6.2 • All'apice del loro egoismo

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«Mi raccomando: scegli bene le parole, come hai fatto con me. Il segreto è tutto lì».  

Il suo tono è scherzoso, ma allo stesso tempo percepisco una punta di amarezza. L'occhiata perplessa con la quale lo sto squadrando non riesce a fornirmi informazioni sul suo reale flusso di pensieri, così sorpasso Antonio e poggio il primo passo all'interno dell'appartamento. Lui mi segue, si chiude la porta alle spalle e mi dà un'indecifrabile piccola pacca sulla spalla, avanzando poi con andamento fiero verso il salotto. 

«Care signore, posso offrirvi un caffè?» esclama, con voce da tenore, probabilmente conscio che una quantità inferiore di decibel non avrebbe raccolto l'attenzione delle mummie sepolte in terrazzo. Non capisco se quell'uomo stia tifando per me o sia pronto a rivendere i miei preziosi organi in caso facessi soffrire la figlia.

«Sono qui per sistemare le cose» bisbiglio, cercando di convincere in primis me stesso. Tony non mi sente e si addentra in una delle stanze più grandi in cui abbia mai messo piede. Però, visti i presupposti del corridoio affrescato, mi aspettavo un ambiente in pieno stile Versailles con cornici dorate e tappezzeria floreale, invece i mobili e l'oggettistica sembrano essere tutti targati Ikea, il che mi fa pensare di non trovarmi al cospetto di una famiglia vanitosa. Sono contento, posso abbassare la guardia e curiosare senza sentirmi un orfanello sperduto nella dimora di un vecchio Lord inglese. 

Alla mia destra sono posizionati due appendiabiti neri ricolmi di indumenti invernali, e dietro di loro noto un quadro alto quanto me, forse raffigurante un paesaggio montuoso, non si capisce bene. Le mattonelle di graniglia sotto ai miei piedi non si estendono oltre l'uscio e lasciano presto il posto ad un parquet scuro davvero suggestivo.

«Il ragazzo è salito, Antò? Chiara è con Sara, vero?». L'esplorazione viene bruscamente interrotta da due sibili rauchi provenienti dall'esterno.

«Starà qui solo qualche minuto, però la mia dolce metà è ancora al lavoro. Allora, lo vogliamo o no questo caffè?» Antonio e la sua voce calma continuano a temporeggiare, ma è evidente che non posso permettermi un giro turistico completo. Peccato, speravo di potermi perdere qualche secondo in più nei dettagli della casa dalle mura giallastre.

A malincuore, svolto a sinistra, come mi ha consigliato Tony il misterioso, e procedo lungo un corridoio costellato di foto grandi e piccole, alcune in quattro terzi e altre a tutta parete. Sembrano il lavoro di un talento amatoriale specializzato in autoscatti, dopotutto in ognuna di esse sono presenti le solite tre persone: Chiara, Antonio e quella che ipotizzerei essere la moglie, Sara. Avrei scommesso un braccio intero sul fatto che gli occhi di Chiara appartenessero alla madre, invece la donna ne sfoggia un paio al confine tra nocciola e oro. 

Tutto a un tratto, un flash evanescente scompone le istantanee di fronte a me e rimescola i personaggi in figure grottesche, macchiate da parti del corpo appartenenti alle altre persone presenti nell'inquadratura originale. Rapido come si è manifestato, l'effetto svanisce e mi lascia disorientato, con le orecchie che fischiano. Cosa diavolo è stato?

Attendo immobile un paio di secondi e la vista torna del tutto operativa, così come il senso di equilibrio. Evento strano, fin troppo per lasciar correre senza tentare almeno un test di realtà; sfilo il cellulare dalla tasca e leggo l'ora, ripetendo l'azione tre volte a intervalli regolari. I pixel che compongono il numero relativo ai minuti rimangono fissi, proprio ciò che dovrebbe succedere nel mondo vero.

Ottime notizie: non sto sognando, eppure quella distorsione caleidoscopica dava tutta l'idea di un'instabilità da sognatore lucido inesperto. Credo di non essermi ancora ripreso dallo svenimento di poche ore fa, meglio camminare più piano e risparmiare energie.

Agata [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora