5.9 • Il significato che dà la vita

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Cosa vuol dire avere una ragazza sempre nei propri pensieri?

Per me, in una parola, significa responsabilità. Per mia sorella, niente. Non ha capito, o meglio, crede di aver intuito dove io voglia andare a parare, tuttavia ha travisato, ne sono sicuro. Riesco a leggerglielo in quel sorrisetto ancora prima che lo dischiuda, in quella vena di curiosità maliziosa e mal riposta con cui farcisce poi la sua interpretazione, che infatti boccio all'istante. 

«No, Lulu, niente di ciò che hai detto. Niente cotte, nessun invaghimento, sto parlando in senso letterale. Intendo che Agata vive nella mia testa».

In realtà l'amore c'entra, ma discuterne subito avrebbe solo complicato il discorso, e prima sarebbe il caso di fare mente locale su come mi sento davvero nei confronti di Agata. Non ora però, non durante delle riflessioni esistenziali... di cui non avrei alcun bisogno se Lucrezia riuscisse a seguire il filo del mio ragionamento, ma a quanto pare la lingua è qualcosa di misterioso. Non la lingua intesa come muscolo, bensì il linguaggio. Discutendo con lei mi rendo conto di quanto siano vuote le parole, di come ci sforziamo a riempirle di significato durante un racconto, quando in realtà stiamo solo riducendo al minimo una sostanza estremamente complessa e forse impossibile da trasmettere: la memoria. 

Certo, un funzionamento del genere ha senso, dopotutto i nostri ricordi sono soltanto piccoli frammenti di quello che è avvenuto sul serio, altrimenti per rivangare un qualunque evento avremmo bisogno della stessa quantità di tempo impiegata a viverlo. 

Accumuliamo "di proposito" poche informazioni, mascherando il processo di semplificazione con riempimenti inconsci e, una volta che si prende coscienza di questo fenomeno, appare ovvio come anche le parole subiscano un trattamento simile. Serve attenzione per massimizzare l'ascolto e la successiva comprensione, ma il cervello odia sforzarsi, vive di automatismi. Lucrezia non fa eccezione: mi sta a sentire, però immagazzina i miei input come più le piace ed è abituata a fare, rielaborando poi le frasi quanto basta a stravolgerne il senso. 

«No, per la decima volta, Agata è reale. Sì, la incontro nei sogni. Bada bene, non è una contraddizione».

Sembra che stia per incalzare nuovamente, invece si frena. Manifesta il suo stato d'animo con uno sguardo torvo e scettico, al quale replico con un sospiro sconsolato. Possibile che non ci sia altro modo? Un sistema di comunicazione tramite il quale si possa oltrepassare il limite dell'interpretazione personale? Oppure il problema non sta nella lingua, ma nella mia incapacità di sfruttarla al meglio? Provo a rielaborare il concetto.

«Vedi, lei non è reale nel senso comune del termine. È speciale, anche rispetto alle manipolazioni oniriche». 

Dopo qualche domanda sul fatto che l'abbia creata io o meno, mi trovo costretto a dirle di Giulia e degli elementi che legano le ragazze. Non mi stupisco quando sento un senso di realizzazione nell'intercalare di mia sorella, un tono fin troppo arrogante, usato per rendermi partecipe di una verità finta della quale sono già stato messo al corrente da Enn.

«Lo so, Agata incarna Giulia e mille altre cose diverse, però ti assicuro che loro due non hanno nulla in comune riguardo alla personalità».

Il mio è uno sforzo vano, Lucrezia ormai ha trovato la sua soluzione ultima al problema, la chiave di volta che, per quanto risulta valida ai miei occhi, non è nemmeno degna di un posto nel mazzo della USB. 

Secondo lei soffro di nostalgia. La scoperta del secolo, che non aggiunge o toglie nulla ai miei dubbi. È strano. Le ho fornito molti più dati rispetto a quanti ne aveva Chiara al momento della chiacchierata al giardino d'Azeglio, eppure a differenza di Occhioni Blu, Lulu non riesce ad afferrare il punto.

Agata [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora