Una mezz'ora dopo i nostri corpi nudi sono avvinghiati tra loro e intrecciati nelle morbide coperte del lettone, mentre le nostre dita giocano a chi tormenta di più la chioma dell'altro. I suoi capelli, sfumati fra rosso e biondo, sono ordinati, lisci e setosi, infatti li accarezzo facendo attenzione a non scombinarli. Invece i miei boccoloni ribelli sono facile preda delle unghie senza smalto di Agata, pronte a distruggere del tutto la rotondità della mia capigliatura riccia, già appiattita dalle effusioni di poco fa. Nella totale quiete della villa, restiamo a fissare il magico soffitto sconfinato, persi in questo incanto rilassante.La mente vaga e torna a quando da piccolo volevo addobbare la mia stanza, riempiendola di stelline. Purtroppo siamo sempre stati in affitto e non mi hanno mai permesso di decorare direttamente i muri, così a distanza di due lustri ho potuto realizzare qui il mio desiderio, trasformando il tetto nel cielo notturno, colmo di puntini bianchi e brillanti. Non saranno fluorescenti come avevo previsto anni or sono, ma splendono con uguale intensità, alimentati da forze immense e a me sconosciute.
Oh, pazzesco, griderei "Eureka!" Se non fosse un cliché.
«Mi sono reso conto di una stranezza enorme. Non so come costruire le stelle, eppure eccole lì».
Esordisco, stiracchiandomi le braccia con vigore per poi stenderle in alto verso l'immensità del cosmo, mostrando riconoscenza per l'idea che esso mi ha infuso.
«Che intendi?»
Domanda Agata con voce stanca, allungando a sua volta il braccio sinistro per unirlo al mio, ancora puntato all'insù.
«Non ricordo quanti strati interni abbia una stella, quante eruzioni incandescenti spuntino regolarmente dalla superficie e tantomeno sono in grado di creare il plasma di cui sono composte».
«Plasma? Ale, non ti seguo».
«Qual era l'ultimatum di Enn?»
Spero di sorprenderla con un cambiamento repentino di argomento, ascolterei molto volentieri la risposta che mi aveva promesso, invece lei piega la testa verso il basso e la spinge sotto il mio collo, stringendo l'abbraccio. A quanto pare le domande a bruciapelo non contribuiscono all'estrazione del rospo dalla sua bocca. Che poi, sputare un anfibio non mi sembra un'attività tanto comune da renderla proverbiale.
«Non ancora, dammi qualche altro minuto, ti prego».
Insuccesso. Sembra preoccupata, sarà il caso di continuare il discorso sugli astri? Una parte di me vuole solo baciarla ancora, l'altra deve portare chiarezza.
Vince la seconda.
«Va bene, allora è il momento della lezione di fisica».
«Nooo».
Mugola, disperata e mezza addormentata. Non si può certo dire che vada pazza per le scienze come il sottoscritto, e di solito dopo il sesso va a prescindere in modalità di risparmio energetico. Non posso biasimarla, ma continuo lo stesso.
«Dunque, il plasma è semplicemente gas ad altissima temperatura, che però non ho mai visto di persona, quindi non capisco quale aspetto dovrei dargli. Ti torna?»
Un "mh" di assenso conferma che è ancora presente all'appello.
«Poi, ogni stella ha una struttura interna stratificata: l'energia del nucleo si trasmette sia tramite correnti convettive che per irraggiamento passando tra le varie zone, perciò dovrei conoscerle prima di poter creare una stella funzionante».
Si allontana il minimo indispensabile per poter stropicciare gli occhi e sbadiglia, tornando col viso sul mio petto.
«Quindi? A me sembrano normalissime stelle, sei stato bravo e sono venute bene lo stesso, secchione».
Odio quel termine. Le tiro un buffetto sulla spalla come avvertimento. Un altro passo falso e normalmente si scatenerebbe la guerra di solletico, ma dubito che saremo dell'umore adatto quando avrò finito di parlare. Ciononostante, è giusto renderla partecipe delle mie riflessioni, soprattutto perché la riguardano.
«Aspetta, ne avvicino una».
Scelgo la stella più luminosa e la indico, ordinandole di accelerare la sua orbita intorno al centro della galassia fino a raggiungere il punto più vicino alla nostra camera da letto azzurrina.
«Vedi, ha proprio l'aspetto del Sole così come ce lo mostrano le foto della Nasa. Ripeto, non sono a conoscenza del suo funzionamento preciso, però ecco una stella perfetta e stabile di fronte ai nostri nasi. Com'è possibile?»
Porgo un paio di occhiali scuri alla mia amata per darle la possibilità di ammirare la centrale a fusione nucleare, meravigliosa nella sua estrema produzione di calore.
«Continuo a non seguirti Ale, arriva al punto».
«L'elettricità qui è una stella, questa villa è una stella, perfino tu sei la mia stella. Il tuo cervello, il tuo sistema circolatorio, il tuo scheletro, sono misteri. Non posseggo nozioni adatte a creare una persona, eppure eccoti qui, come quel Sole. Ci dev'essere qualcosa che mi sfugge riguardo alle manipolazioni volontarie e involontarie, una via di mezzo su cui non mi ero mai soffermato a ragionare».
Solleva il busto sul cuscino poggiato al bordo del letto, io faccio lo stesso.
«Quindi stai dicendo che mi hai creata tu? Ieri avevi detto di no».
«Non proprio, cioè, adesso ho sinceramente il dubbio. Ho avuto nuove informazioni da un vecchio ricordo e non posso ignorarle».
Certo che potrei fregarmene, potrei non dar peso alla favola del nonno e perdermi nei suoi occhi. Potrei, ma non lo faccio, come al solito. Mi chiedo se riusciremo mai a evitare il discorso sulle sue origini, ormai. È un dettaglio così fondamentale per il nostro rapporto? Siamo stati insieme mesi senza che si introducesse nelle nostre conversazioni, ed eravamo felici.
«Tranquillo, è tutto a posto».
Mi prende entrambe le mani e le carezza con i pollici.
«Sei sicura?»
«Ale, davvero, non so come dirtelo, però devo se non voglio sparire e basta».
Sospira e la voce le si incrina. Che sia questo l'ultimatum del bastardo?
«È l'ultima notte che passiamo insieme, Enn è stato categorico: avrei potuto trascorrere con te quest'ultimo sogno, a patto di evitarti da ora in avanti. Se non rispetterò questo termine, alla prima occasione mi ucciderà».
Sto per ribattere, quasi riesco a muovere le labbra e ad articolare i miei pensieri pieni di opzioni confortanti, ma il letto viene divelto dall'arrivo di Enn. Sbuca dal pavimento e spezza a metà il giaciglio di legno, prendendo fra le braccia Agata.
«Tempo scaduto».
Gracchia, metallico.
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Agata [Completa]
General Fiction[Vincitore Wattys 2017] Alessandro, cinico diciannovenne, incontra una ragazza curiosa che lo spinge a dubitare del suo talento più nascosto: poter controllare i sogni. Sono sicuro che anche tu, che stai leggendo, hai sperimentato un sogno lucido al...