo grazie all'alimentazione controllata, al sonno regolare e al metabolismo da centrale nucleare. I tentativi di riprendere l'allenamento sono generalmente così distanti fra loro da rendere lo sforzo non solo vano, ma potenzialmente dannoso.
Ho bisogno di qualcuno che mi distragga dalla fatica e dia ritmo, altrimenti rischio di abbandonare al terzo chilometro. Interrompo la corsa all'altezza di Ponte san Niccolò e inforco nuovamente lo smartphone, scorrendo gli ultimi accessi di WhatsApp, alla ricerca di qualche temerario sveglio. La prima che trovo è Chiara, momentaneamente scartata. Medaglia d'argento conferita a Luigi, al quale mi ero perfino ripromesso di scrivere, perciò eseguo senza esitazione.
«Ehilà Luigi, già in piedi?»
«Ancora in piedi».
Bocciato, dannato festaiolo notturno, meno male che era un tipo silenzioso e tranquillo. Apro e richiudo l'applicazione, ma l'unica opzione rimasta è Occhioni Blu, con cui sono uscito giusto ieri. È possibile che abbia preso il mio attacco di panico come una sorta di rifiuto e si sia rassegnata ad avermi come amico, ma se rovinassi tutto chiamandola? Diavolo, ogni volta che la dama elegante entra nelle mie elucubrazioni, mi ritrovo pieno di interrogativi inutili, alla fine sono problemi suoi se si illude.
La chiamo.
«Ehi Chiara, sei sveglia?»
Sento una sorta di sospiro emozionato all'altro capo della cornetta.
«Ciao Ale! Stavo per andare a correre, dimmi tutto».
La informo che mi ero dato il suo stesso proposito e decidiamo di supportarci a vicenda, esattamente ciò che volevo. L'unica scocciatura è che devo raggiungerla dall'altra parte della città, alle Cascine, il parco più ampio di Firenze.
Lungo il tragitto la fame comincia a mandare chiari segnali d'urgenza, ma resisto strenuamente. Arrivo all'ingresso e mi siedo all'ombra del monumento equestre a Vittorio Emanuele II. Non mi piacciono i cavalli, eppure devo riconoscere che come schermature dal sole sono ottimi, e mancando pochi minuti alle sette, la temperatura inizia a salire. Osservo una famigliola novella, genitori giovani e figlia piccola, avanzare verso i prati rigogliosi. Li collego subito al fratello di Chiara e al suo dramma, anch'esso tornatomi in mente grazie alla notte travagliata. Le chiederò eventuali aggiornamenti quando arriverà, sperando di non toccare un tasto dolente.
«Temo che quella signorina sia occupata, sai? Non fissarla».
Chiara, evidentemente addestrata all'arte ninja da mia sorella, mi compare alle spalle. Ha raccolto i capelli in una grossa treccia e indossa una fascia turchese. Dev'essere una bella soddisfazione poter sfruttare al meglio ogni sfumatura di azzurro per diritto di nascita, peccato che fra i colori il marrone non goda della stessa fama.
«A essere precisi, stavo fissando tutto l'insieme. Non so perché, ma mi hanno ricordato Carlo, tuo fratello grande. Ci sono novità della moglie?»
Occhioni Blu mi offre una mano per sollevarmi, ma torno in piedi da solo, rifiutando l'aiuto.
«Come, scusa? Ale, guarda che sono figlia unica, ne avevamo parlato».
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Agata [Completa]
General Fiction[Vincitore Wattys 2017] Alessandro, cinico diciannovenne, incontra una ragazza curiosa che lo spinge a dubitare del suo talento più nascosto: poter controllare i sogni. Sono sicuro che anche tu, che stai leggendo, hai sperimentato un sogno lucido al...