4.6 • Specchi rossi

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Dev'essere una coincidenza.

Agata si è fregiata per puro caso dello stesso nome appartenente di diritto al minerale che sto stringendo fra le dita tremanti, non esiste nessuna correlazione.

Certo, come no.

Scruto la gemma sottile e leggera, normalmente scura, ma capace di splendere moltissimo se colpita da una luce intensa. Si tratta solo di una piccola fetta, tagliata da un minerale chissà quanto più massiccio. È giunta in mio possesso quando avevo cinque anni tramite Gianluca, nonno Gianluca; si trova qui da una vita, però non la stringevo dall'inizio delle medie, quando nonno è venuto a mancare. La presenza di questa pietra preziosa nella mia vita suggerisce forse che Agata è davvero una mia creazione inconscia?

No, Ale, calma, restiamo con i piedi per terra. Quest'Agata è blu, e la mia fidanzata non solo non ha caratteristiche fisiche legate a quel colore, ma perfino i suoi abiti seguono sfumature completamente diverse, quindi c'è qualcosa che non torna. Se la gemma fosse la fonte sia del nome che dell'aspetto di Agata, dovrebbe rifletterne le caratteristiche? Oppure da essa ha origine solo il nome? Non so, non capisco.

Però c'è un qualcosa nei recessi della mia memoria, collegato al ricordo di questa gemma blu.

Piego le ginocchia e recupero con delicatezza l'intera ciotola, tossendo vigorosamente nel processo a causa dell'allergia alla polvere. La poggio sulla scrivania dello stereo, accanto al computer, e inizio a rimuovere un cristallo dopo l'altro. Ematite, pirite, ametista e infine ciò che cercavo, sul fondo del contenitore concavo.

Una seconda varietà di quarzo, identica alla precedente per forma e peso, ma opposta nelle sfumature. Sapevo di avere anche un'agata rossa, non posso dimenticare il momento in cui mio nonno me le aveva regalate entrambe, accompagnando il dono con una delle sue brevi favole. Nonno era un ingegnere elettronico, però adorava scrivere e immaginare storie contorte, che mi raccontava appena poteva, ma solo dal vivo. 

Fa male pensare a lui, anche se è passato così tanto tempo.

Sarà la sorpresa del ritrovamento, la tristezza, il caldo torrido nella stanza, la mancanza di cibo e acqua da ore, davvero non so, non so nulla ormai, però arretro verso il divano e chiudo gli occhi in cerca di pace, crollando svenuto sul giaciglio secondario.

Una voce lontana mi chiama.

«Dottorino mio! Come va la vita, un manico di giravite?»

Abbraccio il suo pancione da buona forchetta e inclino la testa verso l'alto per mostrargli il mio miglior sorriso felice. Sto crescendo, eppure nonno è ancora il doppio di me.

«Ciao nonno! Io sto bene, tu? Hai finito il racconto?»

Mamma e papà ci raggiungono affaticati dopo aver portato dentro le valigie e messo Lucrezia a dormire nella culla. Tirando corto per lasciarci soli, salutano il più anziano fra noi, ormai abituati al rituale da cantastorie con cui il nonno mi saluta dopo mesi di lontananza.

Mentre aspetto trotterello nella terrazza della casa al mare, guardando prima il cielo terso, poi la settimana enigmistica in via di completamento sul tavolo di plastica e in seguito la testa pelata del nonno. Quando i miei genitori finalmente lasciano la terrazza, mi fermo di fronte a Gianluca, fissandolo nei suoi occhi scuri e simpatici. Capisce che la curiosità mi sta divorando e riprende il discorso, infilando le mani in uno zaino appeso alla sedia dietro di lui.

«Certo che ho finito il racconto, e stavolta ho anche qualcosa di molto speciale. Chiudi gli occhi, gioia».

Li stringo fortissimo per convincermi a non aprirli e intanto saltello sul posto, impaziente. Il sole mi è rimasto impresso sulla retina e guizza a tempo con il movimento delle pupille.

