Capitolo cinquanta

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«Lauren, guarda che quello devi pagarlo.» L'ammonì Camila, additando il cappellino di lana che la corvina di era furtivamente fatta scivolare nelle tasche del giubbotto.

La corvina di guardò meticolosamente attorno, scrutando con altero interesse l'ambiente circostante. Non vi era nessuno bei pareggi, gli scompartimenti erano desolati. L'unica presenza effettiva era quella del commesso e di un'anziana signora che stava lasciando il negozio.. proprio.. adesso.

Lauren rivolse la sua attenzione alla cubana e la rassicurò con un sorriso fautore. Con nonchalance, attraversò tutto il reparto, voltandosi più volte indietro per far cenno a Camila di muoversi dato che di tanto in tanto si immobilizzava, sommersa dai proliferanti dubbi.

L'ultima volta che ho rubato qualcosa avevo quattro anni, e non lo feci nemmeno di proposito! Rammentò la cubana, aggirandosi fra gli scaffali con quanta più disinvoltura possibile, ma con l'intramontabile sospetto che qualcuno le stesse spiando, che qualcuno fosse a conoscenza del loro losco segreto... Che qualcuno potesse testimoniare il loro reato.

Perché, dopo il gesto sconsiderato e scellerato di Lauren, erano perseguibili dalla legge! Camila già si figurava il declivio inarrestabile della sua carriera, i titoli giornalistici che la screditavano con motteggi satirici che avrebbero mandato su tutte le furie Alejandro.. Oddio, suo padre!

Camila, assediata da questi nefasti pensieri, venne colta da un indefinibile senso di colpa e da un'irreversibile paura. Non poteva farlo, non poteva farlo e basta!

Balzò in avanti, accorciando il divario interposto fra lei e Lauren, l'afferrò per la falda del giubbotto e quando ebbe il suo sguardo addosso, scosse febbrilmente la testa.

«Non possiamo farlo.» Sentenziò a denti stretti, enfatizzando il dissenso che nutriva verso quell'azione insensata.

«Possiamo? Tu non stai facendo niente.» Svicolò la corvina, tentando vanamente di affievolire le asfissianti angustie della cubana che chiaramente non avrebbe assecondato il suo gioco.

«È uguale! Sono tua complice!» Si stizzì Camila, battendo un piede a terra e smanacciando la mano in aria.

«Mia complice? Ma ti senti come parli?» Inarcò un sopracciglio Lauren, arricciando il labbro superiore.

Camila era già pronta a replicare, ma la corvina la precedette. Poggiò le mani sulle sue spalle, e si assicurò che i loro sguardi fossero intrecciati l'un l'altro, dopodiché proclamò «Va bene, non lo prendo il cappellino, se ti fa stare più tranquilla.» Non riuscì a trattenere un sospiro annoiata, ma camuffò il tedio dietro un sorriso abbozzato.

«Certo che puoi prenderlo, devi solo pagarlo.» Scrollò le spalle Camila, semplificando la questione.

Lauren raccolse la fronte con una mano, si massaggiò le tempie e inspirò a lungo, cercando non solo di mantenere la calma (esperimento del tutto nuovo per lei), ma cercò anche una spiegazione ragionevole che aprisse gli occhi di Camila sulla visione del mondo che aveva avuto Lauren fino ad ora.

Era cresciuta in un ambiente dove i soldi era ammesso sperperarli solo in alcolici, chiunque si recasse ad un negozio qualsiasi a comperare merce mediocre e si degnasse persino di pagarla, era considerato un babbeo.

Perché sganciare dieci dollari per un oggetto talmente dozzinale che ho la certezza si romperà fra qualche giorno e dovrò riacquistarlo? Pensava Lauren ogni volta che metteva piede in qualche negozio disseminato per la città.

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