36.

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Avril

<<Mamma, non aspettatemi per cena, resto fuori>>

Silenzio.

<<No, è difficile da spiegare. Torno quando riesco>>

Apro gli occhi e lo guardo mentre chiude la chiamata, restando per un po' con lo sguardo fisso sul display acceso.

Ricompone un'altro numero e si riporta l'aggeggio all'orecchio.

Non avevo mai notato quanto fosse ampia la sua schiena.

Mi piace.

<<Traci sono Zack>> si mette una mano nelle tasche dei cargo neri <<Ora dorme, resto con lei per la notte, passa pure domani mattina>>

Sento le urla di Traci fin da dove sono io.

Mi manca la mia amica.

Mi manca mia sorella.

<<Tranquilla, tengo la porta della camera chiusa a chiave, ok.>> e chiude anche questa chiamata aggiungendo un sussurrato "mamma mia".

Si china e raccoglie la scimmia di peluche: mi ritorna subito alla mente quella volta in cui ero andata a comprare l'ago e il filo con Jasa per ricucirla, e quando avevamo incontrato lui e Dixton, la piccoletta gliela aveva mostrata con grande entusiasmo.

<<Si chiama Dott>> 

Si volta di scatto.

Mi metto seduta sul materasso allungando le maniche della felpa fino a coprirmi completamente le mani.

<<Era in ritardo per la scuola e l'aveva dimenticata>> mi torturo le pellicine del pollice <<non lo aveva mai fatto prima. E quella donna non si è neppure degnata di raccoglierlo o di tornare indietro a riprenderlo>>

Lo vedo che mi guarda e vedo anche che è in panico perchè non sa cosa dire.

Neanch'io saprei cosa dire.

Preferisco il silenzio alle stupide e banali parole.

Mi tocco la faccia deformata provando dolore: mi fa male tutto il corpo, anche respirare mi è difficile.

<<Ho fame>> 

<<Grazie a Dio>> alza le braccia al cielo << Finalmente hai pronunciato queste due parole>> scoppia a ridere <<Vado in cucina a prenderti qualcosa.>>

E si avvia verso la porta. Si ferma di scatto e dopo un breve pensiero si gira <<Hai preferenze?>>

Faccio spallucce e lo guardo uscire. E' da un po' che non esco dalla camera, non so cosa potrà mai trovare nella dispensa.

Sempre ammesso che ci sia ancora una dispensa.

Scuoto leggermente con le mani i capelli ancora umidi ma quasi asciutti. Guardo il disastro che è diventata camera mia: sembra la stanza di una alcolizzata. In effetti ho bevuto per tutti questi tre giorni del cavolo, e adesso ne sento anche le conseguenze: capogiri, stanchezza, mal di stomaco e un grande e doloroso sconforto che ho dentro.

Butto indietro la testa facendola sbattere contro il muro.

<<Cazzo>>

Non so con quale forza mi alzo e corro verso la cucina.

Davanti agli occhi mi ritrovo la scena che due secondi fa ho visto nella mia mente: Zack al muro con mio padre che gli blocca il corpo e gli tiene premuta la pistola contro la gola, sotto il mento.

Bravi ragazzi nei brutti quartieriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora