28.

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Sento la serratura sbloccarsi e subito balzo in piedi in panico.

Come diavolo reagirà quell'uomo?

Come reagirà nel vedere che la donna che amava e che lo ha abbandonato per inseguire un sogno di ricchezza, è tornata dopo sei anni?

<<Papà>> la mia voce è bassa e sembra quasi che gli stia chiedendo aiuto.

L'umo chiude la porta e poi si pietrifica.

La guarda con occhi completamente confusi.

<<Caroline>> continua a fissarla.

<<Liam, amore mio>> la donna si lancia verso di lui ma l'uomo la blocca e la spinge lontano da se.

<<Che cazzo ci fai tu qui!>>

<<Jasa vai subito in camera>> le ordino capendo che la situazione non sarebbe potuta migliorare.

<<Liam, sono tornata>>

<<Cos'è, quel Philip ti ha lasciata? Ha capito che schifosa sei?>>

La donna comincia a piangere: <<No, mi mancavate. Mi mancavi tu>> cerca di nuovo di avvicinarsi ma viene spinta indietro.

<<Ne ho abbastanza di puttane, vattene subito>> sbraita.

<<No, Liam ti prego>>

Questa volta si prende uno schiaffo che la fa finire a terra. Solleva il busto scossa da una miriade di sussulti. I capelli corti le ricadono confusi sulla faccia, la bocca emette solo strazianti lamenti.

<<Smettila di frignare!!>> sbraita mio padre, si piega su di lei e la afferra per i capelli <<Sei solo una puttana, non accolgo in casa mia delle fallite>> e la butta per terra.

Una scena pietosa, non riesco a muovermi, sono in piedi impalata incapace di compiere qualsiasi movimento.

Lei che striscia come un verme ai piedi di mio padre, che continua ad insultarla.

Ho una voglia tremenda di piangere o di urlare, o di distruggere qualsiasi cosa.

Spero con tutta me stessa che Liam non la riaccolga, che la butti fuori. Non voglio avere questa donna, mia madre, in giro per casa a cercare di risistemare questa famiglia ormai sfasciata e poi a distruggerla di nuovo, come ha fatto quando Jasabell non aveva neanche otto mesi.

Mi ricordo ancora quel periodo, erano i primi di settembre del 2006: Jasa era nata il 20 maggio di quell'anno. Un' enorme gioia per tutti e tre. Mio padre aveva già un leggero problema con alcol e droghe e pure mia madre: ma erano così felici, litigavano, si menavano, ma erano felici. Una felicità che è durata quattro mesi. Ero ritornata a casa dopo scuola, avevo dieci anni. 

Non c'era nessuno.

Mia madre doveva essere in maternità ma a casa non c'era e aveva l'asciato mia sorella nel lettino da sola. Avevo cercato di chiamarla più volte dal telefono di casa, ma il numero risultava inesistente.

Mi spiace informarla che il numero da lei digitato è inesistente

Mio padre? Beh, da li è impazzito, sapeva che ci aveva mollati per un'altro con più soldi. 

Beveva, beveva, beveva e beveva. Beveva così tanto che non passava un minuto della giornata sobrio: usciva di casa solo per andarsi a procurare qualche bottiglia o in cerca di qualcosa da iniettarsi nelle vene.

Hanno mandato i carabinieri a casa perchè non mi pagava la retta scolastica e per poco non gli toglievano la nostra custodia.

Aveva incominciato a menarmi, a toccarmi, a insultarmi fino a farmi sentire uno schifo.

Ero io lo sbaglio, era per colpa mia che sua moglie se ne era andata.

Che mia madre mi aveva abbandonata.

Guardo la donna aggrapparsi alle gambe di suo marito, urlando come una donna a cui hanno ucciso il figlio sotto i suoi occhi.

Gli occhi arrossati e gonfi, le gote appiccicaticce per le lacrime, il naso rosso e un po' di muco trasparente le cola fuori.

Silenzio.

Finalmente.

Solo i singhiozzi.

<<Ok>> scuote la testa <<Ok>> sembra piuttosto esausto e smarrito. <<Possiamo provare a ricominciare tutto>>

Sento le braccia cadermi.

Senza dire una parola cammino a passo veloce in camera mia, sbatto la porta alle mie spalle per poi cadere per terra strisciando la schiena sul legno marcio.

Mi metto un mano davanti alla bocca spalancata e comincio a piangere tirandomi i capelli.

Mi alzo di scatto, prendo la mia pipetta di vetro e riscaldo la base con l'accendino per poi aspirare profondamente quel fumo magnifico.

Una vibrazione.

" Siamo al parchetto. Dove sei, muovi il culo"

Traci.

Sì, ho bisogno di un suo abbraccio.

Afferro un pacchetto di sigarette e il cellulare per poi fiondarmi fuori dalla finestra e scendere velocemente quelle scale.

Sento le lacrime voler di nuovo uscire, ma non posso permetterlo finché sono fuori.

I piedi si alternano velocemente, la sigaretta si allontana e si avvicina alle mie labbra senza neanche una pausa. Svolto e attraverso la strada vuota. 


<<Avril!>>

Sento urlare da lontano.

Cammino verso di lei senza deconcentrarmi. Sento il mio volto serio, incazzato, disperato, stanco.

<<Avril..>> ripete ma io la blocco abbracciandola il più forte possibile. La sento prima rigida ma poi le sue braccia mi circondano e mi accarezzano la schiena.

I miei occhi sono spalancati e fissati sui ciuffi di erba illuminati dal lampione mezzo rotto.

<<Avril, che succede?>>

Do una rapida occhiata agli altri che hanno sul volto un'espressione piuttosto interrogativa.

<<Avril?>>

<<E' tornata>>

<<Avril, che stai dicendo?>> Traci si stacca da me.

<<Mia madre, è tornata>> mi metto una mano sulla fronte.

<<O mio dio...>> sussurra piano.


Bravi ragazzi nei brutti quartieriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora