Capitolo uno

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Ciao a tutti.

Prima di iniziare ho una premessa. Allora... so che sto scrivendo anche un'altra storia, ma ho quasi finito di scriverla, e mi sono avvantaggiata molto con questa.

Ci tenevo davvero tanto a farvi leggere almeno il primo capitolo, così per capire se può piacervi la trama.

So che è un fulmine a ciel sereno, che non ho nemmeno avvisato di questa pubblicazione, ma perché non era programmata.

Spero che vi piaccia almeno la metà di quanto piace a me.

A presto!

Sara.




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Solito locale sordido fuori città, solito boccale di birra asintomatico, solito silenzio della notte quando tutti i tavolini si era svuotati e Sean iniziava a ripulire il posto, bofonchiando animatamente.

Lauren sbirciò l'ora sull'orologio al muro. Sbuffò irritata dal tempo edace che aveva prosciugato anche quella giornata, e ora pretendeva che Lauren si coricasse per darle l'illusione di una tregua che non sarebbe mai stata sancita.

«Meglio se vai a dormire, sennò Vincent verrà a incolpare me per il tuo ennesimo ritardo.» Tossì Sean, ingolfato dalle trenta sigarette che aveva consumato e che stagnavano nei suoi polmoni compromessi.

«Che vada a fanculo.» Borbottò Lauren risoluta, pensando all'ultimo versamento che le aveva erogato il suo capo. Appena settecento dollari, e poi le chiedevano perché vivesse in una roulette.

Con settecento dollari non ricoprivi le bollette, le spese aggiuntive, e i soldi per il biglietto
dell'autobus per arrivare sul posto di lavoro.
Era impensabile poter far fronte a quegli ingenti e purtroppo necessari tagli dello stipendio senza subire un salasso che l'avrebbe messa sul lastrico. Niente da fare.

«Sarà un bastardo, ma è l'unico che ti vuole bene e che ti garantisce ancora un lavoro dopo.. beh, tutte le cazzate che hai fatto.» La schernì bonariamente Sean, e fortunatamente poteva ritenersi un amico altrimenti la corvina non sarebbe stata così clemente al cospetto di tanta alterigia.

«Vaffanculo, Sean.» Alzò il dito medio nella sua direzione, poi si rimise in piedi e indossò il condono giubbetto di pelle nera per coprirsi dal freddo siderale di Novembre.

Lui ridacchiò ancora una volta, combattendo contro le convulsioni che lo aggredivano ogni qualvolta, occludendogli la gola come un grumo di cenere ingerita.

Lauren lasciò una banconota da cinque dollari sul bancone. Sean, come ogni sera, le gridò che il boccale che aveva tracannato costava sette dollari. E lei, come ogni sera, lo ignorò e uscì dal locale, incurante.

Tastò le tasche alla ricerca del pacchetto di sigarette. Stavolta si era ricordata di comprare quello morbido, perché le piaceva far saltare il filtro ocra invece che sfilarlo normalmente.

Portò la sigaretta alle labbra, si appoggiò contro il muro scrostato che talvolta le si sbriciolava in testa facendola imprecare sboccatamente, ma non ne voleva sapere di cambiare posizione. Aveva consacrato quella fetta di strada come il suo angolo personale.

Fece per aspirare, quando si ricordò di non aver ancora acceso il tabacco. Palpeggiò nuovamente le tasche, ma non trovò l'accendino. Micheal, quel pezzo di merda, doveva esserlo intascato quando glielo aveva chiesto in prestito ed era uscito a fumare.

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