49.

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Tiro le solite due spallate e la porta si apre.

<<Cazzo papà!>> sobbalzo mettendomi una mano sul cuore <<Che ci fai a quest'ora a casa?>>

Mi guarda per un attimo e poi ritorna a fissare il vuoto, muovendo solo il braccio per avvicinare alla bocca il bicchiere di vetro o la sigaretta appena accesa.

Rimango leggermente scossa dal vedere come si è ridotto: la sua pelle è giallastra e le guance sono scavate da quanto è dimagrito.

<<Ho comprato della zuppa di pomodoro per cena, se no abbiamo le cotolette avanzate di ieri>> urlo dalla cucina riempendomi un bicchiere d'acqua.

<<Non credo di cenare stasera>>

<<Papà, non puoi continuare a saltare i pasti>>

<<Non sei nessuno per dirmi quel che devo o posso fare>> il suo tono basso e pacato mi fa accapponare la pelle.

<<Sei rinchiuso in casa, su quella poltrona da giorni, non hai nemmeno cercato un nuovo lavoro>> sospiro leggermente <<Cos'è che hai?>>

<<Smettila di rompermi le palle, vattene in camera che mi fa male la testa>>

Evito di ribattere, mi beccherei qualche ceffone come al solito.

Sbatto la porta alle mie spalle e mi butto sul materasso accendendomi una canna mezza incominciata: osservo l'enorme macchia di muffa che spicca sul soffitto di camera mia,che ben presto non lo sarà più, se continuiamo a non pagare l'affitto.

<<Ciao, sono Traci, lascia un messaggio se è urgente!>> sbuffo e metto giu la chiamata.

Scorro su e giù tutti i nomi della rubrica, così velocemente e meccanicamente che non faccio nemmeno caso ai nomi. Il mio pollice si ferma,il fumo esce dalla mia bocca: sono davvero così annoiata da voler chiamare proprio lui?

Clicco sul suo nome.

No, è una cazzata, starà spacciando ora.

Clicco sulla freccia per uscire dal contatto.

<<Ma vaffanculo>> e in un attimo ho l'orecchio destro attento al suono di attesa della chiamata.

-Avril?-

<<Ehm, >> mi rendo conto di averlo chiamato ma di non aver nulla da dirgli.

-Va tutto bene?-

<<Ehm si, a te?>>

-Si...-

mai stata così imbarazzante una conversazione al cellulare, ma che diamine mi prende?

-Senti,se vuoi ho ancora qualche grammo da fumare, potresti venire da me, o se vuoi vengo io-

<<Non avresti un test domani?>>

-mi sono presentato a due in tutto l'anno, non credo che un terzo mi possa salvare-

<<Allora, vengo io da te, che è meglio>>

-Ci vediamo tra poco allora-

<<A dopo Zack>>

Non ci metto molto ad arrivare, salgo a due a due le scale metalliche cercando di ricordare il piano.

<<Guarda che esiste anche una porta d'ingresso>> ridacchia aprendomi la finestra.

<<Ormai preferisco le finestre alle porte>>

Mi siedo a gambe incrociate sul suo letto, senza neanche chiedere il permesso. Da maleducati vero? Credo che però non sia il tipo che si faccia ste pare mentali, o almeno spero. Mi levo il cappuccio e prendo a fissarlo con insistenza con la speranza che cacci fuori quella busta da finire.

Le sue dita che scorrono lungo la cartina, la sua lingua che passa sulla strisciolina di colla... è tutto così dannatamente sexy.

<<Sei strana oggi>>

Mi risveglio dal mio sogno erotico e alzo un sopracciglio: <<Sei tu quello strano in questo periodo>>

Inclina la testa ammiccando un sorriso trattenuto.

<<Sono solo preoccupata per mio padre, tutto qui>> gesticolo con la mano sperando che il discorso cambi.

<<Ti va di parlarne?>> il fumo esce dalla sua bocca ad ogni lettera pronunciata. Afferro la canna e scuoto la testa dopo aver fatto un lungo tiro.

Rimaniamo a fumare in quella stanza semibuia nel più completo silenzio: ma non è un silenzio imbarazzante, è uno di quelli che ti aiutano a pensare, a ragionare e a riflettere. Pensi anche alla più misera minchiata, ma pensi.

<<Perché io e te non stiamo ancora insieme?>>

Il fumo mi si blocca in gola e comincio a tossire fino a sentire gli occhi lacrimare: <<E' la terza canna che parla o sei serio?>>

<<Sono serio>> si solleva dal materasso mettendosi seduto davanti a me <<Scopiamo da dio, abbiamo caratteri praticamente simili, ci siamo visti e sostenuti quando eravamo completamente andati a fondo e...>>

<<E cosa Zack?!>> non so se incazzarmi, se ridere o se prenderlo sul serio.

<<Mi piaci cazzo Avril>> sbotta di colpo <<O almeno credo, non lo so, non sono pratico di queste robe>> scuote la testa avvicinandosi il filtro alla bocca.

<<Te davvero pensi che potremmo funzionare?>>

<<Non lo so. Non credo che queste cose funzionino o non funzionino.  So solo che non è normale desidera così tanto una persona>>

Lo fisso dritto negli occhi, e lo vedo a disagio: sta dicendo la verità, ma è come se si vergognasse di dirmela. Poi la mente mi riporta a quella notte al cantiere, a quel pugno e ai suoi occhi pieni di rabbia e disprezzo.

Abbasso lo sguardo.

<<So a cosa stai pensando>> la sua voce trema <<io non sono uno violento, ero sotto pasticche pesanti e avevo bevuto>> si alza di scatto dal letto <<e vederti uscire da quel bagno con quel verme...>> il suo pugno è stretto, stretto al punto da fargli tremare l'intero braccio.

<<Zack>>

Non mi risponde.

<<Zack>> mi alzo pure io <<tranquillo>> mi metto dietro di lui e gli prendo il pugno fra le mie mani.

Le sue dita si intrecciano con le mie e con un braccio gli cingo il busto, premendo la guancia contro la sua schiena.

<<Posso dimenticare, se anche tu lo fai>>

Bravi ragazzi nei brutti quartieriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora