5.2 • Resta ferma

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Mentre continuo a camminare in direzione di Enn, Agata fa un piccolo scatto per raggiungere il mio fianco e procediamo accanto, in formazione. Mi volto verso di lei e quando incrocia il mio sguardo abbassa leggermente la testa, completando il cenno d'assenso con un sorrisetto carico di decisione. Sono felice che sia stato così semplice riportarla dalla mia parte, Enn ha sottovalutato la forza del nostro legame e ne pagherà le conseguenze, stiamo per fargli passare per sempre la voglia di ghignare. Materializzo una scure nera e la passo ad Agata, imbracciandone subito dopo una seconda. Inclino tutte le lampade verso Enn, illuminandolo come il protagonista di una recita. Siamo due angeli della morte e non ci faremo spaventare da uno stupido riflesso sotto steroidi.

L'unico rumore nella sala è l'eco profonda dei nostri passi, quelli di Agata delicati e leggeri, i miei pesanti e ritmici. Andrà bene, ho sempre contrastato Enn e oggi non sarà l'eccezione.

«Che vogliamo fare esattamente?»

Sussurra la dama alla mia sinistra, sperando di non essere udita dall'incarnazione del mio inconscio. 

«Convincerlo a lasciarti in pace. Ho ancora io il controllo, anche se per poco, quindi prepariamoci a colpire duro, psicologicamente o fisicamente».

«Avevi detto che non l'avresti ucciso».

Agata inclina il viso mostrandosi più sorpresa che perplessa, so che le farebbe piacere vedermi annientare Enn e magari mozzargli la testa.

«Non mi avevi ancora raccontato dell'aggressione».

Ci sono troppi misteri sul tavolo per i miei gusti. Da una parte abbiamo le origini di Agata e un nuovo tipo di manipolazione, dall'altra l'esistenza di Enn al di là del suo guscio. Uccidendo il riflesso, cancellerei totalmente il mio inconscio o passerebbe semplicemente a un altro contenitore? Non è un rischio che posso correre, una vita senza subconscio non è un'opzione, perciò sfrutteremo le armi solo come deterrente, tanto quella di Agata è troppo pesante per essere maneggiata in modo efficace. 

«Ale, quel coso non sembra un tizio con cui si può stare tranquilli, dobbiamo fare attenzione».

Sono convinto che non possa essere del tutto malvagio, è parte di me, a rigor di logica una sua eventuale disfatta implicherebbe la mia. D'altro canto, con lo stesso ragionamento l'ostilità nei miei confronti non sembra avere senso, piuttosto dovrebbe aiutarmi, cosa che effettivamente lui ritiene di stare facendo. 

Niente, non riesco a trovare una soluzione accettabile, mi mancano dei tasselli. 

«So come prenderlo, ma se succedesse qualcosa di inaspettato, qualunque cosa, scappa. Farò di tutto per tornare da te il prima possibile». 

Senza fermare l'avanzata, le prendo la mano e lei ricambia la stretta d'intesa, affermando:   

«Scapperei soltanto se capissi di non poterti aiutare in alcun modo, e non ti azzardare a perdere, dopo dobbiamo discutere di Chiara».

Ecco, ci si mette pure lei. Le mie possibilità di convincere Enn sono già minuscole, ridotte ulteriormente dal fatto che non mi è venuta in mente nessuna idea geniale su come chiudere la faccenda evitando spargimenti di sangue. Comunque sia, Agata è più al sicuro accanto a me, meglio permetterle di restare.

«Tranquilla, ti offrirò un tè come al nostro primo incontro e ti riconquisterò».

Sorrido distrattamente, tenendo gli occhi incollati sul bestione.

«Concentrati sul presente, per ora sei perdonato».

