35.

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ZACK

Non credo di essermi mai impressionato così tanto fino ad ora.

Fino alla vista di questa scena.

Mi avvicino alla ragazza e la sollevo con l'intento di metterla seduta, ma la sua convinta opposizione mi rende tutto più difficile.

<<Che cazzo vuoi tu>> semi urla appena riesco a metterla dritta, è in un grandissimo post sbornia, se non è ancora ubriaca <<vattene!>>

Sto zitto e la guardo mentre cerco di ragionare su cosa fare.

Il suo volto è completamente ricoperto da lividi, il labbro spaccato così come il sopracciglio sinistro.

<<Andiamo in ospedale>> 

<<No, no, no>> urla isterica spalmandosi il più possibile sulla parete a cui è appoggiata.

<<Cazzo Avril, ma ti sei vista come sei conciata? Che cavolo è successo?!>> urlo anch'io questa volta. <<Sei ubriaca marcia, drogata fino alla punta dei capelli e con il volto pestato a sangue. Che cavolo ti è successo>>

Dovrei essere forse più gentile, ma ho talmente tanta rabbia dentro che non riesco neppure io a controllarmi: vederla in una situazione così disastrosa, conciata male, con i capelli sporchi e arruffati e semi morta in una stanza che pare il luogo di un massacro...

<<Che ti è successo?>> chiedo di nuovo con un tono più basso <<Traci era molto preoccupata per te. Appena si libera viene. Ma mi devi dire che ti è successo>>

La risposta che mi da non me la aspettavo per niente: si mette a piangere.

E piange tanto.Si porta una mano sul volto e comincia a singhiozzare rumorosamente.

<<Avril...>>

Mi siedo accanto a lei e la prendo fra le braccia come una bambina da cullare; non si calma per nulla però. Piange e ripete parole impercepibili alle mie orecchie.

<<Ti porto in ospedale>> sono sempre più convinto che si la cosa giusta da fare.

<<No, non posso>> si allarma subito. 

<<Quando arriverà la tua amica, se decide che bisogna portarti in ospedale ti ci portiamo anche se non vuoi o non puoi.>> dico con tono pacato. <<Così va meglio?>>

Non risponde.

Mi assale la forte paura che sia stato Sasha. La sera dello scontro l'aveva chiamata "la bella piccola Reed" quindi di sicuro la conosce molto bene, essendo anche amico del padre.Potrebbe essersela presa con lei per colpa mia e dei miei affari.

La tentazione di chiederle ancora chi le abbia fatto questa mostruosità si fa sempre più presente, ma tanto so che non mi risponderebbe.

Allora mi alzo in piedi e la prendo in braccio.

Le scappa un gemito di dolore.

Apro la porta della sua stanza e cerco il bagno: per fortuna che è la prima porta vicino alla sua.

Accendo la luce e la metto seduta sul ripiano del lavandino poi metto il tappo alla vasca e faccio scorrere l'acqua.

Bravi ragazzi nei brutti quartieriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora