Capitolo quarantotto

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Qualche giorno più tardi, la roulotte di Lauren era stata assediata incessantemente dai giornalisti, dopo le succulente dichiarazioni di Camila che avevano fatto scalpore nel mondo mediatico.

Lauren aveva cercato con tutta se stessa di non erompere, di ignorare le irritanti attenzione che le riservavano i giornalisti. Erano finiti i tempi in cui la stampa non era altro che una cornice dorata per le sue esimie vittorie. Adesso le domande che le rivolgevano non erano più incentrate su di lei e sulla sua scia di trofei che faceva invidia a tutte le sfidanti che avevano tentato di sottrarle quella fama, quasi tutte vanamente. Quasi. Ora, ovunque si girasse, i microfoni erano lì solo per incriminarla, per interrogarla, per smascherarla, per spogliarla...

È paurosamente strano quanto ciò che ci ha fatto del bene, possa diventare il culminante male. Perché ciò che una volta ci carezzava ora strige un cappio al nostro collo? Quale meccanismo provoca ciò, è automatico? Come si passa dall'amare qualcosa ad averne disgusto? Come ciò che amiamo non diventa altro che motivo di dolore? Esiste una regola, è tutto casuale, possiamo accontentaci della parola "avviene" senza una spiegazione degna del perché avvenga? Non so come facciamo a guardarci intorno, a sapere che ogni cosa potrebbe mutare, ma che non esiste una spiegazione sul cambiamento. Oggi c'è, domani.. si, forse, ma potrebbe essere tutto completamente diverso. Quanto fa paura?

Comunque, Lauren non era nota per la sua inestinguibile pazienza o per i suoi modi raffinati e civili. Così, una mattina che necessitava di rifornire la dispensa del minimo indispensabile -visto che i suoi risparmi erano esigui e stavano difettando- non tollerò più la situazione e rilasciò le stesse dichiarazioni di Camila.

Disse che la sua vita non era una notizia mediatica sulla quale speculare, che per lei era un momento difficile e che voleva soltanto essere lasciata in pace... E sì, conclamò anche il suo amore per Camila, ammettendo che anche quella fosse una questione privata.

Poi girò i tacchi e se na andò, schivando le petulanti domande dei giornalisti, che nonostante tutto non erano ancora soddisfatti della testimonianza guadagnata.

E quindi ora tutti gli Stati Uniti, appassionati alla vicenda e schierati su due linee di tiro disgiunte, erano a conoscenza della scandalosa relazione che Lauren intratteneva con la figlia del suo avvocato. Alejandro non era contento delle bugie che avevano raccontato, ma doveva ammettere che almeno così la denuncia di Lucy non aveva alcun peso, perché Camila era sicuramente un testimone affidabile sulla quale la corte avrebbe ripiegato, fiduciosa delle sue parole.

Insomma, si trattava di vedere il meglio nel peggio.

«I piedi!» L'apostrofò Camila, bacchettando la punta delle scarpe di Lauren con la mano.

La corvina roteò gli occhi al cielo, lasciando cadere le gambe, contrariata, con un sordo tonfo sul pavimento.

«Ne hai per tanto?» Domandò seccata Lauren, aggettando lo sguardo verso il foglio che stava scribacchiando Camila. Pratiche, sempre e solo pratiche.

«Ancora qualche riga..» La punta della lingua della cubana lambì il labbro superiore e un cipiglio le solcò la fronte. La sua espressione tesa esaltava la concentrazione e la fretta che animavano la mano della cubana.

«Non capisco perché dobbiamo fare questo teatrino.» Sbuffò irritata la corvina, stravaccandosi contro la sedia. Distese le gambe in avanti e lasciò ciondolare il capo all'indietro, rimirando il soffitto con uno sbuffo di ridondante tedio.

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