Stranamente, Enn ha tenuto la testa bassa per tutto il tempo, come se stesse aspettando un nostro gesto preciso prima di muoversi ancora. Sembrava così ansioso di rivelare ogni dettaglio sui miei pensieri, possibile che basti una semplice striscia di nastro adesivo per fargli cambiare atteggiamento? Puzza di trappola. Ci fermiamo a mezzo metro da lui, squadrandolo da capo a piedi, anche se non c'è molto da vedere sotto la testa, la maggior parte del corpo è coperta dalle catene e dai lucchettoni ferrosi. A questa distanza però riesco a sentire una sorta di mugolio, che interpreto come un lamento. 

«Enn, facciamo un patto, non voglio ricorrere alla violenza. Non ostacolare oltre il mio rapporto con Agata e io ti lascerò vagare nei sogni come preferisci, altrimenti sarò costretto a ucciderti».

Sto improvvisando e sono quasi contento di non ricevere risposta, escludendo quel sibilo appena accennato. Restiamo immobili, in attesa di una qualche conferma.

«Dici che ti ha sentito?»

Agata si ravvia il ciuffo biondo col suo solito gesto nervoso, facendo un passo indietro.

«Credo di sì».

È difficile interpretare le emozioni di Enn quando tiene le palpebre chiuse, dopotutto il suo volto è occupato in gran parte dagli occhi. Piego le ginocchia facendomi ancora più avanti e resisto a malapena all'impulso rabbioso di sollevargli la testa tirandolo dai capelli, impressionato dal materiale fluido e denso che dà forma alla sua figura. La sostanza si agita senza sosta, creando correnti colorate in costante movimento sulla pelle liscia e lievemente luminosa, simile a quella di un polipo. Attraverso le catene intravedo i bordi dei muscoli possenti, delineati tramite le curve e le pieghe di questi fiumi sfumati, come acque con densità differente che non riescono a mischiarsi e generano quindi confini naturali. 

Finalmente Enn reagisce alla mia presenza e solleva il viso, rivelando che il suo non era un gemito di sofferenza, bensì una risata soffocata, alla quale rispondo indispettito.

«Cosa c'è di tanto divertente adesso?»

Strappo con violenza lo scotch dalle sue labbra sperando di interrompere quei singhiozzi fastidiosi, che invece si concretizzano in una vera e propria risata sguaiata e malvagia. È tutta scena, ma la mia ragazza giustamente non riesce a mantenere la calma, iniziando a tremare. Lo stanzone vibra e le lampadine sul soffitto scoppiano, lasciandoci nella piena oscurità.

«È ancora davanti a te, colpiscilo e basta!» strilla, in preda al panico.

«Enn, falla finita, non forzarmi la mano».

Provo a creare una sfera luminosa sulle nostre teste, ma non riesce a fendere il fittissimo buio della sala, spegnendosi rapidamente. Trasformo l'intero ambiente in una spiaggia che dovrebbe essere soleggiata e percepisco la sabbia sotto i piedi, ma della luce non c'è traccia. Agata lascia cadere la scure e mi abbraccia da dietro, io tento un affondo con la mia, infilzando soltanto l'aria. 

«Ritiro quello che ho detto prima, non scappare, restiamo uniti».

Stringe la presa attorno al mio petto e comincia a piangere, terrorizzata.

«Non voglio morire...»

«Andrà tutto bene, ci sono qua io».

La nostra audacia iniziale, tutto il coraggio, completamente vanificati con l'ausilio della giusta quantità di nero. Non sono mai le tenebre a incutere timore, è il dubbio che vi si celino pericoli. In questo caso, la minaccia si chiama Enn, ed è di sicuro qui, da qualche parte. 

Agata mi lascia andare e la sento tastare il terreno alla ricerca dell'arma.

«Resta ferma, devo poter sentire se si avvicina».

Ubbidisce all'istante, tornando a cingermi i fianchi. Il cuore mi batte all'impazzata, mi restano gli ultimi momenti di lucidità e i miei poteri sono estremamente limitati, ormai succubi di quelli di Enn. Chiudo gli occhi e cerco di stabilizzare la respirazione, però non percepisco alcuno spostamento sulla sabbia.

«Ale...»

«Cosa?»

«Perché non mi tiri le guance e scopri se sono io?»

Agata [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora