27.

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<<Bene ragazzi, ci vediamo domani>>

Mi ritrovo abbastanza spaesata guardando tutti che si alzano con i propri libri in mano.

<<Avril, sveglia. Finalmente si va a casa>>

Avevo passato tutte le lezioni a mordermi le labbra cercando di riprovare la sensazione delle mani di Zack sul mio corpo, non riesco a levarmelo dalla testa.

Guardo l'orologio nero al mio polso sinistro.

<<Porca puttana! Mia sorella!>> mi alzo di scatto facendo cadere la sedia e corro verso l'uscita con ancora giacca e zaino in mano.

<<Si, ciao anche a te!>> mi urla Traci da dietro.

Mi lancio contro la maniglia anti panico dell'uscita. Corro saltando un muretto e finendo dentro un aiuola.

Mi fiondo dentro l'edificio delle elementari e mi metto a cercare l'aula di mia sorella.

1B.

<<Lo so, lo so, non capiterà più>> fiato corto e cuore a mille: sembro una sclerata.

Mia sorella mi salta addosso urlando.

<<Non si preoccupi, so che al liceo avete i corsi pomeridiani>> 

Ma quanto è bello? Dio mio, quei capelli così scuri come la barba ben curata, occhi verdi e una fantastica camicia azzurra stropicciata e con i primi due bottoni slacciati.

<<Perfetto allora>> mi sposto i capelli da un lato <<Ora credo sia meglio andare, no Jasa?>>

La piccola annuisce.

<<Beh allora arrivederci>>

<<Buona giornata a tutte e due>>

Giriamo i tacchi e ci incamminiamo verso la metro.

Sì, quello me lo scoperei eccome.


<<Cinque cartoni!>>

<<No, Jasa. Facciamo tre>>

<<Dieci!>>

Il modo di contrattare di mia sorella devo dire che mi è ancora estraneo.

Infilo la lunga chiave nella serratura e la faccio girare una volta.

<<No tre>>

<<Avril>>

Quella voce. 

Devo dire che mi è praticamente sconosciuta ora.

Il mio cuore si ferma. Non ho il coraggio di girarmi perchè non voglio che quella voce sia reale.

Ma mi volto.

Quella donna dai capelli castani ricci corti, gli occhi sull'azzurro e un po' di occhiaia; vestita con un abitino nero, un po' corto per la sua età, che le ricade morbido sul suo fisico devo dire ancora in buona forma. Stivali alti scuri col tacco e un cappotto di pelliccia finta marrone.

La guardo mentre se ne sta in piedi sui primi gradini della rampa di scale che porta al piano di sopra:  la mano che si regge al rugginoso corrimano fa ben notare un bell'anello.

Sento Jasa stringersi di più a me.

<<Mamma>>

Non esprimo emozione. 

Dentro mi sento scoppiare.

<<Avril, Jasa. Come mi siete mancate>>

Sembra che si stia commuovendo e si fionda verso di noi.

<<No>> la fermo <<Ora vattene. Ora che ti sei degnata di assicurarti che stessimo bene, puoi ritornartene dov'eri prima>>

<<Ma Avril, sono tua madre. Sono ritornata>>

Ritornata?

Ma a chi la vuole dare a bere...

<<Cos'hai fatto alla faccia? Qualcuna ti ha picchiata>>

<<Non ti avvicinare!>>

Guardo i suoi occhi delusi che mi scrutano e che poi si abbassano.

<<Jasa, vieni dalla mamma>>

Trattengo mia sorella per la mano: non voglio che vada da quello schifo di donna.

Ci ha abbandonate!

Ma dopo varie suppliche la bambina di sei anni si avvicina lentamente verso di lei e titubante, si lascia abbracciare.

Bravi ragazzi nei brutti quartieriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora