Svicoliamo lontano dalla folla e ci avviamo verso il quartiere di Santa Croce, a est del Duomo. Schiviamo i turisti senza lamentarci né darci segnali, ormai temprati da una vita all'insegna dello slalom. Guizziamo fra le macchine fotografiche, evitando abilmente di apparire nelle tanto agognate inquadrature da cartolina e, superato il Campanile di Giotto, Chiara decide di interrompere il silenzio imbarazzante.
«Ti devo parlare di una cosa».
«Certo, ti ascolto».
Le rispondo, assegnando alla conversazione un terzo della mia attenzione possibile, quantità notevole. Il resto è distribuito fra la preoccupazione del diario e la ricerca di un percorso ottimale, rapido e abbondante dell'ombra proiettata dai bassi palazzi fiorentini.
«I primi di marzo del 2012 ero all'ultimo anno di medie, ma come tante ragazzine sembravo più grande e i liceali mi avevano puntata da parecchio. Scoprii che uno di loro, il mio secondo fidanzato, aveva baciato un'altra».
Per colpa di Giulia conosco bene quella sensazione, è facile immedesimarmi nella piccola Chiara delusa. Però il flusso di coscienza non si sofferma sulla mia ex, preferendo ripescare gli anni bui delle medie, in cui non venivo minimamente considerato da nessuna delle compagne di classe, troppo concentrate sui primini del Castelnuovo, che sarebbe poi diventato il mio liceo.
«Insomma, parlandone con le amiche, avevo capito che questo Samuele ci aveva provato con me solo per mettermi in mostra e vantarsi col suo gruppo. Ero distrutta, anche il ragazzo del mio primo bacio mi aveva riservato lo stesso trattamento e non potevo sopportare di essere stata ingannata due volte da comportamenti apparentemente gentili di maschi indifferenti. Rimasi una settimana a piangere, poi in tutta la città cominciò a diffondersi una notizia particolare che riuscì a distrarmi: un sedicenne candidato alle nazionali di judo aveva salvato la sua famiglia da un assalitore violento. Mi risultò immediatamente antipatico, pensai che fosse un tipo pieno di sé, infatti mi aspettavo di assistere a decine di interviste in cui si sarebbe vantato della prodezza compiuta, invece non si fece vedere. Sparì dalla circolazione, nonostante tutti parlassero di lui come un eroe».
Ricordo bene l'insistenza dei giornalisti, devo ringraziare il mio psicologo per averli definitivamente allontanati. Se avessero osato elogiare il mio "coraggio" puntandomi una telecamera in viso, sarei crollato di sicuro, dopotutto all'epoca mi vedevo ancora le mani sporche di sangue.
«Uccidere qualcuno non ti rende un eroe».
«Certo che no, ma salvare quella che adesso è la mia migliore amica, sì. Fammi finire, ci tengo a raccontartelo».
Nonostante sia in completo disaccordo, annuisco, svoltando in Via Ghibellina. Siamo a meno di ottocento metri da casa, l'ansia di rileggere le duemila pagine del diario si fa sempre più intensa, ma mi interessa davvero il suo punto di vista sull'accaduto e devo rimanere concentrato. Potrebbe essere la seconda persona a cui presto orecchio così a lungo senza sbuffare.
«Volevo assolutamente parlarti, avevo bisogno di qualcuno che mi considerasse come meritavo, a cui non importasse nulla della fama o di esibirmi come un trofeo. Qualcuno che fosse capace di tutto per me, che si affezionasse sul serio. Purtroppo, qualche mese dopo venni a sapere di Giulia e le mie speranze crollarono».
Le lancio uno sguardo interrogativo, a cui risponde con una smorfia da presa in giro.
«Tranquillo, non ti stavo stalkerando».
«Oh, certo che no, ma vai avanti».
Chiara continua la narrazione, sistemandosi la fascia e schiarendo la voce. Ne ha di fegato per descrivere così apertamente come si sentiva.
«Suvvia, Firenze è piccola e le voci giravano, però da quel momento smisi di fantasticare; non volevo essere la tua ruota di scorta, così aspettai un'occasione futura per cercarti di persona e conoscerti. Un po' per fortuna, un po' per richiesta scritta, quando quest'anno la mia classe si decimò dopo le bocciature, mi smistarono insieme a Lucrezia. Era passato molto tempo e avevo conosciuto un altro ragazzo apparentemente a posto, quindi sviluppai l'amicizia con tua sorella e Cecilia senza alcun secondo fine nei tuoi riguardi. Più tardi, intorno a gennaio, lasciai il mio fidanzato per il solito motivo, aveva fatto lo stronzo, scoprendo che anche fra te e Giulia non aveva funzionato».
"Non aveva funzionato". Sembra così semplice messa sotto questa luce, però immagino che qualsiasi relazione, analizzata da un esterno, risulti banale e prevedibile. Non posso biasimarla.
«Mi sentii di nuovo come la prima volta che avevo saputo dell'incidente, divenni di nuovo impaziente e un mese fa scoppiai, raccontando tutto a Lucrezia e chiedendole di poterti finalmente conoscere. Lei ne fu contenta, Cecilia meno, ma non poteva fermarmi, ero troppo determinata. Quando entrai in casa tua e mi salutasti distratto, mi sembrasti un vecchio cavaliere stanco, valoroso e provato da anni di battaglie. Ovviamente nei modi, non nell'aspetto, ti avevo visto su Facebook e non eri cambiato affatto. Comunque, il modo in cui mi consolasti quando Cecilia e Lucrezia mi lasciarono in casa mi spinse a cambiare approccio con le altre due, il che portò a un grandissimo miglioramento dei rapporti».
Stando a quanto dice, nella versione inventata ho aggiunto solo questo inesistente fratello Carlo, il resto va piuttosto bene, ottime notizie!
Oltrepassiamo a passo svelto l'incrocio del Teatro Verdi, a trecento metri dal mio Regno. Infilo una mano fra i ricci e li scombino ritmicamente, nel tentativo di mettere ordine tra la versione di Chiara e il mio ricordo fallato. Lei intuisce il mio stato d'animo e riprende il discorso proprio da lì.
«A questo punto, non so esattamente come ricordi il nostro primo incontro, ma sono qui per aiutarti a ricomporre i pezzi. Non accetti che possa dubitare dell'esistenza di Agata? Beh, io non accetto che dimentichi il momento in cui hai confermato le speranze che ho riposto in te per anni, salvando in poche frasi la mia amicizia con tua sorella. Hai mostrato più interesse tu in quell'occasione che tutti quei bastardi dei miei ex messi insieme!»
È evidente che mi abbia messo su un piedistallo, caricandomi di un'aura da favola, come un essere perfetto, immacolato, e non potrebbe essere più lontana dalla verità. Come ho detto ad Agata, sono solo uno che gioca coi sogni.
«Chiara, frena, ora hai capito come sono fatto, no? Non sono un eroe lucente».
«Sì che lo sei, anche se a modo tuo, però odio che tu sia così freddo con me, quando saresti capace di incendiare il mondo col tuo sguardo. Vorrei che parlassi di me con la stessa passione che prima hai riservato al discorso su Agata, devastandomi. Era esattamente ciò che mi aspettavo, che avevo desiderato, ma dovevi bruciare così per me, non per lei!»
I suoi occhi blu sono tornati all'usuale fulgore e li punta nei miei come se non avesse mai visto altro. Devo ammettere di provare un forte nodo alla gola, che giustifico prontamente incolpando l'angoscia per il diario.
«In tutta franchezza, c'è solo una cosa per cui ardo, adesso».
Stringo il mazzo con la USB e infilo la chiave marchiata di verde nella toppa della serratura.
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Agata [Completa]
General Fiction[Vincitore Wattys 2017] Alessandro, cinico diciannovenne, incontra una ragazza curiosa che lo spinge a dubitare del suo talento più nascosto: poter controllare i sogni. Sono sicuro che anche tu, che stai leggendo, hai sperimentato un sogno lucido al...