«Novità?» Dinah si affacciò all'ufficio della cubana, sporgendo leggermente il mento verso di lei in paziente attesa.«Niente, non è successo niente.» Declamò stizzita Camila, sbatacchiando la penna sulla scrivania.
«Ok... e perché ne siamo avviliti?» Si corrucciò la polinesiana, non capendo il malumore dell'altra dal momento che parevano esserci solo nuove buone.
«Perché Lucy non mi ha cercato più, Dj..» Dilatò le pupille e spinse la testa in avanti, scuotendola impercettibilmente, come se la soluzione fosse proprio davanti ai suoi occhi, ma invece Dinah non fece altro che confondersi maggiormente.
Camila tirò un sospiro infastidito, e replicò «Se non sta cercando me, vuol dire che ha ottenuto quel che voleva..» Pausa, dita che flettono il corpo esile della matita sventurata «Lauren.»
Sette giorni che non sentiva Lauren. Ironico, vero? Non il tempo intercorso nel silenzio, ma i mesi primi, quelli evoluti nel chiasso, nella confusione. Quelli erano ironici perché se si valutavano i loro atteggiamenti all'inizio di tutto, chiunque avrebbe riso all'idea che potessero finire per innamorarsi, ma l'amore è rinomato per fare giri immensi e poi tornare, se destinato a te. A voi. Quello era ironico, che dopo tanto caos, sovrano fosse solo il silenzio.
Forse questa è la cosa più avvilente, rabbiosa, disillusoria, e appunto ironica che accada al termine di una storia. Rimane solo un'assordante silenzio, ti sembra di ammattire in quel frastornante silenzio, in quella morte improvvisa della parola. Quel silenzio è bastardo. Infimo e bastardo! Perché noi vorremo solo descrivere il dolore come vogliamo, e invece quel silenzio bastardo lascia che esso si esprima così come davvero è, nella sua vera forma.
Il silenzio è il canale espressivo del dolore. Bastardo.
«Non credo sia così..» Suggerì cautamente la polinesiana, sapendo bene quanto intollerante fosse Camila negli ultimi giorni. Non c'era da biasimarla, erano settimane tremendamente defatiganti.
«Ma ti prego!» Sbottò sardonica Camila, in quel tipico sbuffo sufficiente che non ammetteva repliche.
«Forse Lauren lo sta facendo per te.» Asserì Dinah, incassando le spalle perché il successivo guizzo della cubana la fece rannicchiare.
Camila adottò quello sguardo truce a lungo, poi, dopo attimo di incompleta franchezza, rilassò le spalle in un sospiro demoralizzato, addolcendo l'occhiata sinistra.
«Ho bisogno di parlarle.» Mormorò abbattuta, chiaramente stremata dallo sdrucirsi quotidiano di quella critica situazione.
Ogni passo sembrava quello falso.
«Non credo sia una buona idea.» Imbeccò timidamente Dinah, ma recisa.
«Non mi importa. Non c'è più niente di buono da scegliere, ormai.» Confessò astiosa la cubana, livore indirizzato non nei confronti dell'amica ma degli sconvenienti eventi.
Recuperò la borsetta e l'inutile cappotto, inutile perché lo utilizzava solo al mattino per raggiungere l'azienda, quando il refolo era ancora insidioso e algido. Lo fece penzolare sul braccio, e si avviò verso l'uscita.
Dinah provò a dissuaderla, ma la testardaggine di Camila era radicata troppo in profondità per essere divelta. In pochi secondi si era già chiusa l'uscio alle spalle.
Dinah sprofondò bella comoda poltrona, immergendo la faccia nel palmo della mano. Ora non era più tanto sicura che la sua inventiva fosse stata azzeccata.
Camila si immise subitamente nell'abitacolo pregno di un odore pungente prodotto dall'alberello profumato che penzolava dallo specchietto retrovisore. Staccò il filo con le mani e lo gettò fuori dal finestrino, incurante. Non le erano mai piaciuti quei cosi.
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Fight Back
Fanfiction14/04/2018 #6 in fanfiction 05/04/2018 #7 in fanfiction 28/03/2018 #11 in fanfiction 26/03/2018 #14 in fanfiction Lauren si classifica per le finale dei mondiali, ma viene amaramente battuta dalla sua rivale. Dopo tale sconfitta la sua vita subisc...