Come primo giorno di scuola, devo dire che è stato una sottospecie di disastro, di sicuro non è stata la stessa cosa per Jasabelle: seduta nel suo solito posto ci racconta della sua grande "avventura alle elementari", descrive ogni minima cosa fatta agitando la forchetta e dondolandosi sulla sedia, che cigola in modo inquietante.
Mio padre fa finta di ascoltarla mentre fuma la sua solita sigaretta post cena.
E io?
Vorrei ascoltarla, ma ho completamente la testa nel pallone.
Odio, ma dico veramente, odio quel ragazzo: se ne avessi l'occasione, gli punterei una pisola alla tempia e gli sporcherei di sangue quei bei capelli biondi.
Dovrei raccontare tutto a Traci, ma non posso: si incazzerebbe e quando Traci si incazza, si incazza, oh come si incazza.
Non facciamola incazzare.
<<E' stata una giornata stupenda!>> e crolla, esausta dal suo racconto, accasciandosi sulla sedia.
<<Visto che non c'era motivo di essere tristi stamattina>> mi porto una sigaretta di mio padre alla bocca e la accendo.
<<E tu papà, cosa ne pensi di questa giornata>>
Finalmente volge uno sguardo assente su di noi.
<<Penso che ne ho abbastanza delle vostre voci>> si alza e va a prendersi una bottiglia di Scotch.
Jasa abbassa gli occhi.
<<Tua figlia ha appena avuto il suo primo giorno di scuola, degnati almeno di ascoltare come è andata>> butto fuori il fumo.
<<Guarda Avril cara, io lavoro per sfamare anche te.>>si versa l'alcolico nel bicchiere.
<<Non l'ho messo in dubbio infatti. Ho solo detto che sarebbe carino se appoggiassi Jasa e la ascoltassi ogni tanto>>
<<A me non me ne frega un cazzo di come sono andate le vostre inutili giornate! Tanto meno ho voglia di ascoltare inutili storielle su quanto sono brave le maestre e di come sono buone le merendine della mensa>> sbatte la bottiglia sul tavolo e mi punta il suo indice a due centimetri dai miei occhi.
Gli butto fuori il fumo in faccia, lentamente.
<<Jasa vieni, andiamo a letto>> spengo la sigaretta nel posacenere e spingo indietro la sedia per alzarmi.
<<No, io e te dobbiamo ancora parlare>>
Fantastico, è incazzato.
Stupendo.
<<Jasa vai in camera e chiuditi a chiave>> le sussurro in un orecchio prima di vederla sgambettare via.
Mi alzo e comincio a lavare i piatti stando in silenzio.
<<Non permetterti mai più>>
<<Cosa? Di vedere mia sorella crescere nella più totale convinzione di essere una nullità per te?>>
Poggio rumorosamente un piatto sullo scola-piatti.
<<Non ti preoccupare, tu lo sei più di lei. Te ormai sei persa, lei almeno ha una possibilità>>
Chiudo gli occhi e prendo un bel respiro.
<<Tu sei come tua madre: te ne freghi. Prendi e te ne vai. Sei egoista, sai solo scopare.>> tossisce raucamente.
Mi volto e gli lancio un bicchiere addosso.
Si abbassa e il vetro si frantuma sul muro a due centimetri dalla sua testa.
Sento mancarmi il fiato.
L'ho fatto senza pensarci.
<<Non paragonarmi a quella donna, non darmi della puttana. Ho tante qualità che tu non sai solo perché non ti sei mai disturbato di conoscerle>> mi avvicino a lui come una furia.
Qualità? E quali sarebbero, Avril?
Rollare canne?
Si mette a ridere.
Ride?
<<Ma chi ti credi di essere?>> beve un sorso di scotch.
<<Dimmi chi cazzo ti credi di essere?>> un tono non alto, ma che ti fa gelare il sangue in un modo terribile.
Ci guardiamo negli occhi e sento i miei polmoni contrarsi troppo velocemente.
Non so come le sue mani finiscono sulla mia gola.
Mi spinge per terra, facendomi urtare una sedia.
Sento il suo peso sulle gambe mentre cerco di graffiargli il viso per fargli togliere le mani.
Risultato: mi afferra i polsi e mi blocca completamente.
E così ricomincia un'altra volta la routine.
Prima si concentra a distruggermi la faccia e quando sono abbastanza morta si alza e mi tira i soliti cinque calci nello stomaco: mai uno di più, mai uno di meno.
Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sento che mi afferra i capelli e mi tira su la testa.
<<Stai al tuo posto lurida ragazzina>> e me la lascia cadere pesantemente sulle piastrelle.
Guardo i suoi piedi uscire dalla cucina.
Vedo tutto così sfuocato.
Mi sdraio con fatica sulla schiena e fisso il soffitto per almeno dieci minuti.
<<Ok>> sussurro a me stessa <<Ora alzati Avril>>.
Mi metto seduta e poi mi alzo: un dolore lancinante mi prende tutto il costato fino ad arrivare all'altezza delle ovaia.
Mi sciacquo il naso e il labbro dal sangue per poi riguardarmi allo specchio del bagno.
Sbuffo rumorosamente e trascino i piedi verso camera mia.
"Tra un quarto d'ora al tavolo del parchetto"
peccato che il messaggio di Traci fosse di quarantacinque minuti fa.
Digito velocemente una risposta e poi vado ad aprire l'armadio.
Infilo una felpa nera pesante e inforco le solite Air Force.
Scavalco il davanzale, abbasso la finestra lasciando uno spiraglio e scendo le metalliche scale esterne al palazzo.
<<In ritardo ma c'è sempre>>
Sento urlare da qualche metro più in là, sicuramente è la voce di Dixton.
<<Beh, almeno ci sono>> cerco di dire con tono entusiasta.
<<Ciao tesoro>> mi si butta addosso Traci.
Mi esce un gemito per il dolore.
<<Tutto a posto?>>
Annuisco velocemente per poi limitarmi a salutare gli altri con un semplice "Ciao".
<<Mamma mia, hai una faccia...>>
<<Grazie Emily me ne sono accorta>> dico scocciata e prima che qualcuno possa aggiungere altro <<Chi mi alza una cartina lunga?>>
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Bravi ragazzi nei brutti quartieri
Roman pour AdolescentsAvril, quasi 17 anni un padre alcolizzato e violento, una sorella di sei anni da accudire e proteggere, e una madre che non si sa più dove sia. Zack, 19 anni, spacciatore del quartiere in cui vive anche Avril, occhi freddi, corpo tatuato e un pass...