4.8 • Ultimatum

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«Non lo conoscevo, infatti. Come al solito, io non so niente».

Rabbia e impotenza riempiono le parole di Agata, in sintonia con un linguaggio del corpo chiuso e schivo. È cambiata radicalmente dall'ultimo litigio, quasi come se si fosse contenuta per tanto tempo e finalmente si sentisse libera di esprimere emozioni negative. Qualche giorno fa splendeva di luce propria ed era sempre dinamica, affettuosa e sorridente, adesso invece ritrae la mano che le stavo stringendo e incrocia le braccia, decisa nello schivare il contatto visivo. Fa decisamente male.

Innervosito dal gesto di rifiuto, salto giù dal parapetto e rimango a galleggiare in aria a mezzo metro da lei. Mi metto coscientemente alla sua stessa altezza; non più in alto, non più in basso, voglio una discussione alla pari.

Nel frattempo, un paio di falchi planano dietro di lei e afferrano i cappelli di paglia di due riflessi; a quanto pare secondo il mio inconscio è stagione di nidificazione. No, niente vuoti di presenza adesso: distolgo l'attenzione dai rapaci e la indirizzo nuovamente alle iridi verde bosco della mia amata, ancora fisse a terra.

«Non avevo motivo di parlarti di Enn, è una parte di me, del mio inconscio».

Scosta nervosamente il ciuffo dalla fronte sfruttando la mano destra, il suo tic. Trovo molto rassicurante vederle compiere un gesto familiare in questa situazione anomala, anche se stavolta preannuncia tempesta.

«Perché devi sempre avere bisogno di un motivo per fare le cose? Non potevi raccontarmelo e basta? "Ehi amore, mi stavo dilettando nell'arte dei sogni lucidi, quando con mia grande sorpresa mi sono imbattuto in questo curioso individuo chiamato Enn. Ah, tra parentesi, se lo incontri da sola potrebbe tentare di ucciderti"».

Ucciderla?

Conclusa l'imitazione vocale impeccabile, lascia anche lei l'appoggio panoramico e mi dà le spalle, dirigendosi verso la discesa che porta al fiume. Il suo vestito arancione chiaro svolazza a ritmo dei passi svelti.

Quel bastardo voleva portarmela via, eppure aveva detto che non avrebbe preso questa iniziativa senza consultarmi. Non solo, con quali mezzi avrebbe potuto sbarazzarsi di Agata? Senza avermi accanto, Enn dovrebbe essere del tutto privo di poteri. E infine, Agata non rappresenta un pericolo per me, quindi lui non dovrebbe avere alcuna ragione per attaccarla. Non capisco.

Mi teletrasporto davanti alla fanciulla dai colori infuocati e le impedisco di proseguire, bloccandole la strada. Non posso perderla ancora.

«Dimmi cosa ti ha fatto».

«Fammi passare, non ne voglio parlare».

«Agata, per favore».

Cerca di spingermi via, ma le blocco le mani, che serra subito in pugni carichi di astio e paura.

«Sei uno stronzo, come hai potuto permetterlo? Perché non lo fai sparire?»

Lascio che si sfoghi colpendomi tre, quattro volte in pieno addome, per poi crollare su di me piangendo, sfinita dal carico emotivo.

«Non è un riflesso qualsiasi, è troppo... umano. Non voglio più uccidere nessuno, lo sai».

Sospiro e la bacio sulla fronte, stringendola forte e aspettando che si calmi, in silenzio. Nella situazione attuale, non sapere più cosa dire combacia alla perfezione con la futilità di qualsiasi insieme ordinato di parole. A dirla tutta, mi era proprio mancato il contatto fisico con lei, in genere si avvinghiava a ogni occasione. È così bello averla accanto.

«Ti amo, ma non posso fare del male a Enn».

«Lo so, lo so».

Si asciuga le lacrime e ci sediamo sul divano marrone della nostra villa, un altro elemento familiare che faccio comparire per tirarci entrambi su di morale. Ci appoggiamo sullo schienale, e lei resta con la testa sulla mia spalla, respirando piano. Sento le sue corde vocali vibrare leggermente.

«Stanotte ti avevo visto mentre sognavi, però quando è comparso il ponte del nostro primo incontro ho capito che non eri lucido. Da un lato c'eri tu con le tue creazioni, dall'altro una luce fioca, e io ero al centro, immersa nel buio».

Mi fa impressione sentirle raccontare del buio, dev'essere opprimente oltre ogni immaginazione.

«Ho deciso di scoprire cosa fosse quella luce, cominciando a camminare nella sua direzione. Dopo nemmeno tre secondi, dal pavimento nero si è materializzato un riflesso enorme, con gli occhi bianchi contornati da ombre scure. Se non fosse stato per quel dettaglio terrificante, lo avrei creduto direttamente una persona vera, hai ragione quando dici che ha un che di umano. Aveva un'aria minacciosa, ma non si è mosso verso di me. Si è presentato e mi ha intimato di non proseguire oltre. Io invece, pensando che fosse soltanto il ricordo di un tuo incubo, l'ho aggirato, ignorandolo».

«E lui non l'ha presa bene».

Intuisco, continuando ad accarezzarle i capelli. Agata tira su il busto e, voltandosi nella mia direzione, mima i gesti di Enn.

«Per niente, mi ha afferrato le spalle e mi ha scaraventata esattamente dove mi aveva fermata. Avevo paura che mi avesse rotto qualcosa, ma ero illesa».

«Credo fosse una sorta di ultimo avvertimento. Tu cos'hai fatto?»

So che adora farmi immedesimare nelle sue storie, infatti, nonostante lo schock, il suo spirito teatrale torna in superficie e la porta in piedi, poi di nuovo a terra, alternando i ruoli di se stessa ed Enn.

«Io sono scattata in piedi e ho provato a superarlo più volte, però riusciva sempre a buttarmi di nuovo indietro. Dopo un minuto di questo gioco da gatto e topo, mi ha afferrato il collo e ha sentenziato un ultimatum».

Torna seria, mi prende le mani e mi fa alzare dal divano.

«Cioè?»

Non so se essere curioso per la continuazione, preoccupato per la sua salute o arrabbiato con Enn. Lei invece è stranamente tranquilla, anzi, qualcosa di più a giudicare dallo sguardo: si avvicina e fa scorrere le dita dal mio petto fino ai fianchi, cingendomeli in un delicato abbraccio. Solleva il collo e avvicina la bocca alla mia.

«Possiamo parlarne... tra un po'?»

Agata [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora