23 luglio, 18:29
Un dolorino proveniente dal collo, teso verso l'alto ormai oltre il limite di sopportazione, riassume bene il disappunto dell'intero corpo. Venire qui è stata una pessima idea, e lo sapevo fin dall'inizio. Dopotutto, in una catena formata da varie idiozie, l'anello che la chiude rappresenta quasi certamente una trovata infelice, forse perfino peggiore delle precedenti.
Ho bisogno di calmarmi, facciamo mente locale.
Il primo errore è stato senza alcun dubbio decidere di uscire di nuovo: esporsi alla luce in due occasioni così ravvicinate, anzi, nello stesso giorno, è un'esperienza da non ripetere per un tempo considerevole. Il secondo passo falso, non in ordine cronologico, bensì a posteriori, è stato farsi una doccia rinfrescante, poiché la sua utilità si è vanificata già all'incrocio con la soleggiata Via Borgo Allegri, a soli quindici metri dal mio portone.
L'ultima scelta deleteria della giornata, o almeno spero sia quella finale, consiste nell'essersi presentato in abiti civili, ovvero maglietta e pantaloncini, sotto casa di Chiara. Non avevo idea delle insidie che vi si sarebbero celate.
Non appena ho suonato il campanello, che se ne stava lucente e trionfante nella sua posizione privilegiata rispetto a quelli degli altri condomini, un vocione rauco, gutturale e dalla sessualità indefinita mi ha sferzato i timpani con una potenza talmente atipica da rendere complicata l'individuazione della sorgente. Ho alzato il viso solo al successivo richiamo, indietreggiando sul marciapiede. Dal balcone solitario sopra di me si è affacciata un'infastidita signora sulla settantina, molto in carne e di certo fiorentina a giudicare dall'accento usato per chiedermi chi fossi. Alla sua destra si è sporta anche un'altra donna, di identica fattura e dallo sguardo similmente scocciato. Patty e Selma in versione italiana, rese ancora più sospettose dal mio silenzio attonito, mi hanno domandato per la terza volta cosa volessi da loro, squadrandomi da capo a piedi e scuotendo la testa.
Ed eccomi qui: un fabbro che martella sull'anello conclusivo della sua catena, composta da disagio, vecchie sconosciute e, a quanto pare, scarsa eleganza per il quartiere. No, non c'è tempo per distrarsi, rischio di perdere la mia occasione.
«Scusatemi, sono un amico di Chiara. È in casa?» esordisco, ipnotizzato dall'intensissimo nero di seppia che le megere devono essersi da poco spalmate sulle lisce capigliature ormai in declino. Magari di anni ne hanno trecento e spendono tutta la loro ricchezza in coloranti; le rughe da carlino sovrappeso che penzolano dal loro viso cadaverico corroborano la teoria e mi aiutano a sfoderare un sorriso sardonico, sfruttato subito come fosse amichevole.
Le due si consultano tramite un guizzo della pupilla e si incupiscono ulteriormente. «Un amico?» intonano all'unisono, pronte a saltare giù schiacciandomi sotto il loro peso, per niente trascurabile, in caso non gradissero la mia risposta.
La prospettiva non mi alletta e opto per la carta della famiglia. Mi presento di nuovo, sperando di ridurre la minaccia che credo di incutere semplicemente col mio aspetto maschile. «Mi chiamo Alessandro, sono il fratello di Lucrezia Bonace. È una compagna di classe di Chiara, sono qui per portarle dei libri». In modo un po' goffo, sfilo lo zaino mono-spalla che mi ero portato dietro e lo sollevo verso le streghe millenarie, sperando di spacciare la massa della bottiglia d'acqua al suo interno per un manuale di liceo.
Amelia e Circe sembrano cascarci, perciò ne approfitto per rincarare la dose: «Tra una settimana dobbiamo partire e a mia sorella minore servirà il testo per fare i compiti delle vacanze. O lo lascio adesso, o Chiara dovrà trovare qualcun altro che glielo presti».
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Agata [Completa]
General Fiction[Vincitore Wattys 2017] Alessandro, cinico diciannovenne, incontra una ragazza curiosa che lo spinge a dubitare del suo talento più nascosto: poter controllare i sogni. Sono sicuro che anche tu, che stai leggendo, hai sperimentato un sogno lucido al...