«Ale, hai mai sentito la storia dell'agata rossa?»

Chiede, prendendo tempo. Lo sento armeggiare con della carta stropicciata: di solito è quella che usa per proteggere le gemme più delicate.

«No, nonno, di che parla? E che hai lì?»

Quando finalmente mi dà il via per sbirciare, due minerali di forma ellittica sono appena stati posti sulle mie mani, uno azzurro profondo nella sinistra e l'altro rosso intenso nella destra. Nonno mi fa cenno di sedermi senza lasciare andare i doni.

«In un paese lontano, vive un Re giovane e forte, con dei capelli lunghi e biondi, che scendono a boccoli da sotto la corona lucente».

«Come il Re di Denari?»

Lo interrompo, seguendo con lo sguardo una linea fra le tante sulla sua camicia a quadrettoni marroncini.

«Esatto, come quello delle carte da gioco, ma lui si chiama Alessandro, Re Alessandro, e abita in un castello completamente decorato con una delle due pietre che hai tra le mani. Sai indovinare quale sia?»

Contemplo i due minerali e scelgo quello a sinistra, più vicino ai miei gusti.

«Questa qui».

Gli rispondo, avvicinando la gemma blu ai suoi spessi occhiali da vista. Lui sorride e mi stringe la mano.

«Perspicace come sempre il mio nipotino, hai proprio ragione! Re Alessandro adora le agate blu, infatti ha riempito ogni muro di ciascuna stanza con queste pietre. Ne ha così tante da permettergli di specchiarsi su di esse ovunque vada all'interno del castello. Protetto da quelle mura, ha sempre vissuto in tranquillità, finché un brutto giorno la fortezza è stata attaccata e la moglie di Alessandro è rimasta ferita gravemente».

«Oh no, poverina!»

Il nonno fa un'espressione che mi tranquillizza, intendendo "Va tutto bene, è solo una favola". Lui è l'unica persona che riesco a capire senza che parli, immagino sia perché gli voglio tanto bene.

«Il Re non ha esitato un secondo e l'ha portata dai migliori scienziati, chiedendo loro di salvarla, ma non è stato possibile, non con metodi tradizionali. Gli studiosi, mossi a pietà, hanno deciso di provare una tecnica sperimentale e incidere l'anima della Regina nelle agate del castello, come tantissimi cd controllati da un unico enorme computer. Hanno spiegato al sovrano che lei avrebbe vissuto in un altro mondo, accanto al Re, però fisicamente irraggiungibile, e avrebbe vegliato su di lui attraverso i cristalli. Questi ultimi, al momento dell'accensione del macchinario, si sono tinti di rosso, come i capelli della Regina. Da quel momento Alessandro si specchia nelle agate rosse e in esse osserva la moglie che gli cammina accanto con occhi tristi. Non può parlare né stringere davvero i loro figli, è intrappolata lì, da sola».

«E poi?»

«Facciamo così: deciderai tu il finale, quando sarai abbastanza alto e supererai il parapetto della terrazza».

«Ma ci vuole troppo!»

«Meno di quanto credi».

Poggio una mano sulla sua spalla e contemplo gli alberi circostanti, quasi tutti pini. Il mare si staglia fino all'orizzonte, esattamente come mi aspettavo da piccolo. Purtroppo non vedrò mai questo paesaggio da sveglio, ormai abbiamo venduto la casa.

«Nonno, ho superato anche te da un pezzo, mi dispiace che tu non sia riuscito a vedermi crescere. La tua storia è splendida, il macchinario in particolare, anche se privo di qualsivoglia fondamento scientifico. Che razza di ingegnere eri».

Le lacrime cominciano a scendere lente rigandomi le guance, mentre la sagoma di Gianluca trema e perde solidità, tornando alla classica conformazione indefinita tipica dei riflessi.
Ciao nonno, bentornati sogni lucidi.

Agata [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora